Saturday, February 03, 2007

Lettera a Furio Colombo

Caro Direttore,
ti scrivo questa lettera dopo aver letto il tuo articolo pubblicato su l’Unità di oggi ‘Il girotondo di Veronica’. Nel tuo commento ho ritrovato molte delle riflessioni e dei commenti che ho letto ed ascoltato su vari blog e nella mia cerchia di amici e conoscenti e sinceramente sono rimasto un po’ sorpreso. Sono rimasto sorpreso nel constatare come la tendenza, anche da parte tua, sia quella di voler innalzare la Signora Lario a “coraggiosa e solitaria protagonista”, portatrice di “valori” che dovrebbero accomunarla a chi, come te (e mi permetto di affiancarti in questo, nel mio piccolo) ha sempre denunciato la pericolosità sia istituzionale che morale di una figura come quella del nostro ex Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Capisco che, da giornalista, tu possa aver sentito la solitudine di chi ‘urla nel deserto’ nel denunciare la verità nascosta dietro al cerone ed alle bandane, soprattutto se penso ai momenti di assordante silenzio che hanno caratterizzato la linea editoriale di altri giornali, che pure avrebbero dovuto ‘urlare’ insieme a te, durante i cinque anni del suo governo. Capisco anche che forse, prendendo spunto dalle, al solito, illuminate parole di Benigni, tu abbia voluto riaffermare simbolicamente il punto di vista di chi ai cinque anni di show berlusconiano non ha mai creduto. Né avrebbe potuto mai credere, forte di quel disincanto che caratterizza il libero pensiero e che aiuta a scorgere, dietro alle benevole pacche sulle spalle, alle portaerei ed alle feste private, l’interesse personale, la disonestà ed il disprezzo per la gente. Però sinceramente, l’accostamento con la Signora Lario è qualcosa che mi infastidisce e che, dal mio punto di vista, svilisce l’impegno, gli sforzi e le iniziative di chi, durante quei cinque anni ed anche adesso, ha tentato di informare gli Italiani sulle vere intenzioni del Cavaliere nelle redazioni di giornali come L’Unità, ha tentato di organizzare un’opposizione efficace contro un governo a senso unico, in Parlamento come nell’ultima delle sezioni di partito di periferia, o più semplicemente, ha tentato di sopravvivere dignitosamente ed onestamente col proprio lavoro. In altre parole, svilisce chi, durante quei cinque anni, ha tentato di resistere.
Noi non abbiamo avuto scelta. I risultati elettorali ci hanno imposto quel Governo e noi lo abbiamo dovuto accettare. Possiamo biasimare i suoi elettori quanto vogliamo per essersi lasciati prendere in giro, ma essi non hanno fatto altro se non esercitare un proprio diritto. Altri semmai sarebbero i responsabili per quei cinque anni di sfacelo e tu sai, molto meglio di tanti altri e di me, come quei responsabili non siedano nell’ala destra del Parlamento.
Per la Signora Lario non è stato così. Nella sua lettera la Signora Lario non protesta solo contro le infelici uscite del marito di fronte a questa o quell’altra soubrette. La Signora Lario protesta contro il suo status di donna ridotta ad ornamento dell’uomo ricco e potente. Di accessorio da esposizione per il grande imprenditore o l’influente politico. E sarebbe una protesta più che giusta, se non fosse per un piccolo dettaglio. Alla Signora Lario questo stato di cose non l’ha imposto nessuno. Nessuno ha obbligato la Signora Lario a sposare un uomo divorziato, con due figli e di vent’anni più vecchio di lei. Nessuno le impedisce oggi di lasciarlo.
Tu stesso, nel tuo articolo, citi i milioni di persone che tra girotondi, manifestazioni e blogs, hanno testimoniato la propria opposizione e realizzato la propria resistenza verso tutto quanto Silvio Berlusconi rappresenta. Ideologicamente, politicamente e moralmente. Non credo che questi milioni di persone, dei quali faccio parte, abbiano niente a che spartire con la Signora Lario. Né credo che la dignità della nostra resistenza, che va ben oltre gli interessi delle nostre singole sfere private e tocca i valori fondanti della nostra Repubblica, della democrazia ed oltre, fino a quelli della pace e del rispetto dei diritti degli uomini, possa essere anche solo lontanamente paragonata alle parole di una donna che, curiosamente, si risveglia dopo 17 anni di matrimonio per scoprire che il marito, oltre che straricco, ammicca a veline o belle parlamentari.
Certo, certi atteggiamenti un marito che rispetti la moglie non li ha e forse quelle frasi sono specchio della immoralità della persona, non lo so. Ma non è questo che rende la Signora Lario la metà di niente. Non sono questi i valori che la Signora Lario dovrebbe preoccuparsi di insegnare ai propri figli, o non solo questi. Non quando il proprio marito si è reso, e ci ha reso, responsabili dell’eccidio iracheno, della povertà che si riaffaccia nel nostro Paese, del massacro del Diritto e della Giurisprudenza operato con meticolosa precisione per salvare i propri interessi, della censura, della mancanza di Libertà. Ben altre lettere avrebbe dovuto scrivere Veronica Lario per essere d’esempio ai propri figli. Noi, fortunatamente, il nostro ‘NO’ l’abbiamo detto da subito e forte, senza che la lettera di una moglie stizzita ci illuminasse la strada e soprattutto senza una residenza ad Arcore.
Noi non siamo la metà di niente e sinceramente non credo di aver alcun motivo per dover ringraziare la Signora Lario.
Ringrazio invece te per aver letto la mia di lettera, sperando di averti fornito una diversa ed utile prospettiva.

Con grande stima,


Alessandro Ciamei

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