Friday, October 20, 2006
La ballata del Michè
Il 10 Settembre 1995, Michael Johnson, allora diciottenne, ed il suo complice David Vest rapinano un negozio di alimentari (uno di quelli americani che vendono di tutto, compresa la benzina) a Lorena, in Texas. Mentre si allontanano dal negozio, uno dei due spara ad un commesso, Jeff Wetterman, 27 anni, da tutti descritto come persona bonaria e che si sarebbe dovuto sposare poco tempo dopo. Tre giorni dopo sono arrestati. Il complice confessa ed incolpa Michael dell'omicidio. Michael viene condannato a morte (il Texas è lo stato americano che 'orgogliosamente' detiene il primato di esecuzioni negli Stati Uniti) ed incarcerato, ma sosterrà sempre la propria innocenza, asserendo di non essere stato lui quello a sparare. Avrebbe dovuto essere ucciso oggi per iniezione del famoso cocktail di veleni. 'Avrebbe' perchè, quindici ore prima dell'esecuzione, con una lama probabilmente ricavata da un rasoio usa-e-getta, Michael Johnson si incide una giugulare ed una arteria del braccio destro, e si lascia morire. Non prima però, di aver usato il proprio sangue per scrivere sul muro della cella del carcere di Huntsville "I did not shoot him"...
Certo, magari il parallelo con la 'ballata' del grande de Andrè non è proprio esatto, però una storia del genere dà ugualmente da pensare. Danno da pensare i commenti di uno dei fratelli del commesso ucciso, che sembra quasi dispiaciuto di non poter più assistere all'esecuzione (come da lui richiesto). Dà da pensare il fatto che il personale del Polunsky Unit, il braccio della morte del carcere di Huntsville, si sia preoccupato di portarlo in ospedale nonostante l'imminente esecuzione. Dà da pensare che tra tutti i commenti che si possono leggere sullo Houston Chronicle, nessuno consideri il fatto che forse questo 29enne potesse essere innocente sul serio, almeno dell'omicidio. Soprattutto dà da pensare che un gesto del genere, indipendentemente dal fatto che si sia innocenti o meno, può nascere solo da una angoscia inimmaginabile, quella di chi conosce la data della propria morte da undici anni e la vede ormai prossima. Un'angoscia assolutamente umana, che nulla toglie al dolore di chi ha visto il proprio congiunto ucciso da due rapinatori, ma di fronte alla quale bisognerebbe comunque fermarsi a riflettere.
Un grande del genere 'horror', Clive Barker, scriveva in uno dei suoi libri una frase divenuta poi celebre: "Siamo libri di sangue: da qualunque parte ci apri, siamo rossi...". Vale per tutti, criminali e non. In una società civile, capire questo dovrebbe bastare per decidere di svuotare quella siringa nel cesso.
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