Friday, September 28, 2007

Rosso di pace


Dico la verità, non conosco la storia della Birmania. Non so chi sia il carnefice che la governa adesso né la storia di quella dissidente Premio Nobel per la pace che vive reclusa da anni agli arresti domiciliari. Non nei dettagli per lo meno. Non lo so e lo vivo come una colpa imperdonabile. Ma anche non sapendo tutte queste cose, sono però certo di non parlare con leggerezza nell’esprimere tutto il mio disgusto e la mia rabbia per quello che sta accadendo in questi giorni in quel paese.

Camminano in file ordinate, protestano con fermezza contro il regime che li opprime. E muoiono con coraggio. Quel coraggio che Gandhi ha fatto conoscere all’occidente. Muoiono perché fanno paura. Fanno paura perché sono disarmati. Sono disarmati perché sono giusti. Fanno paura perché sono giusti. Fanno paura a noi che massacriamo popolazioni intere per ‘liberarle dalla dittatura ed esportare la democrazia’, ma non muoviamo un dito per aiutare loro. Che grosso sospiro di sollievo, che piacere immenso ci hanno fatto Russia e Cina nel porre il veto alle decisioni che altrimenti l’ONU avrebbe preso contro il massacro di queste persone. Ci hanno tolto la responsabilità di doverci tirare indietro davanti agli occhi del mondo intero. Hanno fatto il lavoro sporco per noi e adesso ci consentono di additarli all’opinione pubblica come i ‘cattivi’ che non vogliono intervenire perché hanno interessi economici troppo forti in quel paese. Una storia già vista. La ‘democrazia’ conviene esportarla dove c’è almeno un po’ di petrolio o di gas naturale. Fanno paura ai religiosi ortodossi di tutto il mondo. Ebrei, mussulmani, cattolici. Incapaci di difendere la propria identità religiosa senza sfruttare il prossimo o senza tirare il grilletto su qualcuno.

Sfilano ordinati per le vie del loro paese ma è come se sfilassero per le strade dei nostri. Quei morti che l’ambasciatore australiano dice di aver visto a decine per le strade del centro di Rangoon, è come se giacessero sotto al Colosseo, o alla torre Eiffel o a Westminster. Siamo colpevoli. Colpevoli di asservimento ed indifferenza. Se non lo fossimo, le nostre truppe avrebbero già lasciato l’Afghanistan e adesso starebbero proteggendo loro, i monaci buddisti di Birmania.

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