Tuesday, October 31, 2006

I Dodici Camini


Immaginate un mare fermo. Immobile, dal Golfo del Messico fino al polo nord. Un oceano appena creato. Il sole riscalda l'acqua del golfo mentre il freddo congela quella del polo. Il sole, riscaldando l'acqua del golfo, la fa evaporare, mentre il gelo, al polo, aumenta la concentrazione del sale, che non congela con l'acqua. L'acqua calda è più 'leggera' di quella fredda. L'acqua polare, in virtù del suo maggior peso (dovuto sia alla temperatura che alla concentrazione del sale), si inabissa in profondità. Lo spazio lasciato 'libero' da questa massa d'acqua viene preso da altri volumi di oceano che si trovano più a sud e più in superficie. Attraverso una sorta di 'effetto domino' questi volumi se ne tirano dietro altri, di acqua sempre più calda, che arrivano da sud. E' nata la Corrente del Golfo. Acqua calda che viaggia verso il polo evaporando gradualmente e raffreddandosi cedendo calore all'atmosfera, finchè, giunta al polo, si inabissa fino a 3000 metri per ritornare indietro al golfo lungo i fondali oceanici. L'inglese Peter Wadhams, dell'Università di Cambridge, aveva in passato osservato come l'inabissamento dell'acqua fredda avvenisse lungo dodici direttive principali, da lui definite 'camini'. Oggi, al termine di nuove misurazioni, ha evidenziato che al polo nord di camini ne sono rimasti solo due. Il riscaldamento del pianeta e lo scioglimento dei ghiacciai hanno diluito l'acqua intorno al polo nord, 'alleggerendola' quel tanto che basta a non farla inabissate. I primi gradini del 'tapis roulant' della corrente del golfo si sono fermati. Le conseguenze di questo accorciamento potrebbero essere drammatiche. La Gran Bretagna ha la stessa latitudine della Siberia ma un clima più mite proprio grazie alla corrente. Lo stesso per la Scandinavia. Se la corrente dovesse ulteriormente accorciarsi, anche Spagna, Portogallo e Francia potrebbero trovarsi al freddo. E che freddo! Paradossalmente, l'effetto serra porterebbe ad una nuova era glaciale, drammatico tentativo del 'Sistema Terra' di controbilanciare i danni fatti dall'uomo. Possiamo fare qualcosa noi, come italiani? Bè, potevamo, ma il campionato di calcio ed i reality ci hanno tenuti troppo impegnati per poter dare ascolto ad un premio Nobel come Carlo Rubbia. Speriamo che in Spagna, dove si è rifugiato Rubbia per installare le sue centrali solari termiche, le cose gli vadano meglio.
Hasta

Saturday, October 28, 2006

La cultura dell'ignoranza


La serotonina, (5-idrossitriptamina o 5-HT), è una molecola molto simile agli aminoacidi che formano le proteine ed è naturalmente presente nel sangue, nella mucosa gastrointestinale e soprattutto nel tessuto nervoso. Al giorno d'oggi, è oggetto di una quantità infinita di studi scientifici, principalmente di natura neurofarmacologica poichè molti disturbi neuropsichiatrici comuni, come la depressione, i disturbi bipolari o l'emicrania, sono risultati essere sensibili alla manipolazione farmacologica delle sue funzioni. Cioè, aumentando o diminuendo il suo funzionamento con farmaci specifici, si può diminuire la severità dei sintomi della malattia studiata. Come per molte altre sostanze che agiscono nel nostro corpo, le proprietà della serotonina sono state conosciute molto prima che venisse identificata la molecola responsabile.
Questo merito spetta ad un italiano. Vittorio Erspamer nasce a Malosco (TN) il 30 luglio del 1909. Si laurea a Pavia a 26 anni (due meno di me...) descrivendo per la prima volta, nella sua tesi le cellule enterocromaffini dei vertebrati, ed una sostanza, l'enteramina, prodotta da esse. Vittorio Erspamer è un segugio. Afferra questa enteramina e non la molla più per buona parte della sua carriera, durante la quale lavorerà, tra l'altro, a Berlino, Bonn, Bari, Parma e Roma. Il risultato, è l'eguaglianza enteramina=serotonina (nome dato da Irwin Page a questa molecola, ancora sconosciuta, presente nel 'siero' ed attiva sul 'tono' muscolare dei vasi) e la dimostrazione delle sue proprietà farmacologiche. Nell'arco della sua carriera, oltre alla serotonina, identificherà numerosissime molecole e peptidi (brevi sequenze di aminoacidi) che agiscono nel nostro organismo regolando funzioni ormonali e nervose ed il cui studio, ad oggi, ha prodotto nel mondo migliaia e migliaia di pubblicazioni scientifiche. Viene insignito dall'Accademia dei Lincei del Premio Feltrinelli per la Medicina nel 1954 (un anno dopo di Igor Stravinsky ed un anno prima di Gaetano Salvemini) ed è più volte candidato al Nobel. Viktor Mutt del Karolinska Institute di Stoccolma lo paragona a Colombo e Vespucci come qualcuno che ha "...scoperto un continente da esplorare." Il riconoscimento del suo lavoro è unanime nel mondo scientifico, a livello internazionale. Così come lo è il cordoglio quando, il 26 ottobre del 1999, all'età di 90 anni, muore a Roma dove dirigeva il Dipartimento di Farmacologia che oggi porta il suo nome. Sette anni fa, lo ricordo, telegiornali muti. A parte i necrologi di parenti, amici e colleghi, forse solo un trafiletto nella cronaca cittadina di qualche giornale. A Roma esistono vie con nomi assurdi tipo 'via Barilla'. In Senato hanno inaugurato la sala 'Carlo Giuliani' (che per inciso, se fosse vivo, sarebbe tutt'altro che contento di saperlo). Oggi in uno degli 'hub' che frequento in rete ho provato a chiedere se qualcuno sapesse chi era Vittorio Erspamer, a sette anni esatti dalla sua morte. Nessuno lo aveva mai sentito nemmeno nominare. In compenso però tutti sapevano benissimo chi è Costantino, quanto è bello e come balla bene dalla defilippi.

Wednesday, October 25, 2006

FORZA ROMA!


Il venti ottobre scorso, il giornale inglese "The Times Higher", testata specializzata in tutto quanto concerne l'educazione e la ricerca universitarie ('higher' significa 'superiore', riferito appunto all'istruzione superiore), ha pubblicato gli "World University Rankings", ovvero le classifiche per il 2006 delle 200 migliori università del mondo, sia assolute che per settore (sono stati considerati i settori scientifico, tecnologico e biomedico). Il giornale è molto famoso per queste classifiche, pubblicate per la prima volta nel 2004 ed è tenuto in grande considerazione a livello internazionale. Le graduatorie vengono stilate in base a complicati conteggi che considerano il numero ed il livello delle pubblicazioni scientifiche, il numero di volte che i lavori pubblicati da una data università vengono citati in altri lavori, la provenienza e l'ammontare dei finanziamenti per la ricerca ed altri parametri come il rapporto insegnanti/studenti e via dicendo. Vengono considerate solo le istituzioni accademiche, ovvero in cui si insegna a studenti non laureati. Come è facile immaginare, le università inglesi ed americane la fanno da padrone. Nella graduatoria assoluta spicca al primo posto Harvard, seguita da Cambridge (ma vieni!) ed Oxford (prrr). Al 14° posto, L'università di Beijing, prima fra le cinesi, interrompe il duopolio USA-UK. Fra le altre europee, l'Ecole Normale Supérieure di Parigi al 18° posto (in risalita) rappresenta la Francia, seguita al 24° dall'ETH di Zurigo. La Danimarca compare al 54° (Copenhagen University), la Germania al 58° (Heidelberg), l'Olanda al 67° (Eindhoven University of Technology)...e poi ancora Belgio, Irlanda...Svezia...ma...l'Italia??? Bisogna scendere fino al 197° posto per trovare, quasi scritto a penna, "Università di Roma 'La Sapienza'"!!! 3 posti più sotto finisce la classifica...Uniche altre citazione tricolori sono: nella lista delle 100 migliori università nella ricerca biomedica, l'università di Bologna (al 99° posto!) ed in quella per la tecnologia il Politecnico dell'università di Milano (63°...che emozione). Siamo agevolmente superati, e nemmeno di poco, da paesi come la Malesia e l'Indonesia ai quali, a questo punto devo dire 'con spocchia', ci riferiamo spesso in termini di 'terzo mondo'. Siamo fuori dalla classifica delle 50 migliori università europee ed apparentemente fanno peggio di noi solo Spagna e Portogallo, oltre ad alcuni paesi dell'est. In altre parole tutto il mondo avanza, tranne noi. Però, a fare un giro sui siti web di questi mostri di sapere che dominano le classifiche, si vede che sono zeppi di italiani in ogni parte!
Caro Prodi, forse c'è qualcosa che non va...forse se il Dipendente Ministro Mussi dice che nella finanziaria non bisogna apportare ulteriori tagli alla ricerca, non lo dice per dare fiato ai denti...forse un motivo c'è!

Saturday, October 21, 2006

Margherita Dolcevita


Ho appena finito di leggerlo. "Margherita Dolcevita", l'ultimo romanzo di Stefano Benni, 'Il Lupo'. Me lo hanno consegnato stamattina le prodigiose poste inglesi e stasera già leggevo la parola 'fine'. Mi succede sempre così coi libri di Benni, non riesco a smettere di leggerli, nemmeno se sono stanco. E' successo così anche con "La Compagnia dei Celestini", "Achille piè veloce" e soprattutto con "Elianto", il mio preferito. E' la storia di una famiglia di periferia che improvvisamente si trova a dover condividere il vicinato con i Signori del Bene. Per quanto 'del Bene' sia il cognome dei vicini...potrebbe anche non esserlo! Infatti i Signori del Bene sono loro, i ricchi, i perfetti, quelli sempre sorridenti ed alla moda, immancabilmente lucidi e tirati, amanti del capello posticcio e dei fucili di precisione, dell'eucarestia e delle sprangate, adoratori del mercato e della pelle bianca, della pulizia e del sangue. La famiglia di Margherita, un padre pensionato, una madre intossicata di soap opera, un nonno perennemente mitridatizzato e due fratelli, un ultrà ed un piccolo genio hi-tech un pò nerd, ne cominciano a subire l'influenza e cominciano a cambiare. Lentamente, all'inizio, ma poi sempre più in fretta, tutte quelle piccole cose che riscaldavano la vita quotidiana di Margherita (le vecchie bici di papà, il polpettone 'yesterday' di mamma, i brufoli del fratello ultrà) cominciano a sparire. La nostra si insospettisce e, insieme al suo cuore malandato, al piccolo fratello genio ed alla 'bambina di polvere', amica invisibile vittima di precedenti Signori del Bene, riesce a smascherare il complotto ordito dai nuovi vicini di casa.
Da non perdere per chi ancora crede che questo non sia l'unico mondo possibile.

Friday, October 20, 2006

La ballata del Michè


Il 10 Settembre 1995, Michael Johnson, allora diciottenne, ed il suo complice David Vest rapinano un negozio di alimentari (uno di quelli americani che vendono di tutto, compresa la benzina) a Lorena, in Texas. Mentre si allontanano dal negozio, uno dei due spara ad un commesso, Jeff Wetterman, 27 anni, da tutti descritto come persona bonaria e che si sarebbe dovuto sposare poco tempo dopo. Tre giorni dopo sono arrestati. Il complice confessa ed incolpa Michael dell'omicidio. Michael viene condannato a morte (il Texas è lo stato americano che 'orgogliosamente' detiene il primato di esecuzioni negli Stati Uniti) ed incarcerato, ma sosterrà sempre la propria innocenza, asserendo di non essere stato lui quello a sparare. Avrebbe dovuto essere ucciso oggi per iniezione del famoso cocktail di veleni. 'Avrebbe' perchè, quindici ore prima dell'esecuzione, con una lama probabilmente ricavata da un rasoio usa-e-getta, Michael Johnson si incide una giugulare ed una arteria del braccio destro, e si lascia morire. Non prima però, di aver usato il proprio sangue per scrivere sul muro della cella del carcere di Huntsville "I did not shoot him"...
Certo, magari il parallelo con la 'ballata' del grande de Andrè non è proprio esatto, però una storia del genere dà ugualmente da pensare. Danno da pensare i commenti di uno dei fratelli del commesso ucciso, che sembra quasi dispiaciuto di non poter più assistere all'esecuzione (come da lui richiesto). Dà da pensare il fatto che il personale del Polunsky Unit, il braccio della morte del carcere di Huntsville, si sia preoccupato di portarlo in ospedale nonostante l'imminente esecuzione. Dà da pensare che tra tutti i commenti che si possono leggere sullo Houston Chronicle, nessuno consideri il fatto che forse questo 29enne potesse essere innocente sul serio, almeno dell'omicidio. Soprattutto dà da pensare che un gesto del genere, indipendentemente dal fatto che si sia innocenti o meno, può nascere solo da una angoscia inimmaginabile, quella di chi conosce la data della propria morte da undici anni e la vede ormai prossima. Un'angoscia assolutamente umana, che nulla toglie al dolore di chi ha visto il proprio congiunto ucciso da due rapinatori, ma di fronte alla quale bisognerebbe comunque fermarsi a riflettere.
Un grande del genere 'horror', Clive Barker, scriveva in uno dei suoi libri una frase divenuta poi celebre: "Siamo libri di sangue: da qualunque parte ci apri, siamo rossi...". Vale per tutti, criminali e non. In una società civile, capire questo dovrebbe bastare per decidere di svuotare quella siringa nel cesso.

Tuesday, October 17, 2006

L'ultima vergogna del neo-conservatorismo americano

Il 29 giugno del 2006, la Corte Suprema degli Stati Uniti si pronunciò nel processo Hamdan vs Rumsfeld, a favore dell’accusante, abolendo il sistema di “Commissioni Militari” istituito dal Presidente Bush nel novembre del 2001, in quanto il presidente avrebbe agito senza l’autorizzazione del congresso (ovvero di nascosto al resto del paese). Inoltre, la corte ritenne che in tali Commissioni Militari venivano violate le norme relative all’esecuzione di processi equi per prigionieri di guerra che, in base alla Convenzione di Ginevra del 1949, avrebbero dovuto assicurare i diritti dei detenuti catturati nel contesto della guerra degli USA contro Al-Qaeda. Hamdan era detenuto a Guantanamo Bay.
A seguito di quella sentenza, l’amministrazione iniziò a pressare il Congresso allo scopo di far passare la legge oggi firmata da Bush come “Military Commissions Act” (MCA).
Che cos’è la MCA? L’Osservatorio Internazionale per i Diritti Umani ne da una descrizione dettagliata. La MCA è semplicemente uno strumento attraverso cui un prigioniero di guerra viene privato di ogni mezzo legale per dimostrare la propria innocenza, per contestare il proprio arresto (habeas corpus) o per denunciare maltrattamenti e/o torture subiti in fase di arresto, di interrogazione o di detenzione da parte di soldati americani e/o di ufficiali della CIA. Da notare che l’amminstrazione bush ha già affermato che ha intenzione di processare solo pochi dei prigionieri di Guantanamo bay. Gli altri continueranno a rimanere in prigione senza il diritto all’habeas corpus e spesso senza nemmeno conoscere le prove contro di loro. La MCA estende enormemente la definizione di “Unlawful Enemy Combatant” (UEC), ovvero di “combattente” arrivando ad includere chiunque “intenzionalmente e materialmente” supporti le ostilità nei confronti degli USA, anche se questi non prendono parte diretta ad alcuna azione attiva o si trovano lontano dalla prima linea o dalle zone di scontro attivo (in altre parole se accendi la sigaretta ad un tizio e poi viene fuori che questo è un filo-talebano, sei nei guai!). L’organo incaricato di stabilire lo status degli arrestati (Combatant Status Review Tribunal) agisce in assenza di qualsivoglia criterio di determinazione.
La MCA definisce le “prove classificate [come segrete. Nota mia]”. Se prove dell’innocenza dell’imputato sono classificate come tali, il difensore non vi avrà accesso. Potrà però essere fornito di un “valido sostituto” (chissà che significa...). Lo stesso vale per la fonte di tali prove. Se sono “classified”…nisba! D’altra parte, viene accettato qualsiasi tipo di prove contro l’accusato, finanche il “sentito dire”, se queste si rivelano “attendibili” e “probanti”. Le commissioni non avranno problemi in questo senso. Semmai problemi li avrà il difensore al quale può essere vietato di conoscere sia le fonti di tali testimonianze sia i metodi di interrogatorio del difeso. Pertanto, per il difensore, dimostrare l’uso di metodi violenti, coercitivi o degradanti a carico dell’imputato, “proibiti” dal MCA, sarà virtualmente impossibile, anche dopo un eventuale rilascio. In questo caso, l’imputato non potrà avvalersi di una corte né militare né civile per denunciare eventuali maltrattamenti o torture, siano essi avvenuti negli USA o in qualsiasi altra parte del mondo.
Per fortuna che la MCA ancora vieta la tortura come strumento coercitivo…con le debite eccezioni naturalmente: la MCA si preoccupa di listare tutti i metodi definiti “tortura” ma ovviamente la lista non è completa (tutti gli altri sono concessi) e non include nella lista metodi precedentemente definiti nel War Crimes Act come “umilianti” o “degradanti”. Inoltre ha eliminato dalla lista degli abusi il passaggio in giudicato di sentenze che siano state emesse da processi che non incontrano gli standard internazionali in termini di equità e giustizia.
La MCA si preoccupa di tutelare la posizione di quegli ufficiali CIA che, in passato, si sono macchiati di crimini in questo senso, definendo come “crudeli” ed “inumani” solo quelle procedure che causano “ SOFFERENZA PROLUNGATA” al detenuto. Pratiche “brevi” o non dolorose come la privazione del sonno, ma che possono causare danni a lungo termine sulla psiche del detenuto, sono pertanto ammesse.
Ah…dimenticavo, la legge autorizza il presidente ad “interpretare” liberamente quanto statuito nella convenzione di Ginevra…

Saturday, October 14, 2006

La buona morte

E' di ieri l'intervista rilasciata da Don Verzè al Corriere della Sera in cui il direttore dell'Istituto Scientifico San Raffaele di Milano ammette di aver aiutato a morire, 30 anni fa, un suo amico malato terminale. L'intervista ha riacceso il solito vespaio di polemiche e commenti da parte di dogmatici oppositori e superficiali sostenitori della pratica della 'buona morte'. La confusione appare preoccupante. Alcuni sono persino riusciti ad infilare, tra eutanasia ed accanimento terapeutico, il 'testamento biologico', che a mio avviso, ben poco ha a che vedere con l'argomento del dibattere. Vero è che la terminologia usata in queste discussioni non aiuta la discussione stessa, dal momento che molti dei 'dogmatici' si professano contrari al cosiddetto 'accanimento terapeutico', la cui interruzione è però definita come 'eutanasia passiva'. Perchè non se ne viene a capo? I 'dogmatici' affermano che nessuno ha il diritto "di dare o di darsi la morte" (Gianfranco Fini e Pierferdinando Casini). La prima parte, ragionando in termini generici, è assolutamente validabile sul piano sia morale che legale (la seconda un pò meno). Ma il punto è proprio che ragionare in termini generici non aiuta laddove il nocciolo della questione è decidere se intervenire su specifici casi di malati terminali o di persone costrette a condizioni di vita estremamente dolorose, che spesso nulla hanno a che vedere con una vita vera e propria, al di la di una generica esistenza biologica.
Al contrario, i 'superficiali' si limitano a rivendicare il diritto del paziente di decidere quando porre termine alle proprie sofferenze, apparentemente senza considerare tutte le possibili varianti in cui un ragionamento del genere potrebbe portare a decisioni affrettate ed evitabili (ma va detto che non ho mai sentito questi 'superficiali' argomentare appieno le proprie idee in televisione...).
Di fronte a due posizioni del genere trovo difficile che si riesca a stabilire (ed a tradurre in legge) quali sono quelle condizioni in cui la differenza tra eutanasia passiva ed eutanasia attiva diventa trascurabile e si può pertanto procedere a dare la morte al malato.

Friday, October 13, 2006

Anche le giornaliste, nel loro piccolo...

Ieri sera, durante il TG1 delle 20, dopo aver presentato il servizio sulla ragazza americana stuprata a Roma da un cittadino francese, Maria Luisa Busi ha interrotto il normale svolgimento del telegiornale per commentare in prima persona l'accaduto. Ha pacatamente bacchettato il ministro Amato, secondo il quale le statistiche non evidenziano una 'emergenza stupri', e la comunità europea che propone un risarcimento in denaro da parte dei governi verso le vittime di violenza sessuale, affermando che il denaro non basta certo a risarcire di un crimine così 'odioso', e che sarebbe auspicabile che anche un singolo caso di stupro venisse trattato come 'emergenza' da una società civile, a dispetto delle statistiche. Lo ha fatto da donna prima ancora che da giornalista. Ha affermato che il vero problema è la mancanza di una denuncia sociale dello stupro, ovvero il prevalere di quella cultura che di fronte alla donna violentata, finisce col dubitare della genuinità del suo dolore, chiedendosi se per caso la stessa vittima non abbia delle responsabilità in quello che è successo. Concordo che questo atteggiamento rappresenta una seconda violenza che si aggiunge alla prima, ma lo ritengo anche inevitabile. Questo genere di scetticismo la gente non lo ha sviluppato per caso. Il malcostume di ragazzine che si concedono per un posto da velina-schedina-cretina ecc. è ben noto, così come quello di donne o ragazze mediocri che per ottenere un minimo di visibilità, prima si infilano nel letto del famoso-potente di turno e poi ne denunciano la violenza, come successe nei casi di Tyson o di Clinton. Perciò direi che la mancanza di una 'denuncia sociale' da parte della gente non dovrebbe essere intesa come una carenza disdicevole a cui porre rimedio, ma forse come un meccanismo di autodifesa. Lo stupro è un crimine orribile, ma anche una denuncia per stupro, se sei innocente, è infamante.
Comunque grande Maria Luisa!

Thursday, October 12, 2006

Gasparri e Gentiloni...Gaspaloni e Gentilarri

Ci risiamo. Sono passati dieci anni da quando la Consulta sentenziò che almeno una delle reti finivest doveva passare sul satellite. Rete 4 sembrava spacciata. Invece poi il governo Berlusconi, tramite la legge Gasparri, riuscì a prorogare a tempo indeterminato questo avvenimento. Dieci anni durante i quali la rete berlusconiana ha abusivamente occupato le frequanze pubbliche, anche e soprattutto a scapito di chi quelle frequenze avrebbe avuto diritto ad occuparle legittimamente (vedi il caso di Europa7 e di Francesco di Stefano...chi era costui?). Adesso che c'è un governo di 'sinistra' e che finalmente questo provvedimento potrebbe essere reso effettivo cosa succede? Succede che il ddl Gentiloni pospone ulteriormente il tutto di altri 2 anni!!! Cos'è, credono che 'spostare una rete sul satellite' significhi allestire una base orbitante dove traslocare studi, impianti ed intrattenitori? MAGARI fosse così! L'idea di un Emilio Fido Pass Pass che non infesta più la superficie del pianeta non mi dispiacerebbe, se non altro dal punto di vista ambientalistico. Ma non è così invece. E non venitemi a dire che per queste cose ci vuole tempo. Dieci anni sono più che sufficienti direi.
Allora, qualcuno mi spiega che differenza passa tra un governo di 'sinistra' ed uno di 'destra'?

Wednesday, October 11, 2006

Allevatori-pusher e bufale-drogate

Meno male che qualcuno che si è accorto che il colore politico in questa vicenda non conta niente, c'è. La storia dei politici drogati è l'ennesima prova di come questi signori siano in parlamento per tutto fuorchè per gestire la cosa pubblica. Fanno leggi che criminalizzano gli stupefacenti, dai quali ancora non possono guadagnare, salvo poi assumerne senza ritegno. Ovvero 'io posso drogarmi, tu no. Perchè io sono io e tu non sei un ca22o'. Gestiscono l'informazione in maniera criminale solo per assicurarsi di poter essere sempre presenti nei 'panini' telegiornalistici (se non sapete cosa sono leggetevi 'inciucio' di travaglio) senza considerare minimamente quali sono le nostre esigenze informative. A nessuno di loro passa per la testa di chiedersi 'ma gli italiani che ne penserebbero? Sarebbero d'accordo?'. Loro sono i nostri 'Totò 'o pushero' e noi le loro bufale...altro che dipendenti. E ancora c'è gente che sta li ad insultarsi perchè 'la destra e la sinistra...', 'Prodi e Berlusconi...'. 'Io sto sul ca22o a lui, lui sta sul ca22o a te e te stai sul ca22o a me...e non ci accorgiamo del palo in c**o che teniamo tutti e tre' cantava un tale. Parole sante! Forse dovremmo andarcene tutti. Abbandonare in massa l'italia. Sarebbe allora interessante vederli in parlamento finalmente liberi di potersi fare i propri comodi senza dover continuare a tenere quella estenuante maschera di persone probe. Solo che poi, fuori dall'italia, la defilippi in televisione non la danno...
cmq grande Stefano Benni!

Animalisti e zoofili

Sono dieci anni che faccio ricerca scientifica su animali vivi (topi). Facci analisi comportamentale (cose tipo labirinti, premi-la-leva-ottieni-il-cibo ecc.) per cui molto raramente mi capita di dover intervenire in maniera invasiva sui miei animali. Certo, qualche volta capita, e non è piacevole. Nemmeno per me. Sono dieci anni che sento gente che, più o meno seriamente, mi da dell’’assassino’, ‘macellaio’, ‘bastardo’ ecc. Ormai ci ho fatto il callo e non mi preoccupo più nemmeno di specificare che lavoro per trovare un rimedio ad una brutta malattia. Ho anche rinunciato a cercare di spiegare che se avessi un’alternativa valida farei volentieri a meno di usare degli animali, vivi o morti che siano. Dopotutto mi piacciono i topi con cui lavoro. Però certe volte ancora mi incazzo e mi chiedo “ma chi sono poi queste persone che mi accusano? E perché lo fanno?”
Si definiscono ‘animalisti’, ma non lo sono. Dubito che esistano molti animalisti veri a questo mondo. Essere animalisti non significa solo essere vegetariani, come molti di loro si vantano di essere. Essere animalisti significa vivere all’insegna di una regola che vieta qualsiasi azione o comportamento che possa essere anche solo lontanamente collegata alla sofferenza di un animale, qualunque esso sia. Ed allora bisogna rinunciare non solo alla carne come alimento, ma anche agli indumenti in pelle/pelliccia, agli insetticidi, ai medicinali che non siano ‘raccolti’ direttamente dal campo del contadino. In teoria si dovrebbe rinunciare anche agli antibiotici ed agli antiparassitari (laddove ce ne sia bisogno), ai cosmetici…anche a quelli che millantano la non sperimentazione su animali, poiché anche se il contenuto della singola boccetta-flaconcino-rossetto ecc. non è stato direttamente testato, il suo capostipite lo è stato senz’altro, altrimenti non sarebbe in commercio. Insomma, ci si infila un sacco di iuta e si campa bevendo acqua e coltivando la terra, o giù di lì. Non è un caso che la stragrande maggioranza dei prodotti oggi acquistabili e che realmente non hanno comportato una sperimentazione animale, siano reperibili solo in erboristerie e negozi di alimentazione biologica.
Nessuno dei miei accusatori rientra in questa categoria. Alla fine dei conti credo che la sola cosa che li turbi sia l’idea del povero topolino o del povero cagnolino o del povero gattino, tutti col vezzeggiativo. Già se gli paventi l’idea di una scimmia gli interessa di meno. Non parliamo della ricerca elettrofisiologica che viene fatta sulle locuste o di quella genetica fatta coi moscerini della frutta. Non gliene frega niente. Rabbrividiscono e maledicono di fronte all’idea di questi piccoli mammiferi usati nella ricerca scientifica, ma poi appena spunta il dolorino volano dal medico e saccheggiano farmacie, senza chiedersi minimamente ‘perché’ possono permettersi di farlo. Definirli ‘zoofili’, ovvero persone alle quali semplicemente piacciono gli animali, sarebbe più che sufficiente, se non fosse che gli animali piacciono anche a me, cosa che per loro è incomprensibile. Nella loro testa io dovrei odiarli gli animali altrimenti “come fai a fare il lavoro che fai?”. Tutto sommato preferisco gli animalisti veri.

Tuesday, October 10, 2006























Eccoci! Qual'è lo scopo di questo blog? Semplicemente postare quello che so, quello che penso e quello che sento, il più possibile in maniera documentata e comprovabile....almeno nei primi due casi! Se poi volete lasciare commenti o suggerimenti...al vostro buon cuore.

A presto,

Lesa