Saturday, April 28, 2007

Fulmyne - Liberi liberi

La forma democratica può essere sintetizzata in due parole sotto forma di: Governo Popolare.
Tutt'oggi diamo per scontato che il popolo sia preparato ad avere la possibilità di eleggere dei rappresentanti, e soprattutto che abbia il diritto di decidere la politica del paese in cui vive. In democrazia siamo tutti liberi. Liberi di assistere agli scandali che costellano la maggior parte degli enti pubblici, e anche i più importanti gruppi industriali. Liberi finalmente di vedere le tette in televisione a tutte le ore. Liberi di mandare i nostri bambini all'asilo, sicuri che riceveranno un'ottima educazione (salvo qualche sevizia e rito satanico). Siamo liberi di avere le cure ospedaliere che paghiamo, magari non proprio quando ne avremmo bisogno. In compenso siamo felici: di vivere in coda dentro delle scatolette che sputano veleno. Siamo fieri del comodo stile di vita che distrugge l'ambiente, e cerchiamo di donarlo anche agli altri popoli; magari all'interno di qualche contenitore blindato. Potremmo anche condividere i contratti di lavoro a termine, oggi di gran moda tra chi vuole risparmiare qualche soldo; salvo smettere di programmare famiglie impossibili sulla carta. Siamo abituati alle lunghe attese giudiziarie, ai lavori pubblici eternamente in corso, agli scandali sessuali e criminosi che coinvolgono i personaggi più in vista del paese. In compenso abbiamo il diritto di votare: di mettere delle crocette su schede che contengono simboli accattivanti e nomi simpatici. In ogni caso i governanti a cui diamo la fiducia, la ricambiano regolarmente... Siamo liberi di illuderci che un qualsiasi partito formato sempre dalle stesse persone incapaci, sia migliore; perché ha cambiato nome e bandiera per l'ennesima volta.
La democrazia assegna ai cittadini il diritto di decidere, spesso su questioni riguardo a cui non si hanno le idee abbastanza chiare. Liberi di esprimerci e confrontarci; a parte Echelon. La nostra libertà non ci impedisce però di appendere una tenda parasole in un balcone; salvo naturalmente chiedere qualche permesso a suon di carte bollate e file agli sportelli comunali. Il nostro tempo ha infine portato la cultura al trionfo: prova ne è il fatto che il “Grande Fratello” è arrivato alla settima edizione, così come le varie “stalle” e “isole” a cui gli adolescenti tanto si ispirano. La violenza? E' anch'essa libera, così come la speculazione che mette in ginocchio gli inermi risparmiatori (quelli che sono sempre liberi di investire i propri risparmi con la speranza di vivere senza lavorare). Anche prima della democrazia, esistevano le corporazioni, i sindacati, i servizi pubblici e le scuole dell'obbligo; eppure quelli che abbiamo adesso non sono in discussione (quelli di prima si). Siamo liberi, siamo soli, siamo sempre stressati dal mondo che circonda le nostre libere esistenze; eppure alcuni di noi hanno la sgradevole sensazione di essere delle marionette in una storia preconfezionata dalle consuetudini sconsiderate che affliggono la società. Il sistema democratico che viviamo ha già dimostrato quanto sia innaturale e fallace. In natura comanda il più forte, il migliore: mai il più furbo “senza-scrupoli”. Siamo liberi di festeggiare la “Festa della Liberazione”, conseguenza dello scandalo più grande di tutti i tempi che una razza possa ricordare: l'8 settembre. Liberi, liberi siamo noi, però liberi da che cosa? Chissà cos'è...

Friday, April 27, 2007

L'anomalia afgana

Alla fine ci sono riusciti. Dopo l’arresto di Hanefi, nel tentativo tanto disperato quanto ridicolo di voler giustificare un atteggiamento di chiara ostilità, sono arrivate nell’ordine prima le insinuazioni, poi le calunnie, poi le minacce ed infine l’intervento dei militari che il 25 aprile scorso sono entrati nell’ospedale di Emergency di Kabul ed hanno intimato al personale medico rimasto, tre italiani, un belga ed uno svizzero, la consegna dei passaporti, ovvero il preludio all’arresto. Di fronte al rifiuto del personale di consegnare i documenti, i militari, indecisi, si sono ritirati, ma tanto è bastato a far decidere a Gino Strada ed alla direzione di Emergency di abbandonare il territorio e chiudere gli ospedali. Gli ultimi pazienti sono stati dimessi, quelli ancora bisognosi di cure trasferiti nelle poche strutture ospedaliere afgane esistenti ed il personale indigeno mandato a casa con stipendio pagato fino a fine maggio. Solo la sorveglianza e gli uomini delle pulizie rimangono sul posto, per tenere le strutture pronte a riaprire in qualsiasi momento, qualora venissero soddisfatte le conditio sine qua non, per il riavvio dell’attività ospedaliera, avanzate dalla Ong: il rilascio immediato di Rahmatullah Hanefi e la spiegazione di quanto è successo alla stampa internazionale. Il governo afgano, da parte sua, se da un lato insinua, calunnia, intimidisce ed interviene militarmente, dall’altro implora per un ripensamento, sempre per bocca del suo ministro della sanità, il quale sa bene come Emergency, con i suoi centri chirurgici di Anabah, Kabul e Lashkar-gah, con il centro maternità e medicina del Panshir, con le sue 25 cliniche e posti di primo soccorso, con le sue 6 cliniche in altrettante prigioni afgane e con gli oltre 1.500.000 cittadini che dal 1999 ad oggi hanno ricevuto assistenza medica di altissimo livello GRATUITAMENTE, rappresenta la spina dorsale del servizio sanitario afgano (il tutto pagato con donazioni da privati). Travaglio direbbe che il governo Karzai ‘chiagne e fotte’ al tempo stesso, emanando proclami lacrimosi ed affettuosi che contrastano diametralmente con ciò che viene detto e fatto lontano dagli occhi della stampa internazionale.
E in Italia che succede? A parte i milioni di persone che già adesso fanno del loro meglio per riuscire ad esprimere appieno la propria maiuscola ottusità riducendo il tutto al fatto che Gino Strada è ‘comunista’ o ‘talebano’ o ‘terrorista’, succede ben poco. Il nostro governo sostiene di essere molto impegnato su questo fronte, ma per via diplomatica, ovvero in silenzio e lontano dall’opinione pubblica. Ci credo poco, se non per niente. Il ministro degli Esteri si è pronunciato pubblicamente solo quando venne paventata per Hanefi una condanna a morte. Ma per il resto, il nostro governo ha brillato per la sua assenza e per il suo disinteresse in una questione in cui una Ong italiana riconosciuta dal Ministero degli Esteri, è stata messa letteralmente sotto assedio, con uno dei suoi uomini, nell’ordine, prima arrestato, poi, con ogni probabilità, torturato ed infine accusato di collaborazionismo con i talebani per aver eseguito, su mandato del governo italiano, una operazione di mediazione nel caso del rapimento Mastrogiacomo.
Dal 1994 a oggi, Emergency è intervenuta in 13 paesi, costruendo 7 ospedali, 4 centri di riabilitazione, 1 centro di maternità, 1 centro di cardiochirurgia, 55 tra posti di primo soccorso e centri sanitari. Su sollecitazione delle autorità locali e di altre organizzazioni, Emergency ha anche contribuito alla ristrutturazione e all'equipaggiamento di strutture sanitarie già esistenti” si legge sul sito di Emergency. Come mai proprio adesso, in Afghanistan, si verifica questa anomalia? Nessuno sembra avere abbastanza palle per dare una risposta a questa domanda. A parte Strada che sostiene “Emergency, soprattutto nel sud del paese, era percepita come una presenza scomoda. Era, anzi, l’unica presenza scomoda rimasta in zona di guerra. Il solo fatto di curare i civili vittime dei bombardamenti aerei della Nato è una cosa sgradita a chi sostiene che l’Occidente sia lì per portare democrazia e per ricostruire il paese. Non ho mai visto bombe che riscostruiscono! Tolta di mezzo Emergency, nel sud dell’Afghanistan rimangono solo soldati e spie
Per quanto ci riguarda, per avere una risposta un po’ più ufficiale, dovremo forse aspettare il prossimo Rambo VIII, dove un ottantenne berretto verde verrà paracadutato con sedia a rotelle e catetere contro i feroci chirurghi comunisti e talebani.
E ancora una volta, chi ne fa le spese sono i civili.

Thursday, April 26, 2007

Il 25 aprile sottosopra


Mi ricordo una delle manifestazioni a cui ho partecipato il 25 aprile. Era nel 1994 e Berlusconi era da poco al governo per la prima volta. Fu una bella manifestazione. Tanta gente che sfilò per il centro di Roma. Una cosa però mi colpì in maniera particolare. Una decina di persone, uomini e donne, che ho incontrato lungo il corteo. Camminavano isolati gli uni dagli altri, non in gruppo. Le donne con un fazzoletto rosso al collo, gli uomini chi con il basco, chi con un cappello da alpino, chi con un semplice berretto militare. Ma tutti con gli occhi rossi, tutti molto vecchi. Erano partigiani. Alcuni portavano spille, medaglie o distintivi sulla giacca. Ricordo come camminassero quasi tra l’indifferenza del corteo. Solo in pochi ci siamo avvicinati per stringergli la mano, per abbracciarli e ringraziarli. Erano tutti molto tristi. Tristi ed avviliti per aver dovuto assistere a qualcosa che, in quegli anni di scelte radicali e di resistenza, in quegli anni di vittoria, mai avrebbero immaginato. Il ritorno di tutto ciò contro cui avevano combattuto, nelle camere del potere come nelle strade. Calpestare il più debole per esaltare il più forte dagli studi di un reality show. La morte della solidarietà sociale e civile tra le pieghe della minigonna di una soubrette analfabeta. Il diritto al lavoro, alla pensione, alla sanità, all’istruzione mischiati nella trousse per il trucco e spalmati sul viso di un presentatore o di un politico. Forse loro tutte queste cose già riuscivano a vederle chiaramente. Noi le percepivamo solamente. Come avrebbe potuto essere altrimenti? Loro invece sembravano ben consapevoli del declino, nemmeno tanto lento, che stava per cominciare. Erano tutti molto vecchi.
Oggi a Milano si è tenuta una manifestazione simile a quella. Dopo aver sfilato, il corteo ha raggiunto piazza del Duomo dove da un palco ha cominciato a parlare il nuovo sindaco di quella città, Letizia Moratti. Ha parlato di riconoscenza verso la ‘resistenza operaia’; di “centinaia di migliaia di partigiani e militari deportati” ed anche di chi “si è battuto nella Resistenza e poi nella vita della Repubblica per garantire a noi, ai nostri figli e ai figli dei nostri figli quei beni, quei valori di cui da allora godiamo”. Avrei voluto chiederle, alla signora Moratti, che passino i ‘beni’, che oggi abbiamo e allora non avevamo, ma i valori? Quali dovrebbero essere questi valori che abbiamo oggi? Meglio ancora, quali sono i valori che LEI ha oggi? Allora c’erano i valori che tanto abilmente pochi uomini sono riusciti a racchiudere nella nostra Costituzione. Uguaglianza, giustizia, libertà, solidarietà. E diritti garantiti per tutti. Sono questi i suoi valori signora Moratti? E da quando? Da quando ha lavorato come ministro nel governo di uno degli uomini più ricchi ed inquisiti del pianeta? O da quando è stata eletta anche coi voti di chi ancora oggi si ostina a voler ‘alzare il braccio’? O magari da quando ha letteralmente massacrato, e non solo a dire degli studenti ma anche dei docenti, il sistema universitario italiano? Forse se molte persone oggi l’hanno contestata non è perché fossero tutti del Milan.
Ma tant’è, il mondo è bello perché è vario e se da un lato la Moratti si riscopre curiosamente più socialista di quanto avessimo immaginato, dall’altro in molti contestano un Bertinotti che, forse senza rendersene conto, lo sembra sempre di meno. Gruppi provenienti da un centro sociale, credo che il tutto sia accaduto a Genova, hanno innalzato uno striscione con su scritto ‘Berty-not in my name’ durante l’intervento del Presidente della Camera. Contesto il metodo, ma mi riesce difficile non condividere il disappunto di chi, come me, vedeva nel segretario di Rifondazione un convinto pacifista in opposizione alla dilagante moda del militarismo pret-a-porter.
Verrebbe quindi da chiedersi se lo stato attuale delle cose non sia quantomeno confuso. Mi domando se quei partigiani di cui parlavo prima avessero previsto anche capovolgimenti come questi. Ma forse il dato importante che emerge da tutta questa storia è un altro. Se tanta gente riesce ancora ad individuare, tra le righe dei discorsi di queste persone la retorica, le frasi di circostanza e di comodo, la falsità ogni volta che parlano del 25 aprile, allora significa che il messaggio che ci arriva da quel giorno del 1945 ancora ce lo portiamo dentro ben chiaro.

Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un Italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani, col pensiero, perché lì è nata la nostra costituzione
Pietro Calamandrei, Discorso ai giovani sulla Costituzione nata dalla Resistenza. Milano, 26 gennaio 1955.

PS
La foto ritrae un gruppo di partigiani in val di Susa che trovai tempo fa su internet. Tra essi, purtroppo non meglio identificabile, il Comandante Alessandro Ciamei, nome di battaglia ‘Falco’. Dubito che, anche alla lontana, possa esserci qualche parentela…però non nego che mi piacerebbe!

Tuesday, April 24, 2007

Libero...di essere miserabile


Vabbè, ormai il mio post su libero c’è finito. Ed ha suscitato un sacco di commenti a quanto pare. 50 fino ad ora. Peccato che molti sembrino essere senza senso. Gino Strada è un comunista, dicono in molti. Susanna, un medico, dice di vergognarsi di essere tale per colpa di Strada. ‘centocinquantuno nico’ dice che Strada se lo merita quel che gli succede perché invece di andar a cercare guai all’estero dovrebbe curare gli italiani in italia (…). Christian sostiene che il ‘compagno’ Strada sostiene i terroristi islamici…
Roba da pelle d’oca. La pochezza associativa, la miseria culturale, quasi cognitiva di tanta parte degli italiani è roba da pelle d’oca. Per non parlare della finaccia che ha fatto la tanto blasonata 'carità cristiana'.
La solitudine intellettuale (ma qui si tratta di un vero e proprio deserto) deve essere una gran brutta cosa se così tanta gente sente il bisogno di erigersi allo status di ‘caps lock’ per sbatacchiare maiuscole convinzioni su di un blog, apparentemente senza tenere in alcuna considerazione ciò che nel post che stanno commentando è scritto; apparentemente senza sapere nulla di ciò di cui stanno parlando. Tutto molto triste.
E allora lasciate che vi dia una mano. Tanto per farvi capire di cosa stiamo parlando.
Mohammad Yusef Aresh: “Oltrepassai il carro, e pochi secondi dopo la bomba esplose. Fu come un terremoto. Mi lanciò indietro di tre o quattro metri…mi svegliai e vidi gente e parti del corpo dappertutto: dita, mani, piedi, gambe, quasi ogni cosa…la gente gridava ed altri gridavano che un’altra bomba sarebbe esplosa…stavo indossando un abito bianco quel giorno e vidi che il mio abito era diventato rosso…
Sherzad (nome di fantasia), 9 anni; gravemente ferita in un attacco suicida a Kabul, nel marzo 2006. Uno shrapnel l’ha sventrata ed il suo intestino è fuoriuscito: “Alle volte mi sogno quel giorno – ho degli incubi. Pensavo che non sarei sopravvissuta. Quel giorno, dopo essere stata ferita, ho iniziato a recitare la Kalimah (la preghiera dei martiri), perché credevo di stare morendo”. 9 anni…
Questi sono civili. Uomini, donne e bambini. Civili feriti in uno tra i tanti attacchi operati dai Talebani o dalle milizie di Hezb-e Islami dopo l’inizio della guerra (DOPO l’inizio della guerra…non prima! Prima queste cose non succedevano), la cui testimonianza è stata raccolta da Human Rights Watch. Sono aumentati gli attentati da parte degli insorgenti negli ultimi due anni. È tutto scritto nel rapporto di HRW sulle vittime civili causate dalle milizie islamiche in Afghanistan. Rapporto gemello di quello che rende conto delle vittime civili causate dalle milizie occidentali. Eserciti diversi, stesso sangue innocente. Nessuna differenza né qualitativa né quantitativa, ammesso che qualcuno voglia sforzarsi di trovarne una. E il tanto temuto e ricercato Bin Ladin è probabilmente a Los Angeles a farsi una Pina Colada.
È di queste persone che si prende cura quel ‘comunista’ di Gino Strada. Di quelli che si trovano nel mezzo. È del sangue di Sherzad e Mohammad che sono sporchi i pavimenti degli ospedali di Emergency. “Life support for civilian war victims”. Così nasce e così opera Emergency.
Provate ad immaginarvi che significa lavorare in un posto del genere. Trovarsi una Sherzad aperta come un agnello sul tavolo operatorio, e forse avrete percezione della distanza che corre tra Gino Strada, Emergency e la politica italiana, il comunismo, Berlusconi e Prodi, il Partito Democratico e via dicendo.
Mi fate sinceramente pena.
Ringrazio comunque chi ha voluto sostenere o criticare in maniera degna di questo nome le mie osservazioni.
Uno di questi giorni Vauro mi denuncerà...

Monday, April 23, 2007

Domandina

Ho visto oggi come il mio post di ieri sulla puntata del 12 aprile di Annozero, sia stato ripreso paro paro dal blog di Libero, con tanto di nome e cognome del sottoscritto.
Qualcuno ne sa qualcosa? Chi devo ringraziare?
Non che mi dispiaccia, intendiamoci. Però magari...chiederlo prima non guasterebbe, no?

Senza vergogna


Ho appena finito di vedere la puntata di Annozero del 12 aprile scorso, quella dedicata alla carcerazione di Rahmatullah Hanefi. Non ero in casa quel giorno a quell'ora, ma sul sito del programma di Santoro è possibile rivedere tutte le puntate passate (una delle poche cose che funzionano bene sulle pagine web del nuovo sito Rai...).

Ho appena finito di vederla, è mezzanotte passata e adesso ho una frase che mi gira in testa senza tregua. Non c'è misura! Non c'è vergogna. Insomma, non solo Santoro ha dovuto fare i salti mortali per tentare di mantenere i suoi ospiti 'sul pezzo', dal momento che tutti cercavano di divagare, chi più chi meno, in altre direzioni. Ma poi, durante la trasmissione s'è visto e si è parlato di sgozzamenti, decapitazioni, torture, bombardamenti, rapimenti, uccisioni e morti ammazzati vari. E la conclusione è stata che la colpa sarebbe di Gino Strada!!! Non c'è vergogna. O meglio, c'è, ma si tende a dimenticarla, si fa il possibile per ignorarla. Non è un caso che nessuno ridesse alla fine mentre Vauro, che come al solito ha dimostrato di essere uno con le idee chiare e che infatti era tutt'altro che ilare durante il suo intervento, mostrava le sue vignette. Memorabilmente triste l'ultima, in cui si legge 'Emergency costretta a lasciare l'Afghanistan' e sotto, una nera signora con tanto di falce a tracolla che, rivolta ad un bambino che si appoggia su di una stampella, dice : "non ti preoccupare, io resto!" Triste verità.

A mio avviso, la conferenza stampa di Gino Strada, con cui si apre il servizio, è più che sufficiente a chiarire la situazione. E' esaustivo, definitivo e non necessita di aggiunte. Lo riporto di seguito.


" 'Il governo Karzai ha deciso autonomamente di liberare...' ma cosa stiamo dicendo? Che Karzai si sveglia al mattino dicendo 'che cazzo faccio oggi che non c'ho niente da fare? Ma si, libero cinque prigionieri!' e di culo gli va che becca proprio quei cinque che Dadullah vuole che sian liberati! Ma vogliamo far credere 'ste bufale?! E vivaddio! Allora, la liberazione dei cinque l'ha negoziata direttamente Prodi con Karzai. Ed ha negoziato che questa liberazione avvenisse attraverso le strutture di Emergency. E allora non possono essere gli uomini di Emergency a pagare per questa cosa. Rahmatullah non è un mediatore. I mediatori sono coloro che agiscono come forze neutrali ed equidistanti tra due parti. Rahmatullah invece sta da una parte sola, è uno di Emergency. Non ha mediato con nessuno. Ha soltanto chiesto ai Talebani, a nome di Emergency, che non venisse usata violenza contro gli ostaggi. E lo ha chiesto a nome di Emergency, questo deve essere assolutamente chiaro, perchè ad Emergency è stato richiesto dal Governo italiano di farlo, ed ha accettato questa richiesta. Nel giro di mezz'ora io sono stato chiamato dal direttore di Repubblica, in contatto con la famiglia di Mastrogiacomo, dal Ministro degli Esteri e dal Presidente del Consiglio. Che ci hanno chiesto di intervenire in questa questione. Non ci siamo proposti noi. E quindi non si tratta assolutamente di un mediatore, ma si tratta di una persone che in quel momento, se così possiamo dire, visto che per questo lavoro non ha intascato un centesimo, stava facendo del volontariato per il governo italiano. Stava mettendo a rischio la vita propria e della sua famiglia perchè crede in quello in cui crede Emergency, che bisogna fare sempre tutto il possibile per salvare vite umane.

E allora non ci bastano le dichiarazioni del governo e della Farnesina che invitano a fare luce ed a chiarire la posizione di Rahmatullah Hanefi. Non c'è nulla da chiarire! Proprio nulla da chiarire! Non si tratta di fare luce. Espressione usata negli ultimi 30 anni in Italia che tradotta in italiano vero significa 'che tutto resti nel buio'. Non c'è da fare appelli a nessun governo. C'è da prendersi le responsabilità come governo italiano. L'accordo per la liberazione dei prigionieri è stato fatto direttamente dal Presidente del Consiglio Prodi con il Presidente del Consiglio Karzai. Questo accordo prevedeva che la liberazione dei prigionieri avvenisse attraverso i canali e gli ospedali di Emergency. Da questo punto di vista, Rahmatullah Hanefi stava lavorando davvero per il Governo italiano. Ed io trovo indecente e vergognoso che non si abbia il coraggio delle proprie scelte e che non si abbia il coraggio di richiedere semplicemente, pubblicamente, ufficialmente e anche per iscritto al Governo Karzai di liberare immediatamente Rahmatullah Hanefi in quanto incaricato dal Governo Italiano di svolgere una funzione umanitaria.

Il ministro della sanità afgano che ho incontrato qualche giorno fa a Kabul mi ha spiegato che è una situazione complessa pechè dietro ci sono 'mani invisibili'. Ha usato esattamente quest'espressione: 'invisible hands'. Io gli ho risposto, in presenza dell'ambasciatore italiano che è vero che le mani saranno invisibili, ma le uniformi sono visibilissime e a stelle e strisce!

Perchè il nostro paese ha militari in Afghanistan da un periodo superiore alla durata della seconda guerra mondiale, e non sappiamo ancora perchè siamo lì. E l'unica ragione per cui siamo lì, l'unico denominatore che accomuna la casta politica, è che noi siamo lì solo per servilismo nei confronti del padrone! Emergency non intende pagare per i giochi della politica, per le sudditanze ed i servilismi di nessuno rispetto a nessuno. Tantomeno per i servilismi di un governo rispetto ad un altro. Se qualcuno ha qualcosa da ridire, gli interlocutori non siamo noi, ma il Presidente del Consiglio Prodi e il Ministro degli Esteri Massimo d'Alema. Noi non abbiamo trattato con il governo Karzai. Loro hanno raggiunto un accordo. E la condizione di Rahmatullah Hanefi è certamente responsabilità del governo afgano, ma il governo italiano è altrettanto responsabile di quanto è successo e di quello che succederà a Rahmatullah Hanefi."

Saturday, April 21, 2007

Il vitello tonnato

Si fa fatica in questi giorni a star dietro al congresso costituente che sancisce la nascita del nuovo Partito Democratico. Molto clamore, abbracci commossi, opinioni ed interviste che si accavallano su giornali e telegiornali, correntoni, correntine, grandi e piccoli dissidenti. 'Non entro nel PD'; 'entro nel PD'; 'non entro nel PD ma resto a vedere che succede'...
Voglio provare a razionalizzare un attimo tutto quanto, a sfrondare il superfluo per arrivare al nocciolo della questione ed indetificare veramente cosa sta succedendo dentro la sinistra italiana. E lo voglio fare da socialista convinto.
Il PD nasce all'insegna di un allontanamento chiaro, voluto e definitivo dalle radici socialiste della Quercia (o DS, o Ulivo...fate voi). Questa è la sola cosa appurata al momento. Altra questione è chiedersi quali dovrebbero essere le nuove radici di questo partito. Questo è tutt'altro che chiaro. Quale dovrebbe essere la sua collocazione in ambito europeo. Anche questo è tutt'altro che chiaro. Così come oscura appare, almeno a me, quella che dovrebbe essere la sua collocazione nel Parlamento italiano. Un pò più a 'destra' di Mussi? Un pò più a 'sinistra' di Mastella? Un 'movimento politico di moderati che stanno un pò a sinistra però anche a destra però non troppo da nessuna delle due parti'? Il simbolo di un partito del genere potrebbe essere benissimo un chimerico vitello con la testa di tonno...a dire 'nè carne nè pesce'.

Poco mi hanno convinto le parole di Veltroni, devo dire. E' vero, Gandhi e Luther King hanno portato avanti storiche battaglie non violente per i diritti dei più deboli e contro l'oppressione e la discriminazione razziale senza per questo essere socialisti. Però Gandhi e Luther King non sedevano in Parlamento. Sfilavano per la strada e pagavano, ed hanno pagato alla fine, in prima persona. Gandhi e Luther King erano, a modo loro, intransigenti e tutt'altro che moderati e mai avrebbero accettato compromessi di sorta. Gandhi e Luther King avevano obbiettivi precisi, hanno vissuto e sono morti sempre con gli occhi fissi su di essi, senza distoglierli mai. In che maniera conta di fare altrettanto un partito politico composto da persone che, ad oggi, ancora non sono riuscite a cancellare nessuna delle grandi vergogne del nostro Paese (conflitto d'interessi, pensioni, lavoro, giustizia, ecc. ecc.), pur essendone al governo? In che maniera questo partito si farà protagonista di quella svolta decisa e definitiva che abbiamo sognato per 5 anni, noi che l'abbiamo votato, e che abbiamo visto naufragare da subito, affondata dai siluri dell'indulto, della Gentiloni e, ultimamente, della legge Mastella che letteralmente proibisce la cronaca giudiziaria?

Dal mio punto di vista, in un contesto politico del genere, uno spostamento da un ambito socialista (già di per se tanto debole e sfocato nel nostro paese) ad uno più moderato, era davvero qualcosa da non augurarsi.

Sono riflessioni di questo tipo, credo, che devono aver motivato la scelta scissionista di Fabio Mussi (Fabio Mussi, non Stalin o Fidel Castro). E' una questione di necessità: c'è bisogno nel nostro Paese di un novello Partito Democratico come quello appena descritto? Chiaramente no. C'è bisogno nel nostro Paese di una sinistra reale e forte, che sappia mantenere lo sguardo fisso sulle necessità di chi soffre maggiormente per lo sfascio del capitalismo italiano, per la morte di uno stato sociale che ormai si regge su contratti di lavoro settimanali, per la servitù ormai conclamata del nostro Paese ai poteri militari ed economici statunitensi? Bè, non so voi, ma io ci metterei un bel SI!

Il tutto ovviamente a non voler considerare la puzza di inciucione che accompagna la presenza di Berlusconi al congresso in questione (lo stesso Berlusconi che vedeva nell'Ulivo il portatore di morte e disperazione durante la campagna elettorale) il quale, intervistato, invece di parlare degli interventi dei vari d'Alema, Veltroni, Prodi, ecc., si sofferma sul caso Telecom...

Friday, April 20, 2007

Il tipico Lesandro medio

I diritti per le partite dei mondiali di calcio, come ben sappiamo, se li ciucciò Merdoch. Il vostro blogger, da buon italiano medio, ama il calcio e lo segue abitualmente per radio (‘Tutto il calcio minuto per minuto’…trasmissione mitica!). Dall’agosto 2003 al giugno 2006 ha potuto ascoltare indisturbato tutte le partite di campionato e coppa dal sito di Radio1 (oltre ad altri programmi, come ‘Viva Radio2 o ‘Maidiresanremo’). Durante il periodo dei mondiali invece, non solo gli streaming delle partite, ma anche quelli dei telegiornali vennero bloccati per rispettare i diritti televisivi del Paperone australiano. Che fare? Ci si organizza, si scarica un bel software di p2p e si vedono le partite dei mondiali con commento in cinese mandarino o coreano, pazienza! Poi le cose sono ritornate alla normalità, ma solo per un breve periodo. Negli ultimi mesi infatti si sta verificando qualcosa di strano e preoccupante. L’adozione di una nuova veste per il sito della Rai è stata accompagnata da un vistoso peggioramento non solo nella fruibilità dei servizi (sembra di entrare in un Ministero; ogni link ti indirizza ad altri duecento link e ti apre tremila pop-up pubblicitari) ma anche nella qualità degli streaming video (specialmente per i tiggì). Inoltre, la domenica, la diretta di Radio1 viene misteriosamente soppressa al fischio di inizio delle partite, salvo poi ritornare online dopo il fischio finale. Inizialmente ho risolto il problema ‘cambiando canale’ e sintonizzandomi sullo streaming di isoradio. Si è costretti ad ascoltare quanto sia intasata la Salerno-Reggio Calabria magari proprio mentre Totti insacca il gol del secolo, ma pazienza. Adesso le stesse misteriose interruzioni interessano anche Isoradio. La cosa curiosa è che solo queste due stazioni diventano silenti. Radio2, Radio3 e tutte le altre emittenti pubbliche, funzionano perfettamente. Girovagando in rete ho letto che queste interuzioni potrebbero essere volute dalla stessa Rai allo scopo di evitare che il segnale radio venga sincronizzato con le dirette p2p di cui parlavo prima. In questo modo, ciascuno potrebbe vedersi le partite in diretta con tanto di commento in italiano piuttosto che in sanscrito o nepalese antico.
La mia domanda è: ma se questo anche accadesse, alla Rai che gliene frega? E le aziende che pagano per avere la pubblicità anche in streaming durante queste trasmissioni, perché non dicono niente?
La Rai non ci rimette niente a che delle persone (che sarebbero comunque una minoranza) mettano insieme streaming e p2p (cosa peraltro complicatissima e che richiederebbe connessioni ultraveloci). Chi ci rimetterebbe sarebbe sempre Merdoch. Ne deduco che quest’individuo deve avere ancora potenti contatti all’interno della televisione pubblica italiana.
Un tempo mi sarei chiesto come sia possibile una cosa del genere. Oggi non mi sorprende più di tanto devo dire.

Thursday, April 19, 2007

Sovetskij Italjuz

Da sempre, quando la gente, siano essi amici o parenti, viene a sapere delle mie idee ‘sinistrorse’, mi chiede di confrontarmi con quella che era l’Unione Sovietica. Mi si prospettano scenari dittatoriali all’ombra della falce e martello su cui normalmente apponevo la mia ‘x’ in cabina elettorale. Mi si diceva che l’Unione Sovietica non era un paese libero. La mia risposta è sempre stata molto semplice. Ho sempre risposto che è giusto ricordare e condannare ciò che persone come Stalin hanno fatto in URSS. Chi vorrebbe vivere in un posto come la Russia staliniana? Ma ho anche sempre aggiunto che, a guardarsi bene attorno, il nostro paese non era poi così diverso da quella Russia. Che libertà abbiamo nel nostro paese? O meglio, che libertà avevamo al termine del Governo Berlusconi? La libertà di stampa e di parola non c’era. Santoro e Biagi avrebbero qualcosa da dire a questo proposito. La loro epurazione è stato un atto di stalinismo puro. La satira, come in tutte le dittature, era vista come una malattia virale da sradicare. I trattati di Shenghen per il libero spostamento nella comunità europea venivano abrogati e riattivati a seconda di dove si svolgevano i vari G8 ed a manifestare contro qualcosa o qualcuno si rischiava, nella migliore delle ipotesi, di finire in galera. I media portavano avanti programmi di ottundimento delle capacità associative della popolazione a suon di defilippi e grandi fratelli.
Insomma, l’unico diritto ad essere veramente rispettato era il diritto di comprare. Non importa cosa, purchè si comprasse. Spendere era la parola d’ordine. Spendere per comprare puttanate era il sottotitolo.
Poi è venuto il governo Prodi, e tutti abbiamo tirato un sospiro di sollievo. Soprattutto noi ‘Rifondaroli’, consapevoli della natura del nostro ‘comunismo’, nato non dai gulag, ma dai movimenti partigiani di liberazione. Consapevoli del fatto che la distanza tra Bertinotti e Stalin è più o meno la stessa che c’è tra Gino Strada e Previti, ci siamo fidati ed abbiamo sperato in un aumento delle nostre libertà in termini di informazione, istruzione, diritti sociali, giustizia. Ed abbiamo aspettato. Un mese, due, sei mesi…un anno. Niente di tutto questo è successo. Non solo. Ci siamo ritrovati a scavare ben sotto il fondo del pozzo in cui già ci trovavamo. Tanto per cominciare, la nostra non-lbertà di comprare si è trasformata nella libertà di pagare (le tasse). Evabbè, lo sapevamo da prima. C’è da risanare il paese, ci siamo detti, giusto che paghino un po’ di più tutti. Poi è arrivata la non-libertà dell’impunità. Tutti fuori con l’indulto, perché le carceri sono piene, ci hanno detto, ed i poveri carcerati stanno male. E già qui ci siamo chiesti “ma perché, un carcerato normalmente dovrebbe stare bene? E poi anche gli ospedali sono pieni. Che facciamo, buttiamo fuori i malati in eccesso? Insomma, perché non rimediare costruendone delle altre?”. Adesso, ad un anno esatto dalla nascita del governo, arriva la legge che, di fatto, cancella la cronaca giudiziaria. Non sarà più possibile conoscere i dettagli dei processi che vengono celebrati nel nostro paese, nemmeno quando questi non sono più coperti dal segreto istruttorio. È una legge ‘contra professionem’, nel senso che è stata scritta (e già approvata in parlamento) contro i giornalisti di cronaca giudiziaria. Non possono più, quest’ultimi, riportare notizie relative a processi in corso, pena multe fino a 100.000 euro o il carcere per 30 giorni (prima l’ammenda era al massimo di 500 euro). Le notizie, per quanto vere e non più coperte dal segreto istruttorio (quindi non più segrete!!!), non potranno essere PUBBLICATE se non alla fine del Processo di Appello, ovvero dopo una decina di anni…nemmeno Berlusconi avrebbe mai osato sognare una legge del genere.
Perciò, dopo un anno di governo Prodi, verrebbe da dire che chi temeva una escalation stalinista nel nostro paese, purtroppo aveva ragione. Ma anche queste persone saranno comunque rimaste sorprese nel vedere che le scintille che hanno riacceso questa recrudescenza sovietica in Italia, non sono arrivate dalla ‘falce e martello’ (che pure è rimasta colpevolmente silente all’ombra di questo scempio nella maggior parte dei casi), ma dal santissimo crocefisso di Clemente Mastella e del suo misero partitino. Sia la legge sull’indulto che quella sulla cronaca giudiziaria, lo vedono come promotore. Quest’uomo totalmente inutile sul piano intellettuale, dialettico e politico è riuscito ad innalzare, con l’aiuto di una gaudente opposizione e di una maggioranza surreale, la non-libertà per i cittadini a dogma religioso.
Tutto ciò accadeva anche in Unione Sovietica.

Tuesday, April 10, 2007

La nonna scienziato

All’ultimo congresso della British Neuroscience Association un’intera serie di simposi è stata dedicata allo studio degli effetti della cannabis. L’argomento era di particolare interesse anche in virtù dei recenti articoli pubblicati sul Lancet, ai quali hanno fatto eco le sentite ‘scuse’ dell’Independent, in cui si evidenziano alcune proprietà nocive dei fitocannabinoidi (le sostanze attive presenti nella marijuana e nell’hashish). Si afferma, in quegli articoli, che l’uso intensivo di cannabis può portare a condizioni paranoidi ed alterazioni comportamentali. Alla luce di queste nuove scoperte, si è provveduto a riclassificare la cannabis come una droga maggiormente nociva di quanto non si credesse. Va detto però, e questo non è evidente da ciò che si può leggere o ascoltare dai media, che in questi studi sono stati considerati soggetti che a) hanno cominciato a fare uso di cannabis in età molto ‘tenera’ (si parla di persone che hanno iniziato a fumare intorno ai 12-13 anni) e b) hanno iniziato subito con assunzioni massicce.
Mi sono posto da subito in maniera molto critica nei confronti di questi articoli e della maniera con cui sono stati pubblicizzati dai media. Che un ragazzino di 13 anni non debba fumare (o non debba bere o non debba assumere sostanze psicotrope in generale) è qualcosa che avrebbe potuto dire mia nonna senza bisogno di dover scomodare il Lancet! Ed il motivo per questo è abbastanza evidente. A quell’età, il cervello non è ancora completamente maturo, è ancora in formazione e, ovviamente, qualsiasi sostanza che possa interferire con il suo funzionamento, può portare ad un ‘prodotto finale’ potenzialmente diverso da quello che avrebbe dovuto essere normalmente. Questo genere di osservazioni però rimangono sul piano empirico-intuitivo e mancavano, fino ad oggi, di una base più solidamente scientifica. Questa è venuta proprio dal congresso a cui ho partecipato, grazie al lavoro di una ricercatrice irlandese, Veronica Campbell, che ha deciso di studiare gli effetti dei cannabinoidi in maniera differenziale, in animali di laboratorio giovani ed adulti. Facciamo solo un paio di premesse. La morte di neuroni è un meccanismo importantissimo nello sviluppo del cervello e non necessariamente un evento negativo. Alla nascita, ciascuno di noi si ritrova un surplus di neuroni, molti dei quali inutili. Durante lo sviluppo post-natale, queste cellule sono sottoutilizzate e proprio a causa di questo scarso utilizzo vengono selezionate per l’eliminazione. In questo modo, il cervello provvede a plasmare circuiti nervosi ben definiti sui quali si poggiano i nostri tratti caratteriali oltre che, ovviamente, le nostre abilità cognitive e locomotorie. Pertanto, la morte cellulare programmata (apoptosi) è un tratto funzionale caratteristico dell’attività cerebrale dei cervelli giovani mentre invece nell’adulto i programmi apoptotici, seppur sempre presenti, sono silenti, in quanto ormai il cervello è ben formato, i circuiti sono definiti ed attivi, e non c’è più esubero di neuroni. Va detto anche che i principi attivi della cannabis esercitano un effetto inibitore sull’attività nervosa dei neuroni. La cannabis comporta un abbassamento del ‘tono’ neuronale.
Ciò che ha visto la Campbell, somministrando cannabinoidi in ratti al secondo giorno di vita ed in ratti adulti, è che nei ‘cuccioli’ di ratto, i cannabinoidi portano ad un potenziamento indiscriminato dei programmi apoptotici, con conseguente morte di neuroni che altrimenti sarebbero mantenuti per il buon funzionamento dei circuiti cerebrali. Al contrario, nei ratti adulti, i cannabinoidi non hanno esercitato nessun effetto sui programmi apoptotici dei neuroni. In altre parole, abbassando il tono dell’attività nervosa nei cuccioli di ratto, la cannabis inganna il cervello che ‘etichetta’ quei neuroni come ‘inutili’ dal momento che ‘lavorano poco’ e li seleziona per la morte cellulare, i cui programmi sono già di per se molto attivi. Nell’adulto invece, essendo questi programmi già silenti, l’abbassamento del tono di attività nervosa, non indirizza i neuroni verso l’apoptosi, dal momento che questa non è più così attiva. Va da se che la perdita di neuroni in età precoce può portare ad importanti alterazioni nelle normali funzioni ed abilità cognitive dell’adulto, da cui deriva la maggiore incidenza di condizioni di tipo paranoide o schizoide che gli autori dell’articolo comparso sul Lancet hanno registrato tra i soggetti studiati che hanno iniziato a fare uso massiccio di cannabis in età precoce.
Tutto ciò fornisce una solida base scientifica alla nostra conoscenza sugli effetti delle sostanze psicotrope sul cervello, oltre che innalzare mia nonna al rango di ‘scienziato’. Ma ha anche altre implicazioni ben più interessanti. Come ho detto in precedenza, un cervello giovane può risentire maggiormente degli effetti della cannabis ed un cervello giovane è composto da cellule giovani in cui i programmi apoptotici sono ancora attivi. Ma come si misura l’età di una cellula? Un buon indicatore è la sua capacità di dividersi per generare altre cellule. I neuroni, come quasi tutte le cellule del nostro corpo, perdono questa capacità ad uno stadio molto precoce. Ma talvolta, queste cellule possono, ahimè, ‘ringiovanire’ ed iniziare di nuovo a dividersi…è ciò che accade quando una cellula normale subisce una trasformazione ‘neoplastica’. Ovvero quando una cellula normale diventa una cellula tumorale. Ebbene è stato visto, con esperimenti condotti per ora solo ‘in vitro’, che gli stessi programmi apoptotici che la cannabis attiva nei neuroni ‘giovani’ possono essere attivati anche in diverse linee di cellule ‘ringiovanite’, ovvero tumorali. In altre parole, specifici cannabinoidi sono in grado di indurre morte cellulare selettivamente in cellule tumorali ma non in cellule ‘adulte’ e normali, attraverso meccanismi simili a quelli che ho descritto in precedenza. Cellule neoplastiche appartenenti a particolari tipi di leucemia, ad esempio, rientrano in questa categoria.
Molti altri sono stati gli esempi riportati in questi simposi di usi terapeutici della cannabis (ad esempio nei disturbi alimentari).
Rimango a disposizione per chiunque volesse chiarimenti ulteriori e rinnovo il massimo rispetto alla buonanima di mia nonna che, evidentemente, la sapeva lunga!

Monday, April 02, 2007

Il blogger in prima linea!

Direttamente dal 19 congresso della British Neuroscience Association il vostro blogger-sul-campo vi anticipa che molto presto su questi 'schermi' verranno commentate con dovizia di particolari freschi tutte le preoccupazioni recentemente pubblicate sul 'Lancet' riguardo la presunta 'pericolosita'' della cannabis. Notizie che, ne siamo sicuri, gia' adesso vengono cavalcate da proibizionisti di ogni sorta ma che in realta' si rivelano essere, se non completamente, almeno in buona parte prive di fondamento. Brutta cosa la strumentalizzaizone dell'informazione...voluta o meno che sia.
A presto

Friday, March 30, 2007

Messaggio a Gino Strada

Più di 100.000 firme. Più di 100.000 persone hanno sentito il bisogno di dimostrare la propria solidarietà a Ramahtullah ed Adjamal Nashkband, il primo ostaggio dei servizi afgano-statunitensi, il secondo del mullah Dadullah. Ed a giudicare dal tasso di adesione potrebbero essere più di 500.000 per la fine della prossima settimana. Ma ci sono state delle novità importanti nel frattempo. Ramahtullah è stato trasferito nella prigione speciale di Pol-i-Charkhi. Un carcere costruito appositamente, anche con soldi italiani, per gli interrogatori dei terroristi secondo la vergognosa MCA (Military Commission Act) firmata lo scorso anno dal presidente Bush e che di fatto legalizza la tortura da parte dei servizi americani. Un modo come un altro per non doversi prendere la briga di trasportare i prigionieri fino a Guantanamo. Il manager di Emergency è stato trasferito dalla prigione di Lashkargah, la città dove risiede l'ospedale di Emergency. Dentro la prigione, la stessa Emergency ha un presidio medico, ma agli operatori di questo presidio non è mai stato concesso di visitare il proprio compagno. Ciò rappresenta una violazione di specifici accordi presi tra Emergency ed il governo afgano. Questi accordi infatti prevedevano la possibilità da parte dei medici di Emergency di visitare sempre e comunque i detenuti, senza restrizioni, al fine di monitorarne lo status medico. Questi accordi sono stati disattesi da parte del governo di Karzai e non se ne conosce il motivo. Per ciò, Gino Strada ha annunciato oggi, dalle colonne di Repubblica, che intende rivedere la posizione di Emergency in Afghanistan, in quanto il governo di quel paese non gli consente di lavorare con serenità. Per quanto i bombardamenti che nei giorni scorsi hanno interessato anche Lashkargah possano consentirlo. Una presa di posizione forte e decisa. Ed anche necessaria direi. Ma che non mi trova del tutto d'accordo, se posso permettermi di dirlo dalla mia comoda e sicura poltrona occidentale. Vorrei davvero poter far arrivare questo messaggio a Gino Strada. Di non ritirarsi. Di non cedere alla frustrazione. Troppe persone hanno bisogno di lui laggiù. Ed anche quassù, per poter continuare a pensare che un altro modo, un altro mondo, sono davvero possibili. Gli chiederei, se potessi, di perseverare nella sua battaglia per la liberazione dei suoi (e, se posso, dei nostri) compagni perchè il suo operato pacifico, più di ogni altra cosa, è riuscito ad evidenziare, a far venire a galla, tutte le contraddizioni, le ipocrisie, le falsità e la violenza di uno stato di cose in cui la legalità, il rispetto dei diritti umani più elementari, il desiderio di pace, sono i nemici pubblici numero uno. Uno stato di cose di cui fanno parte sia la NATO che il governo di Karzai e del quale spero, ma comincio a nutrire dei seri dubbi a riguardo, che il nostro di paese non faccia parte. Temo per la vita di Ramathullah e di Adjamal Nashkband. Sinceramente. E trovo grottesco, nella più innocua delle definizioni, il fatto che questi due uomini rischino la vita per mano dei rappresentanti di posizioni che dovrebbero essere diametralmente contrapposte, ma che invece si vedono riunite sotto l'insegna del sopruso e del potere punitivo. Anzi, verrebbe da dire che i talebani hanno dimostrato di saper essere molto più umani e ragionevoli di quanto non stia facendo Karzai ed il suo governo, che sembra aver assimilato tutto il peggio dei sistemi di potere occidentali, e solo quello.
Domani, a Roma, si terrà una manifestazione per la liberazione di questi due uomini. Perchè vengano riconsegnati alla loro vita. E' organizzata da Emergency ed anche Gino Strada ci sarà. Io non potrò andare. I 2100 Km che mi separano dalla capitale sono troppi per potermi muovere. Magari sfilerò da solo con la mia maglietta di Emergency per le strade di Cambridge ed a chi mi chiederà il perchè risponderò che sto sfilando per due miei amici rapiti da bande di criminali diverse. Risponderò che lo faccio per chiedere al mio governo di non coprirci nuovamente di vergogna, di dimostrare dignità ed onore almeno per una volta. Ma forse, tra chi leggerà questo post, ci sarà qualcuno che a quella manifestazione ci andrà. Se c'è, allora vorrei che tentasse di avvicinarlo Gino Strada, per dirgli "Non mollare! Troppe persone hanno bisogno di te laggiù. Ed anche quassù."

Tuesday, March 27, 2007

Sottoscrivete


Il sito di Emergency mette a disposizione questo indirizzo per raccogliere firme a favore della liberazione di Rahmatullah Hanefi e di Adjmal Nashkbandi. Sono già state raccolte circa 50.000 firme. Sottoscrivete l'appello!

Monday, March 26, 2007

Il deserto ed il telecomando


È avvilente. Di più, è frustrante. È frustrante quello che si legge sul sito di Peacereporter ed ancor di più quello che non si legge sui giornali italiani. Durante la prigionia di Mastrogiacomo, le prime pagine dei giornali erano sempre ‘sul pezzo’ come si dice. E giustamente intendiamoci. Ma adesso che il nostro compaesano è a casa, adesso non ci sentiamo più tanto punti nel vivo se una delle persone che più di altri ha contribuito alla sua liberazione, Rahmatullah Hanefi, è sparito ormai da giorni nelle carceri di Lashkargah, dove i servizi afgani, a detta di quanti in quel carcere lavorano, lo stanno torturando ‘coi cavi elettrici’…né ce ne importa più di tanto se anche dell’autista di Mastrogiacomo, Adjmal Nashkbandi, non si sa più niente. Lo stesso Mastrogiacomo disse di averlo visto liberato insieme a lui, ma diretto verso un diverso veicolo della milizia afgana. Oggi, questo mullah Dadullah dice di averlo ancora in pugno, mentre sembra più probabile, anche stando a quanto rivelano i gruppi ROS dei Carabinieri che operano a Kabul, che anche lui sia in mano ai servizi. E non se ne parla quasi per niente. Nemmeno su un giornale come l’Unità, dove la prima pagina è al momento troppo impegnata con le follie berlusconiane sul rifinanziamento della missione o con vallettopoli. Al tiggì uno di stasera, solo per una manciata di secondi, in chiusura di giornale, ho ascoltato qualcosa a questo riguardo. Non un appello, non la voce di Strada. Giusto due parole per ribadire la prigionia del manager di Emergency. Non ci si domanda come sia possibile che un mediatore che col suo operato è riuscito a salvare una vita umana, venga imprigionato e torturato. Non ci si domanda come sia possibile che un semplice autista venga sballottato da una prigione ad un'altra con la sola colpa di essere stato sequestrato nel contesto di una guerra assurda. Tutto è passato in secondo piano. Abbiamo evitato di dover vedere le immagini di uno dei nostri decapitato davanti alle telecamere, del resto chissenefrega. È frustrante perché il nostro intervento non riesce ad andare oltre al commento passivo su qualche blog, mentre invece piacerebbe, almeno a me, di andare a prenderlo per il bavero quel Prodi lì e dirgli ‘adesso perché non riprendi a telefonare in continuazione al tuo amico Karzai?’. Alla fine dei conti due afgani contano meno del nostro italiano. E sinceramente non riesco a non pensare che in qualche modo si tenti di dimostrare al mondo che la trattativa pacifica non sempre risparmia vite. Non sempre è migliore dell’interventismo armato. Temo in questo senso per la sorte dell’autista. Nessuno mi toglie dalla mente infatti che se quest’uomo si trovasse davvero adesso di nuovo in mano ai sequestratori, è perché i servizi afgani glielo hanno riconsegnato davanti alla porta di casa, per metterci in imbarazzo. Per mettere in imbarazzo l’operato del nostro Paese. D’altro canto non mi stupirebbe di dover sentire, nei prossimi giorni, che Rahmatullah Hanefi è stato arrestato in quanto in combutta con i talebani stessi. Per essere in realtà uno di loro. Lo stesso Strada dice, sempre su Peacereporter (i giornali ‘canonici’ si tengono alla larga da affermazioni del genere), che i servizi afgani affermano che prove in questo senso, per quanto al momento assenti, possono essere ‘trovate’ (leggasi ‘fabbricate’) con facilità. Ma noi facciamo spallucce davanti a tutto questo. Ci sono le celebrazioni per il 50° dei trattati di Roma, c’è la Nina Moric da Woodcock…altro che due afgani in galera.
Feriscono le parole rilasciate da Gino Strada al termine dell’intervista con il giornalista di Peacereporter: “Per adesso quel che rimane, oltre alla gioia per la liberazione di Daniele, è l'amarezza per la morte del suo autista, la grande preoccupazione per Rahmat e Adjmal Nashkbandi, entrambi scomparsi. E l'amarezza nel constatare che non per noi, ma per altri in Italia, la sorte di due afgani, uno dei quali indispensabile alla liberazione di Daniele, non è poi così importante”. Feriscono perché sono vere! Feriscono perché sottolineano come la nostra felicità per la liberazione di Mastrogiacomo non sia dettata dall’aver evitato l’omicidio di un uomo, ma dal fatto che quell’uomo, in giacca e cravatta, un giornalista, così simile a noi, è potuto ritornare a sedere nel salotto di casa con la moglie, a cenare con la famiglia davanti alla televisione col telecomando a portata di mano, a prendere l’autobus o la macchina per andare a lavoro, a festeggiare la Pasqua con uova di cioccolato o dolci a forma di colomba. A digitare su un computer i suoi articoli, a seguire il calcio e la cronaca e via dicendo. Non da altro. Gli altri due, gli afgani, tutte queste cose non ce l’hanno. Stanno nel deserto. Non ci somigliano per niente!!! Perché preoccuparsi per loro?

Sunday, March 25, 2007

Million dollar baby

Sono riuscito finalmente a vedere questo 'Million dollar baby', di cui avevo tanto sentito parlare senza conoscerne minimamente il contenuto. Per qualche motivo credevo fosse una puttanata. Non so perchè, ma il titolo non mi ispirava e visto il protagonista (Clint Eastwood) pensavo fosse la solita americanata. Mai conclusioni furono più sbagliate! E' un film bellissimo. Eastwood (che fino ad oggi associavo inconsciamente alla figura di 'Gunny' Highway) recita in un ruolo in cui non lo avrei immaginato. Quello del vecchio. Combattente magari, ma vecchio. E piegato dalla vita, alla fine. Un vero 'filmone' di quelli che lasciano coi lucciconi agli occhi ed a cui non poteva non partecipare anche l'immortale Morgan Freeman, sempre protagonista di interpretazioni a dir poco eccezionali. Non sbaglia mai una virgola Morgan Freeman. Persino la voce che lo doppia in italiano è perfetta. Sembra impossibile che parli in inglese in realtà. Arrivo a dire che forse non è un caso che la riproduzione esposta al museo delle cere di Madame Tussaud sia una statua vivente, di fronte alla quale si rimane a bocca aperta, aspettando che parli.


Il film parla di boxe, ma questo sport è solo lo sfondo. Il tema vero, così come il succo di tutta l'opera secondo me, si concentra nei trenta minuti finali, ed è l'eutanasia. La privazione della sofferenza anche quando questa interessa persone care o, come in questo caso, necessarie...indispensabili. E ci sono tutti gli ingredianti. Vengono affrontati tutti gli aspetti. C'è la sofferenza della persona malata (nel film una splendida Hilary Swank), c'è il tormento di chi deve affrontare la materialità di una soppressione voluta e, forse proprio per questo, doppiamente dolorosa. C'è l'ottuso e menefreghista diniego del clero così come il basso interesse economico di parenti e legali al seguito. E poi c'è lui, Freeman appunto. L'osservatore, il narratore. Dietro le quinte ed in prima linea al tempo stesso. Rassegnato ma fino a un certo punto, pronto a rinfilarsi i guantoni se serve, ma impotente di fronte a ciò che non puoi prendere a pugni.



Eastwood non è solo attore, è anche produttore, regista ed autore delle musiche. Praticamente ha fatto quasi tutto da solo. E direi che l'ha fatto proprio bene!

Thursday, March 22, 2007

The Italian Job


Si evolvono in maniera illuminante gli strascichi seguiti alla liberazione del giornalista Mastrogiacomo. Al ritorno dagli Stati Uniti il ministro d’Alema aveva parlato della soddisfazione con cui la notizia della liberazione dell’ostaggio era stata accolta da Condi Rice. Oggi però arrivano pesanti bordate sulla vicenda sia da parte statunitense che da parte inglese, tedesca, olandese e via dicendo. Veniamo bollati per essere scesi a trattative con i talebani al fine di pervenire alla liberazione del nostro compaesano. Una sorta di ‘celodurismo’ globale secondo cui né gli USA, né il Regno Unito o la Germania o l’Olanda farebbero mai una cose del genere per liberare uno dei loro. Ora ci sono 5 ‘pericolosi terroristi’ in più che possono attaccarci ed aumenta il rischio di sequestri, dal momento che i sequestratori di Mastrogiacomo sono riusciti ad ottenere quello che volevano. Cioè a dire che dopo quasi 6 anni di invasione, di bombardamenti, di missioni e via dicendo, se oggi in Afghanistan c’è la guerra o se ci saranno altri caduti tra le truppe di invasione, è o sarà colpa nostra. E come se non ci fossero anche i nostri di militari lì.
Ma non è tanto questa sequenza di avvenimenti ad essere ‘illuminante’. Personalmente li giudico solo come il naturale risultato dell’immagine servile e cialtrona che l’Italia ha dato di sé in politica estera negli ultimi anni. Ciò che è interessante invece, ancora una volta, sono le modalità con cui tutto questo è avvenuto e le reazioni politiche conseguenti. Dopo le positive esternazioni della Rice, queste critiche sono arrivate inizialmente per bocca di una fonte ‘anonima’ del Dipartimento di Stato americano. Che significa ‘anonima’? Come è possibile che i mass media italiani (perché l’anonimo delatore ha agito attraverso essi) possano essere stati contattati ‘anonimamente’? In molti già suggeriscono una paternità tutta italiana a queste voci. Troppo ghiotta sarebbe stata per alcune delle forze politiche che siedono in parlamento, l’opportunità di sfruttare questo evento al fine di mettere in difficoltà l’attuale governo di fronte alla prossima votazione parlamentare per il rifinanziamento della missione. E tutte queste forze politiche hanno qualche numero di telefono americano nell’agendina. Poi ci sono le reazioni politiche. Il centrodestra monta subito in sella al tutto. Berlusconi (proprio lui…) condanna l’operato del governo accusandolo di far perdere credibilità al Paese (ha detto proprio così). Feltri tuona dal suo pezzo di carta igienica che Mastrogiacomo sarebbe poco meno di una star televisiva e che il lavoro di giornalista si può fare benissimo dal proprio ufficio, senza andare a farsi benedire nel deserto per seguire il ‘fascino dei turbanti’. Magari potrebbe anche spiegarci come. Insomma, viene da pensare che dovremmo rimandarlo indietro questo cristiano, a bussare alla porta dei suoi rapitori per chiedere di essere ripreso e farli tutti contenti. Personalmente mi convinco sempre di più del fatto che ciò che non va giù a queste persone sia il buon esito della vicenda e soprattutto il fatto che sia stato brillantemente perseguito senza sparare nemmeno un colpo. Cosa che offre anche un’ottima chiave di lettura per quanto avvenuto nel caso Sgrena-Calipari. Disturba il fatto che sia stato possibile interloquire con queste persone, i talebani, pure colpevoli di aver sgozzato l’autista di Mastrogiacomo senza pietà. Disturba che in tutta questa storia, un’organizzazione pacifista come Emergency abbia potuto svolgere un ruolo fondamentale (ma non da sola. Più di un esperto ha affermato come tutto questo sarebbe stato impensabile senza l’intervento,e soprattutto la collaborazione, dei servizi segreti sia italiani che alleati). Disturba insomma che l’Italia si sia mossa relativamente da sola e, soprattutto, a modo suo. In quel modo tutto italiano per cui la morte di uno dei nostri in un contesto come quello rappresenta sempre e comunque una tragedia, sia esso un giornalista, come il povero Baldoni, o un militare. Non siamo disposti noi ad accettare numeri enormi quando si parla di ‘caduti’. L’abbiamo dovuto fare in passato ma non siamo disposti a farlo adesso. È nella nostra storia ed è per questo che, a differenza di quanto accade in altri paesi, quando si parla di spedire truppe in qualche parte del mondo, si viene sempre a creare un clima di tensione nel nostro paese, sia nel parlamento che nelle strade. Molto più ci si addice la via del dialogo. Se solo avessimo il coraggio di imboccarla.

E nel frattempo, il mediatore di Emergency rimane in carcere con l’accusa di…mediazione!!! Che cazzo...qualcuno in galera doveva pur finirci no?

Wednesday, March 21, 2007

Praise of Lesandro

Però…quasi quasi spendo due righe per autoincensarmi…bravo Lesa, c’avevi indovinato. Negli ultimi due post avevo detto appunto che, al di là della soddisfazione per la liberazione di Mastrogiacomo, avremmo fatto bene ad osservare le reazioni della nostra classe politica a quanto avvenuto, senza lasciarci menare per il naso né da chi stappa bottiglie né da chi celebra collaborazioni apparentemente non esistenti tra il nostro governo e quello di Karzai. Ho pure notato, con sollievo, come questa volta i cecchini NATO avessero evitato di sparecchiare a destra e a manca così, tanto per non far muffire le munizioni. Oggi mi collego al sito de l’Unità e che leggo? Che in parlamento scoppia la polemica…sulla liberazione di un italiano tenuto in ostaggio dalla guerriglia talebana. Ma che bravi. A quanto pare al centrodestra non va giù che il nostro governo abbia trattato con i talebani. Tanto meno se la misura di questa collaborazione è espressione dell’attività di una ong come Emergency e del suo fondatore, il ‘medico confuso’ Gino Strada. In senato, il celeberrimo quanto illuminato Schifani si domanda come sia possibile che in questo governo coesistano le due anime di chi tratta con i feroci talebani, acconsentendo al rilascio dal carcere di alcuni di essi, e dopo spedisce in guerra i propri soldati contro di essi. Me lo domandavo anche io ieri a dire il vero (preoccupante…io e Schifani ci siamo posti la stessa domanda…aiuto…). Ma devo dire che partivo da premesse diverse e un ‘tantino’ più costruttive. ‘Fanculo ‘l’anima’ guerrafondaia (peraltro partorita dal tuo di governo, caro senatore dei miei cabbasisi) e benvenuta a quella pacifista del confronto, del dialogo e della trattativa. Ma forse Schifani, che è illuminato, avrebbe preferito un bell’intervento di forze speciali alla Putin. Crepano tutti, ostaggi compresi, però pure i talebani. Checcefrega del resto? Come vada o come venga, lo spettacolo che ha offerto oggi il parlamento è tanto rivelatore quanto vergognoso. Rivelatore del fatto che quello ’spirito di seria collaborazione’ dimostrato in questa occasione da tutte le forze politiche e di cui cianciava ieri Romano Prodi altro non era che frasi fatte e di circostanza, proferite all’insegna di quel bon ton che ci vuole tutti fratelli solo quando ci sono tutti i riflettori accesi. E vergognoso, perché ancora una volta mostra il nostro parlamento come il posto dove la priorità massima non è governare. L’imperativo non è prendersi cura della popolazione italiana. La necessità non è il benessere dei cittadini ed il progresso. Bensì far cadere il governo. Fottere la controparte politica. Apparire meritevoli di voto piuttosto che esserlo. Ed ogni occasione è buona. Anche quelle che dovrebbero rappresentare la soddisfazione di entrambi gli schieramenti. In qualsiasi asilo nido del paese sarebbe possibile trovare più buon senso ed intelligenza di quanta non ce ne sia in quell’aula.
È sotto gli occhi di tutti che se siamo riusciti a liberare il nostro concittadino è solo ed esclusivamente per la reputazione di Emergency. Se i guerriglieri hanno acconsentito ad uno scambio è grazie a quelle persone che hanno deciso di farsi portatori di un messaggio positivo, di assistenza medica indiscriminata, sotto i colori della bandiera arcobaleno. Questo dovrebbe essere materia di discussione parlamentare. Non altro. Laddove hanno fallito i cacciabombardieri, riescono i medici, gli infermieri, gli organizzatori giù giù fino ai volontari che allestiscono i banchetti alle fiere di paese per raccogliere fondi. Se fosse questa la natura del nostro interventismo, talebani o non, quel conflitto finirebbe molto prima.

Tuesday, March 20, 2007

A scoppio ritardato

Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Massimo d’Alema interviene a proposito del rinnovo della missione Unama, e rilancia l’idea di una conferenza internazionale. È da qualche giorno che lo dice. Però, a differenza da quanto era possibile ascoltare nei giorni scorsi, adesso dei talebani come interlocutori a questa conferenza non si sente più parlare. È da poco stato liberato Daniele Mastrogiacomo. Lo stesso d’Alema ne viene informato ieri mentre si trova in volo verso gli Stati Uniti. Va da se che il nostro ministro degli Esteri esordisce durante il suo intervento esprimendo soddisfazione per l’accaduto, riportando la soddisfazione di Condi Rice (che forse secondo lui dovrebbe in qualche maniera onorarci) e soprattutto ringraziando il Presidente Karzai. Un narcotrafficante, una marionetta degli USA…vabbè, però…se ci ha aiutato davvero.
Ma ci ha aiutato davvero? Gino Strada non sembra essere per niente d’accordo. Anzi. E direi che se lo dice lui ci si può credere visto che Emergency (ed anche lui in prima persona) sono stati i principali mediatori del rilascio. Sentite cosa dice dalle colonne di Peacereporter: “Il governo afgano ci ha messo i bastoni fra le ruote fin dall’inizio. Lo sa bene l’ambasciatore Sequi, che ha speso ore e ore al telefono a litigare con ministri e funzionari afgani che si rifiutavano di eseguire gli ordini di Karzai. Il quale per primo si è mostrato assai poco collaborativo, per non dir di peggio.” E ancora, parlando del rilascio dalle carceri afgane di tre dei prigionieri chiesti in riscatto di Mastrogiacomo “…l’ambasciatore Sequi si è subito messo in moto per ottenere la scarcerazione dei tre, scontrandosi nuovamente con le resistenze del governo afgano: in un momento del genere, Karzai è arrivato a dire al suo ministro della Giustizia di muoversi senza avere fretta!”. Poi però, si muove in fretta Karzai, a scoppio ritardato, dopo il rilascio del giornalista e del suo interprete (del quale adesso si è persa ogni traccia), per fare arrestare il manager di Emergency, che ha agito materialmente come mediatore, in nome di non meglio specificate misure di sicurezza. Grottesco! Per usare le stesse parole che ha usato Gino Strada per commentare il tutto.
Nel frattempo non solo si incazzano, e giustamente secondo me, i parenti dell’interprete nuovamente scomparso, per chiedere l’intervento di Karzai anche a favore del proprio congiunto e non solo quando spariscono giornalisti stranieri (ma è di nuovo Emergency che si sta muovendo in questo senso, non il governo afgano) ma anche Prodi ribadisce dal tiggì uno di aver telefonato, PER RINGRAZIARLO, al presidente afgano. Ma ringraziarlo de che?
Forse dovrei fidarmi un po’ di più del mio istinto. Narcotrafficante, marionetta degli USA e pure stronzo!

Monday, March 19, 2007

Serietà e collaborazione

Eccolo finalmente. Dopo 15 giorni di prigionia, Daniele Mastrogiacomo abbraccia un Gino Strada felicissimo per il buon esito della vicenda, in questa bella foto presa dal sito di Peacereporter. Anche il giornalista, ovviamente è felice. E, devo dire, lo sono anche io. Ma lascio a margine le emozioni in questo momento. Le lascio a chi se le merita per essersi impegnato a che Mastrogiacomo venisse liberato. Ed anche per avere uno sguardo un pò più obiettivo su quelle che sono le reazioni del mondo politico a questo avvenimento.
A palazzo Chigi, così come al Quirinale, è tutto uno stappar bottiglie. Si elogia l'operato del governo, si ringraziano tutti, maggioranza ed opposizione, per lo "sforzo serio e collaborativo di tutte le forze politiche" (Prodi) e del Sismi, della sua organizzazione "raffinata ed efficiente" (sempre Prodi). Il percorso, a dire il vero, a me sembra molto chiaro adesso. Prima il voto al rifinanziamento della missione, poi l'invocazione di un tavolo di trattative a cui siedessero anche i Talebani (proposto da Fassino nei giorni scorsi ed appoggiato da tutta la sinistra). Infine la liberazione di alcuni prigionieri (i nostri sono prigionieri...) e quindi la liberazione dell'ostaggio (i loro sono ostaggi...). Tutto è bene quel che finisce bene, verrebbe da dire, però due considerazioncine mi viene da farle lo stesso. La prima la rubo direttamente dai commenti su questa vicenda che ho letto qualche giorno fa su l'Unità. Se le nostre forze politiche, come hanno fatto in questa occasione, lavorassero in maniera altrettanto 'seria e collaborativa' sempre, probabilmente oltre a Mastrogiacomo avrebbero salvato anche molte delle 200 e più persone che sono morte per incidenti sul lavoro dall'inizio dell'anno. Se riuscisse a venir meno quello spirito aberrante per cui fare politica significa far cadere il governo in carica, o fottere l'avversario politico comunque e dovunque, forse ci sarebbero molte più occasioni di stappar bottiglie per tutti. La seconda: abbiamo trattato coi talebani. Li abbiamo invitati ad un tavolo di trattative. Abbiamo prodotto un risultato, una volta tanto, positivo in un contesto di guerra. Come conciliamo tutto ciò con la presenza dei nostri militari laggiù? Io sono convinto che, seppur travisata da un contesto di guerra che catalizza l'attenzione di tutti e distoglie da problematiche più 'nostrane' ma egualmente tragiche (come appunto quelle della sicurezza sul lavoro), sono convinto che la soddisfazione e la felicità degli italiani e dei loro governanti per la liberazione di Mastrogiacomo, siano sincere. Perchè non perseguire la stessa soddisfazione e la stessa felicità e farsi promotori di iniziative che portino il nostro Paese avanti agli altri nella reale ricerca della pace, come più volte suggerito dallo stesso Gino Strada, invece di accodarsi sempre a chi manda avanti i cacciabombardieri anche alle riunioni condominiali? Se davvero siamo capaci di tanta 'serietà e collaborazione' varrebbe la pena provarci.


Fortunatamente stavolta non c'erano americani dal grilletto facile sul percorso che ha portato Daniele Mastrogiacomo fino all'ospedale di Emergency di Lashkargah...

Sunday, March 18, 2007

la missione di pace a mano armata

Lo dicevamo in un post precedente. La presenza militare italiana in Afghanistan non è improntata al semplice ‘peacekeeping’, ma per i nostri militari è previsto anche l’intervento in azioni di guerra, in violazione della Costituzione. I nostri politici si sbracciano a più non posso per cercare di negare questo dato di fatto ed hanno votato il rifinanziamento della missione sventolando bandiere arcobaleno a tutto spiano, battendosi al tempo stesso contro ‘orrori’ come il ddl sui DICO, vero pericolo per l’umanità. Dicevamo in un post precedente come la dislocazione territoriale del nostro contingente sia tale da mettere i nostri militari nella posizione di ‘cacciatori’ che attendono al varco ovest delle montagne afgane i talebani ‘stanati’ a sud dai bombardieri americani per finirli. Ed è esattamente quello che stanno già facendo, dal 14 marzo scorso, i militari del 66º Reggimento fanteria aeromobile “Trieste” di Forlì (comandata dal capitano Matteo Luciani), gli incursori di Marina del “Comsubin” e i parà del “Col Moschin”, insieme con i militari spagnoli della 1^ Brigata Cacciatori di Montagna “Aragòn”.
La notizia è stata divulgata dal portavoce militare spagnolo il quale ha anche precisato che questa operazione durerà fino ad Aprile inoltrato. Il nostro governo ha sempre smentito l’esistenza di attività di guerra di questo tipo, poi, dopo la diffusione della notizia dalla Spagna, sono arrivate le prime conferme “a mezza bocca” da parte del sottosegretario alla Difesa Lorenzo Forcieri che ha candidamente ammesso come l’Italia sia coinvolta in “un'operazione normale, condotta secondo le regole che sono state stabilite”. Stabilite da chi? Non certo dalla nostra Costituzione, anzi. E come mai le smentite iniziali? Perché ci è stato dato di sapere cosa stanno facendo i nostri militari solo dopo che si sono sbottonati gli spagnoli?
È un atteggiamento ipocrita. E soprattutto già visto in precedenza, quando il governo d’Alema tentava di giustificare le incursioni aeree italiane in Kosovo come operazioni di ‘difesa’ dalle postazioni missilistiche serbe presenti sulla costa adriatica. E come al solito a noi non è dato sapere. Come al solito si passa il tutto sotto silenzio. Viene da chiedersi se non sia il residuo di un ultimo senso di vergogna che li costringe a tacere su queste decisioni o se sia il disprezzo nei confronti di una cittadinanza che evidentemente non può e non deve avere voce in capitolo. Forse entrambi. Siamo diventati pericolosi per i nostri governanti e lo siamo ancora di più fintanto che continueranno a giungerci notizie come quelle sul tenente colonnello Juergen Rose, che fa parte dello Stato maggiore della quarta divisione della Bundeswehr e che ha fatto ‘obiezione di coscienza’ di fronte alla decisione del governo tedesco di inviare nuove truppe in Afghanistan (5 Tornado e 500 uomini), motivando la sua scelta con la chiara incostituzionalità della decisione presa. E lo ha fatto pubblicamente, dalla televisione pubblica.
Lui è stato immediatamente ‘tacciato’ di essere un disertore. Che sarebbe successo in Italia?
Peacereporter e l’Unità sono le fonti.