Thursday, November 15, 2007

Giovani fotografi crescono...male

Arrivano segnali inquietanti dai giovani. Inquietanti è dire poco. Il 31 ottobre scorso, una ragazza di sedici anni è morta in una autostazione di Modena, schiacciata sotto un autobus. Successe anche a me, tempo fa, di assistere ad una scena del genere. Protagonista ancora una volta una ragazza di quell’età, investita da un camion mentre viaggiava in motorino. E se ci ripenso ancora tremo, come iniziai a fare allora, dopo aver constatato il decesso di quella povera ragazza distesa sulla strada. E forse, qualcuno dei compagni che accompagnavano la ragazza di Modena avrà avuto la stessa reazione che ebbi io. Però altri no. Per alcuni di quei ragazzi, in quel momento, era più importante mettere mano al telefonino e filmare il corpo straziato della loro amica, per avere qualcosa di shockante da buttare in pasto alla rete. Ed io mi domando come sia possibile che l’immagine di un’amica, una conoscente o anche una sconosciuta, ridotta in quel modo, morta, possa attraversare l’anima di un adolescente senza lasciare traccia. Senza sconvolgere minimamente i sentimenti.

Tutti a sedici anni siamo stati un pò idioti, per carità. Ci siamo fatti beffe ed abbiamo riso di cose che divertenti non erano. È inevitabile credo. A quell’età non si pensa alla morte per fortuna, si è troppo impegnati a vivere. Ma qui la storia è diversa. Qui si intravede il rifiuto di quella vulnerabilità che ti porta a piangere di fronte alla tragedia, quando questa colpisce direttamente la tua esistenza. Un rifiuto volontario che non ha nulla a che vedere con quei meccanismi di autodifesa psicologica che normalmente vengono attivati per sopportare il dolore della perdita, ma che invece sembra dettato dallo scarso valore (nullo in verità) che viene riconosciuto alla vita di una ragazza da un suo coetaneo. Non si pensa alla tragedia. Non ci si chiede se avrà sofferto nel morire in quel modo. Non si pensa al fatto che, magari proprio mentre lei moriva, sua madre era in casa che preparava la colazione, ignara del dramma che l’aveva appena colpita. Tutto questo non conta. Molto più importante riprendere il tutto per farsi un nome in rete. Per emergere, per distinguersi dallo sfondo di varia umanità che popola il web. Migliaia di anni di letteratura, filosofia e pensiero umano, quand’anche non religioso, assassinati con un telefonino.

Il preside della scuola dove studiava Sara Hamid, questo il nome della giovane, parla di “agghiacciante degenerazione delle relazioni umane di molti adolescenti”. ‘Agghiacciante’ è proprio il termine che è venuto in mente anche a me nel leggere questa notizia.

Chi ha fatto scuola in questo senso? Certo, non è infrequente incontrare in qualche film lo stereotipo del cronista d’assalto pronto a farsi inquadrare dalle telecamere davanti alle scene più macabre, perché ‘la gente vuole sapere’. Né mancano i casi di ‘diritto di cronaca’ sbandierato a destra e a manca ogni volta che un tiggì ripropone scene di morte (in realtà a solo per amore di audience). Personalmente, mi sento di buttare nel mezzo anche le ‘provocazioni’ pseudo-artistiche di qualche fotografo di casa nostra. Il resto, probabilmente, è solo rincoglionimento precoce da grande fratello.

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