Sunday, August 31, 2008

Piccole soddisfazioni da residente

Ci sono ancora turisti a Cambridge. A dire il vero, arrivano a vagonate ogni giorno. E tanti sono italiani. Quella parte d’Italia che, per vocazione o per forza, decide di andare in ferie a settembre. Li senti commentare compiaciuti la città. E se poi scoprono che sei italiano, è tutto un complimentarsi con te per il fatto che abiti in un posto tanto carino, con i college marmorei, le costruzioni del centro, coi loro mattoncini, lo stile a piccionaia, le porte e le finestre storte tipo la Diagon Alley di erri potte.

Oggi ho ‘biscottato’ il lavoro ripetendomi l’assurda scusa che di domenica non si lavora, e me ne sono andato un po’ in giro per il centro. Di questi turisti me ne saranno capitati 5 gruppi ed a tutti ho rivolto i consueti sorrisi e frasi di circostanza, chè di stare ad ascoltare elogi del genere davvero non avevo voglia. Verso l’ora di pranzo mi imbatto in un ristorante italiano nuovo, di fronte alla ‘Lion Yard’, la galleria commerciale del centro città. Avendoli provati tutti i ristoranti italiani di Cambridge, ed essendone stato sempre pesantemente deluso, decido di provare anche questo, sperando in un colpo di fortuna. Mi siedo ed immediatamente arriva il cameriere…pachistano. Subito dopo di me, ed al tavolo accanto al mio, si siede una piccola comitiva di turisti romani precedentemente incontrata. Mi vedono, mi riconoscono e mi risalutano. “Nostalgia della cucina di casa èh?”, “èh si!”, e via con la testa affondata nel menù per evitare altre amenità del genere. Ordino una porzione di gnocchi al pesto per primo e, udite udite, una di saltimbocca alla romana per secondo. I turisti ordinano subito dopo. Mangio in fretta sia il primo (sciapo ovviamente, chè il sale fa male alle arterie) che il secondo (cubista, sia nella forma che nel sapore), mentre i turisti procedono adagio prima con l’antipasto, poi con il primo.

Siamo all’aperto. Nei rimanenti tavoli, 7 o 8, sostano esclusivamente singoli, coppie o piccole comitive di inglesi. Li si riconosce da due cose: la prima, da quello che hanno sul tavolo. Cappuccini, infusi, birra o, al meglio, fish and chips. All’una e mezza di pomeriggio ovviamente. La seconda, dal fatto che guardano costantemente disgustati verso il tavolo dei turisti italiani (e presumibilmente anche verso il mio). Dai commenti si capisce che ciò che li disturba è l’enorme (per loro) quantità di cibo che ‘gli italiani’ riescono a mangiare quando mettono i piedi sotto a un tavolino. Io, a tutto ciò, ho fatto il callo e probabilmente non li avrei neanche notati, se non fosse per il fatto che i turisti, invece, li hanno notati subito, hanno evidentemente capito i commenti scambiati a mezza bocca, e si sono incazzati non poco. “Cazzo guardano?”, “m’anvedi questi”, “e sarà mejo quello che magni tu invece”, alcuni dei commenti più frequenti.

Ordino il caffè, mi accendo una sigaretta e appizzo l’orecchio. Verso fine pranzo, anche la cucina li ha delusi. Piatti sciapi, niente pane, primo e secondo serviti insieme nello stesso piatto (bisogna specificarlo prima se li vuoi separati), sapori irriconoscibili ("nun zà de gnente!") e via dicendo. Il caffè non arriva, chiamo il pachistano e gli chiedo se hanno grappe. Ne hanno una, la Nardini. La ordino e me la portano con il caffè. I turisti stanno gustando un’improbabile insalata (sciapa) con verdure varie accompagnate da mais, avocado, zenzero e via dicendo. Mentre finisco la mia grappa inizia a piovere. La classica pioggerellina inglese, del tipo che Camilleri ha descritto come ‘assuppaviddrani’ (inzuppa villani, cioè contadini). Cioè leggera leggera, quasi impercettibile, ma che ti infradicia fino nei vestiti. Mi faccio portare il conto e mentre pago i turisti cominciano a bestemmiare per l’acqua. Mi alzo, mi avvicino e chiedo “Nostalgia della cucina di casa èh?”, seguono commenti irripetibili. “Vabbè però almeno in buona compagnia, tra bella gente” seguono commenti irripetibili. “Consolatevi, almeno potrete dire di aver sperimentato il bel tempo inglese”, seguono commenti irripetibili. Pausa durante la quale ho squadrato tutti i componenti del gruppo con sguardo ostile. “Allora! Da uno a dieci, quanto valgono adesso i maledetti college marmorei, le costruzioni del centro, coi loro mattoncini di merda, lo stile a pollaio, e le porte e le finestre storte tipo la Diagon Alley di quello stronzo di erri potte?” segue risata.

Liberatoria, a mio avviso.

7 comments:

fabio r. said...

altro che vacanze intelligenti del grande albertone...
la tristezza..

gisa said...

"Gli italiani sono il popolo più meraviglioso del mondo".
"Ma è un luogo comune...".
"Ah sì? E che ce posso fa'?".
(cit. mitico Albertone)

Anonymous said...

Che tte lo dico afffare!!!
Sei sempre un grande!
Stai li che qui tira una brutta aria và.
Ciao Lesa
massimiliano ( astro....nzo)

Lesandro said...

NON CI CREDO!!!

Dyo said...

All'estero, soprattutto se ci vivi, impari ad apprezzare e a disprezzare maggiormente vizi e virtù della gente cui appartieni.
Come guardare affacciati ad un balcone: vicini ma lontanissimi.

Penny Lane said...

Grandioso!!!!!!!!
All'inizio leggevo con vaga curiosità..ma quando hai cominciato a riportare le frasi indispettite dei romani "cazzo guardano" o "e sarà mejo quello che tte magni tu"...sono scoppiata a ridere come una matta!
I romani so' così, pane ar pane e vino ar vino...e avendo vissuto all'estero per un po', ho imparato ad apprezzare la loro spontaneità colorita e "sapida" in contrasto con la finta gentilezza senza cuore di altri paesi, quei commenti a mezza bocca, quella dolciastra mellifluità di modi...
Comunque, ben scritto. E ben fatto, anche se credevo tu avessi rimediato qualche pugno, sfottendo un'esasperata comitiva di turisti!!! Ma i romani sanno ridere, c'è poco da fà!
Ciao!

Penny Lane

Anonymous said...

Poro ciccio'''