C’era una volta il primo governo Prodi. Però quello campò poco, quindi diciamo: c’era una volta il primo governo D’Alema. Entusiasta per la sua nuova carica, il novello primo ministro italiano sentì la necessità di abbandonare il testa a testa con l’opposizione e di aprirsi ad essa come un benevolo fratello maggiore, quasi che berlusconi fosse un ‘compagno che ha sbagliato’. E nacque così la bicamerale, organo addetto al dialogo sulle riforme costituzionali, animato da sorrisi e larghe intese trasudanti vagonate di ‘volèmose bene’. Almeno, così appariva a noi, che improvvisamente ci sentimmo tutti parte di una specie di romanzo di Guareschi. Era tutto uno scambiarsi di complimenti reciproci, strette di mano e occhi lucidi. Non portò ad un cazzo, se non al fallimento del primo governo di centrosinistra ed alla rielezione dello psiconano il quale, coerentemente col suo stile va detto, iniziò a governare stracatafottendosene del centrosinistra, infilando una legge ad personam dopo l’altra, dribblando processi e condanne che manco Maradona ed, infine, moltiplicando entrate e ville in Sardegna che manco Gesù Cristo coi pani e coi pesci.
Poi, a Dio piacendo, anche il governo Berlusconi finì. Il centrosinistra si riunì intorno ad un programma elettorale blindato e tutti pensammo che, finalmente, avremmo avuto modo di mettere in pratica ciò che avevamo imparato dalla nostra prima esperienza. In molti eravamo già a tavola, la salvietta infilata nel colletto e le posate strette in pugno sulla tovaglia, aspettando che ci venissero servite le leggi sul conflitto d’interessi, sull’emittenza radiotelevisiva, sul falso in bilancio e via dicendo. La fame di legalità, dopo un digiuno durato 5 anni, stava per essere placata. Non più canzonacce su toghe rosse e giudici comunisti martellavano i nostri timpani, ma gli Inti Illimani e ‘Bella ciao’ ci accompagnarono al desco. E invece, ancora una volta non successe un cazzo. Un antipastino di liberalizzazioni ci distrasse un attimo giusto prima di vedere spuntare in tavola un cesto di frutta marcia indultata per l’occasione. Il programma elettorale si rivelò essere un falso menù in cui le tanto agognate portate erano state rimpiazzate da non meglio precisati ‘piatti del giorno’. Bufale per turisti ingenui che nascondono tramezzini fassiniani dietro nomi altisonanti.
E adesso, come se tutto questo già non bastasse a rovinare l’appetito, ci tocca anche vedere Uolter vestito da Peppone che va a caccia del Cavaliere in nome delle…indovinate un po’…riforme e larghe intese.
Alla fine, il redivivo D’Alema si presenta col conto, ed invece dell’usuale cioccolatino, accompagna la bolletta con un bigliettino che recita “Walter conosce il Cavaliere meglio di me”.
Come a dire ‘sei a stomaco vuoto ma non ti preoccupare, ci resterai ancora a lungo’.
3 comments:
Nel testo...la semplice e cruda verità!
Nella foto...un monito per NOI che ci dividiamo tra rossi&neri, polentoni&terroni ecc, mentre loro si danno la mano, non solo in questa foto...
io continuo a non capire perchè continuiamo ancora ad ascoltare d'alema.
Bella domanda. Io lo dico sempre. Non mi sorprende poi più di tanto che questa gente osi ancora farsi vedere in televisione a parlare di welfare, ggiovani o pensioni. Nel momento in cui decidi di buttare la dignità nel cesso non provi più vergogna per niente. Mi sorprende però che ci sia gente che sta ad ascoltarla.
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