Friday, March 30, 2007

Messaggio a Gino Strada

Più di 100.000 firme. Più di 100.000 persone hanno sentito il bisogno di dimostrare la propria solidarietà a Ramahtullah ed Adjamal Nashkband, il primo ostaggio dei servizi afgano-statunitensi, il secondo del mullah Dadullah. Ed a giudicare dal tasso di adesione potrebbero essere più di 500.000 per la fine della prossima settimana. Ma ci sono state delle novità importanti nel frattempo. Ramahtullah è stato trasferito nella prigione speciale di Pol-i-Charkhi. Un carcere costruito appositamente, anche con soldi italiani, per gli interrogatori dei terroristi secondo la vergognosa MCA (Military Commission Act) firmata lo scorso anno dal presidente Bush e che di fatto legalizza la tortura da parte dei servizi americani. Un modo come un altro per non doversi prendere la briga di trasportare i prigionieri fino a Guantanamo. Il manager di Emergency è stato trasferito dalla prigione di Lashkargah, la città dove risiede l'ospedale di Emergency. Dentro la prigione, la stessa Emergency ha un presidio medico, ma agli operatori di questo presidio non è mai stato concesso di visitare il proprio compagno. Ciò rappresenta una violazione di specifici accordi presi tra Emergency ed il governo afgano. Questi accordi infatti prevedevano la possibilità da parte dei medici di Emergency di visitare sempre e comunque i detenuti, senza restrizioni, al fine di monitorarne lo status medico. Questi accordi sono stati disattesi da parte del governo di Karzai e non se ne conosce il motivo. Per ciò, Gino Strada ha annunciato oggi, dalle colonne di Repubblica, che intende rivedere la posizione di Emergency in Afghanistan, in quanto il governo di quel paese non gli consente di lavorare con serenità. Per quanto i bombardamenti che nei giorni scorsi hanno interessato anche Lashkargah possano consentirlo. Una presa di posizione forte e decisa. Ed anche necessaria direi. Ma che non mi trova del tutto d'accordo, se posso permettermi di dirlo dalla mia comoda e sicura poltrona occidentale. Vorrei davvero poter far arrivare questo messaggio a Gino Strada. Di non ritirarsi. Di non cedere alla frustrazione. Troppe persone hanno bisogno di lui laggiù. Ed anche quassù, per poter continuare a pensare che un altro modo, un altro mondo, sono davvero possibili. Gli chiederei, se potessi, di perseverare nella sua battaglia per la liberazione dei suoi (e, se posso, dei nostri) compagni perchè il suo operato pacifico, più di ogni altra cosa, è riuscito ad evidenziare, a far venire a galla, tutte le contraddizioni, le ipocrisie, le falsità e la violenza di uno stato di cose in cui la legalità, il rispetto dei diritti umani più elementari, il desiderio di pace, sono i nemici pubblici numero uno. Uno stato di cose di cui fanno parte sia la NATO che il governo di Karzai e del quale spero, ma comincio a nutrire dei seri dubbi a riguardo, che il nostro di paese non faccia parte. Temo per la vita di Ramathullah e di Adjamal Nashkband. Sinceramente. E trovo grottesco, nella più innocua delle definizioni, il fatto che questi due uomini rischino la vita per mano dei rappresentanti di posizioni che dovrebbero essere diametralmente contrapposte, ma che invece si vedono riunite sotto l'insegna del sopruso e del potere punitivo. Anzi, verrebbe da dire che i talebani hanno dimostrato di saper essere molto più umani e ragionevoli di quanto non stia facendo Karzai ed il suo governo, che sembra aver assimilato tutto il peggio dei sistemi di potere occidentali, e solo quello.
Domani, a Roma, si terrà una manifestazione per la liberazione di questi due uomini. Perchè vengano riconsegnati alla loro vita. E' organizzata da Emergency ed anche Gino Strada ci sarà. Io non potrò andare. I 2100 Km che mi separano dalla capitale sono troppi per potermi muovere. Magari sfilerò da solo con la mia maglietta di Emergency per le strade di Cambridge ed a chi mi chiederà il perchè risponderò che sto sfilando per due miei amici rapiti da bande di criminali diverse. Risponderò che lo faccio per chiedere al mio governo di non coprirci nuovamente di vergogna, di dimostrare dignità ed onore almeno per una volta. Ma forse, tra chi leggerà questo post, ci sarà qualcuno che a quella manifestazione ci andrà. Se c'è, allora vorrei che tentasse di avvicinarlo Gino Strada, per dirgli "Non mollare! Troppe persone hanno bisogno di te laggiù. Ed anche quassù."

Tuesday, March 27, 2007

Sottoscrivete


Il sito di Emergency mette a disposizione questo indirizzo per raccogliere firme a favore della liberazione di Rahmatullah Hanefi e di Adjmal Nashkbandi. Sono già state raccolte circa 50.000 firme. Sottoscrivete l'appello!

Monday, March 26, 2007

Il deserto ed il telecomando


È avvilente. Di più, è frustrante. È frustrante quello che si legge sul sito di Peacereporter ed ancor di più quello che non si legge sui giornali italiani. Durante la prigionia di Mastrogiacomo, le prime pagine dei giornali erano sempre ‘sul pezzo’ come si dice. E giustamente intendiamoci. Ma adesso che il nostro compaesano è a casa, adesso non ci sentiamo più tanto punti nel vivo se una delle persone che più di altri ha contribuito alla sua liberazione, Rahmatullah Hanefi, è sparito ormai da giorni nelle carceri di Lashkargah, dove i servizi afgani, a detta di quanti in quel carcere lavorano, lo stanno torturando ‘coi cavi elettrici’…né ce ne importa più di tanto se anche dell’autista di Mastrogiacomo, Adjmal Nashkbandi, non si sa più niente. Lo stesso Mastrogiacomo disse di averlo visto liberato insieme a lui, ma diretto verso un diverso veicolo della milizia afgana. Oggi, questo mullah Dadullah dice di averlo ancora in pugno, mentre sembra più probabile, anche stando a quanto rivelano i gruppi ROS dei Carabinieri che operano a Kabul, che anche lui sia in mano ai servizi. E non se ne parla quasi per niente. Nemmeno su un giornale come l’Unità, dove la prima pagina è al momento troppo impegnata con le follie berlusconiane sul rifinanziamento della missione o con vallettopoli. Al tiggì uno di stasera, solo per una manciata di secondi, in chiusura di giornale, ho ascoltato qualcosa a questo riguardo. Non un appello, non la voce di Strada. Giusto due parole per ribadire la prigionia del manager di Emergency. Non ci si domanda come sia possibile che un mediatore che col suo operato è riuscito a salvare una vita umana, venga imprigionato e torturato. Non ci si domanda come sia possibile che un semplice autista venga sballottato da una prigione ad un'altra con la sola colpa di essere stato sequestrato nel contesto di una guerra assurda. Tutto è passato in secondo piano. Abbiamo evitato di dover vedere le immagini di uno dei nostri decapitato davanti alle telecamere, del resto chissenefrega. È frustrante perché il nostro intervento non riesce ad andare oltre al commento passivo su qualche blog, mentre invece piacerebbe, almeno a me, di andare a prenderlo per il bavero quel Prodi lì e dirgli ‘adesso perché non riprendi a telefonare in continuazione al tuo amico Karzai?’. Alla fine dei conti due afgani contano meno del nostro italiano. E sinceramente non riesco a non pensare che in qualche modo si tenti di dimostrare al mondo che la trattativa pacifica non sempre risparmia vite. Non sempre è migliore dell’interventismo armato. Temo in questo senso per la sorte dell’autista. Nessuno mi toglie dalla mente infatti che se quest’uomo si trovasse davvero adesso di nuovo in mano ai sequestratori, è perché i servizi afgani glielo hanno riconsegnato davanti alla porta di casa, per metterci in imbarazzo. Per mettere in imbarazzo l’operato del nostro Paese. D’altro canto non mi stupirebbe di dover sentire, nei prossimi giorni, che Rahmatullah Hanefi è stato arrestato in quanto in combutta con i talebani stessi. Per essere in realtà uno di loro. Lo stesso Strada dice, sempre su Peacereporter (i giornali ‘canonici’ si tengono alla larga da affermazioni del genere), che i servizi afgani affermano che prove in questo senso, per quanto al momento assenti, possono essere ‘trovate’ (leggasi ‘fabbricate’) con facilità. Ma noi facciamo spallucce davanti a tutto questo. Ci sono le celebrazioni per il 50° dei trattati di Roma, c’è la Nina Moric da Woodcock…altro che due afgani in galera.
Feriscono le parole rilasciate da Gino Strada al termine dell’intervista con il giornalista di Peacereporter: “Per adesso quel che rimane, oltre alla gioia per la liberazione di Daniele, è l'amarezza per la morte del suo autista, la grande preoccupazione per Rahmat e Adjmal Nashkbandi, entrambi scomparsi. E l'amarezza nel constatare che non per noi, ma per altri in Italia, la sorte di due afgani, uno dei quali indispensabile alla liberazione di Daniele, non è poi così importante”. Feriscono perché sono vere! Feriscono perché sottolineano come la nostra felicità per la liberazione di Mastrogiacomo non sia dettata dall’aver evitato l’omicidio di un uomo, ma dal fatto che quell’uomo, in giacca e cravatta, un giornalista, così simile a noi, è potuto ritornare a sedere nel salotto di casa con la moglie, a cenare con la famiglia davanti alla televisione col telecomando a portata di mano, a prendere l’autobus o la macchina per andare a lavoro, a festeggiare la Pasqua con uova di cioccolato o dolci a forma di colomba. A digitare su un computer i suoi articoli, a seguire il calcio e la cronaca e via dicendo. Non da altro. Gli altri due, gli afgani, tutte queste cose non ce l’hanno. Stanno nel deserto. Non ci somigliano per niente!!! Perché preoccuparsi per loro?

Sunday, March 25, 2007

Million dollar baby

Sono riuscito finalmente a vedere questo 'Million dollar baby', di cui avevo tanto sentito parlare senza conoscerne minimamente il contenuto. Per qualche motivo credevo fosse una puttanata. Non so perchè, ma il titolo non mi ispirava e visto il protagonista (Clint Eastwood) pensavo fosse la solita americanata. Mai conclusioni furono più sbagliate! E' un film bellissimo. Eastwood (che fino ad oggi associavo inconsciamente alla figura di 'Gunny' Highway) recita in un ruolo in cui non lo avrei immaginato. Quello del vecchio. Combattente magari, ma vecchio. E piegato dalla vita, alla fine. Un vero 'filmone' di quelli che lasciano coi lucciconi agli occhi ed a cui non poteva non partecipare anche l'immortale Morgan Freeman, sempre protagonista di interpretazioni a dir poco eccezionali. Non sbaglia mai una virgola Morgan Freeman. Persino la voce che lo doppia in italiano è perfetta. Sembra impossibile che parli in inglese in realtà. Arrivo a dire che forse non è un caso che la riproduzione esposta al museo delle cere di Madame Tussaud sia una statua vivente, di fronte alla quale si rimane a bocca aperta, aspettando che parli.


Il film parla di boxe, ma questo sport è solo lo sfondo. Il tema vero, così come il succo di tutta l'opera secondo me, si concentra nei trenta minuti finali, ed è l'eutanasia. La privazione della sofferenza anche quando questa interessa persone care o, come in questo caso, necessarie...indispensabili. E ci sono tutti gli ingredianti. Vengono affrontati tutti gli aspetti. C'è la sofferenza della persona malata (nel film una splendida Hilary Swank), c'è il tormento di chi deve affrontare la materialità di una soppressione voluta e, forse proprio per questo, doppiamente dolorosa. C'è l'ottuso e menefreghista diniego del clero così come il basso interesse economico di parenti e legali al seguito. E poi c'è lui, Freeman appunto. L'osservatore, il narratore. Dietro le quinte ed in prima linea al tempo stesso. Rassegnato ma fino a un certo punto, pronto a rinfilarsi i guantoni se serve, ma impotente di fronte a ciò che non puoi prendere a pugni.



Eastwood non è solo attore, è anche produttore, regista ed autore delle musiche. Praticamente ha fatto quasi tutto da solo. E direi che l'ha fatto proprio bene!

Thursday, March 22, 2007

The Italian Job


Si evolvono in maniera illuminante gli strascichi seguiti alla liberazione del giornalista Mastrogiacomo. Al ritorno dagli Stati Uniti il ministro d’Alema aveva parlato della soddisfazione con cui la notizia della liberazione dell’ostaggio era stata accolta da Condi Rice. Oggi però arrivano pesanti bordate sulla vicenda sia da parte statunitense che da parte inglese, tedesca, olandese e via dicendo. Veniamo bollati per essere scesi a trattative con i talebani al fine di pervenire alla liberazione del nostro compaesano. Una sorta di ‘celodurismo’ globale secondo cui né gli USA, né il Regno Unito o la Germania o l’Olanda farebbero mai una cose del genere per liberare uno dei loro. Ora ci sono 5 ‘pericolosi terroristi’ in più che possono attaccarci ed aumenta il rischio di sequestri, dal momento che i sequestratori di Mastrogiacomo sono riusciti ad ottenere quello che volevano. Cioè a dire che dopo quasi 6 anni di invasione, di bombardamenti, di missioni e via dicendo, se oggi in Afghanistan c’è la guerra o se ci saranno altri caduti tra le truppe di invasione, è o sarà colpa nostra. E come se non ci fossero anche i nostri di militari lì.
Ma non è tanto questa sequenza di avvenimenti ad essere ‘illuminante’. Personalmente li giudico solo come il naturale risultato dell’immagine servile e cialtrona che l’Italia ha dato di sé in politica estera negli ultimi anni. Ciò che è interessante invece, ancora una volta, sono le modalità con cui tutto questo è avvenuto e le reazioni politiche conseguenti. Dopo le positive esternazioni della Rice, queste critiche sono arrivate inizialmente per bocca di una fonte ‘anonima’ del Dipartimento di Stato americano. Che significa ‘anonima’? Come è possibile che i mass media italiani (perché l’anonimo delatore ha agito attraverso essi) possano essere stati contattati ‘anonimamente’? In molti già suggeriscono una paternità tutta italiana a queste voci. Troppo ghiotta sarebbe stata per alcune delle forze politiche che siedono in parlamento, l’opportunità di sfruttare questo evento al fine di mettere in difficoltà l’attuale governo di fronte alla prossima votazione parlamentare per il rifinanziamento della missione. E tutte queste forze politiche hanno qualche numero di telefono americano nell’agendina. Poi ci sono le reazioni politiche. Il centrodestra monta subito in sella al tutto. Berlusconi (proprio lui…) condanna l’operato del governo accusandolo di far perdere credibilità al Paese (ha detto proprio così). Feltri tuona dal suo pezzo di carta igienica che Mastrogiacomo sarebbe poco meno di una star televisiva e che il lavoro di giornalista si può fare benissimo dal proprio ufficio, senza andare a farsi benedire nel deserto per seguire il ‘fascino dei turbanti’. Magari potrebbe anche spiegarci come. Insomma, viene da pensare che dovremmo rimandarlo indietro questo cristiano, a bussare alla porta dei suoi rapitori per chiedere di essere ripreso e farli tutti contenti. Personalmente mi convinco sempre di più del fatto che ciò che non va giù a queste persone sia il buon esito della vicenda e soprattutto il fatto che sia stato brillantemente perseguito senza sparare nemmeno un colpo. Cosa che offre anche un’ottima chiave di lettura per quanto avvenuto nel caso Sgrena-Calipari. Disturba il fatto che sia stato possibile interloquire con queste persone, i talebani, pure colpevoli di aver sgozzato l’autista di Mastrogiacomo senza pietà. Disturba che in tutta questa storia, un’organizzazione pacifista come Emergency abbia potuto svolgere un ruolo fondamentale (ma non da sola. Più di un esperto ha affermato come tutto questo sarebbe stato impensabile senza l’intervento,e soprattutto la collaborazione, dei servizi segreti sia italiani che alleati). Disturba insomma che l’Italia si sia mossa relativamente da sola e, soprattutto, a modo suo. In quel modo tutto italiano per cui la morte di uno dei nostri in un contesto come quello rappresenta sempre e comunque una tragedia, sia esso un giornalista, come il povero Baldoni, o un militare. Non siamo disposti noi ad accettare numeri enormi quando si parla di ‘caduti’. L’abbiamo dovuto fare in passato ma non siamo disposti a farlo adesso. È nella nostra storia ed è per questo che, a differenza di quanto accade in altri paesi, quando si parla di spedire truppe in qualche parte del mondo, si viene sempre a creare un clima di tensione nel nostro paese, sia nel parlamento che nelle strade. Molto più ci si addice la via del dialogo. Se solo avessimo il coraggio di imboccarla.

E nel frattempo, il mediatore di Emergency rimane in carcere con l’accusa di…mediazione!!! Che cazzo...qualcuno in galera doveva pur finirci no?

Wednesday, March 21, 2007

Praise of Lesandro

Però…quasi quasi spendo due righe per autoincensarmi…bravo Lesa, c’avevi indovinato. Negli ultimi due post avevo detto appunto che, al di là della soddisfazione per la liberazione di Mastrogiacomo, avremmo fatto bene ad osservare le reazioni della nostra classe politica a quanto avvenuto, senza lasciarci menare per il naso né da chi stappa bottiglie né da chi celebra collaborazioni apparentemente non esistenti tra il nostro governo e quello di Karzai. Ho pure notato, con sollievo, come questa volta i cecchini NATO avessero evitato di sparecchiare a destra e a manca così, tanto per non far muffire le munizioni. Oggi mi collego al sito de l’Unità e che leggo? Che in parlamento scoppia la polemica…sulla liberazione di un italiano tenuto in ostaggio dalla guerriglia talebana. Ma che bravi. A quanto pare al centrodestra non va giù che il nostro governo abbia trattato con i talebani. Tanto meno se la misura di questa collaborazione è espressione dell’attività di una ong come Emergency e del suo fondatore, il ‘medico confuso’ Gino Strada. In senato, il celeberrimo quanto illuminato Schifani si domanda come sia possibile che in questo governo coesistano le due anime di chi tratta con i feroci talebani, acconsentendo al rilascio dal carcere di alcuni di essi, e dopo spedisce in guerra i propri soldati contro di essi. Me lo domandavo anche io ieri a dire il vero (preoccupante…io e Schifani ci siamo posti la stessa domanda…aiuto…). Ma devo dire che partivo da premesse diverse e un ‘tantino’ più costruttive. ‘Fanculo ‘l’anima’ guerrafondaia (peraltro partorita dal tuo di governo, caro senatore dei miei cabbasisi) e benvenuta a quella pacifista del confronto, del dialogo e della trattativa. Ma forse Schifani, che è illuminato, avrebbe preferito un bell’intervento di forze speciali alla Putin. Crepano tutti, ostaggi compresi, però pure i talebani. Checcefrega del resto? Come vada o come venga, lo spettacolo che ha offerto oggi il parlamento è tanto rivelatore quanto vergognoso. Rivelatore del fatto che quello ’spirito di seria collaborazione’ dimostrato in questa occasione da tutte le forze politiche e di cui cianciava ieri Romano Prodi altro non era che frasi fatte e di circostanza, proferite all’insegna di quel bon ton che ci vuole tutti fratelli solo quando ci sono tutti i riflettori accesi. E vergognoso, perché ancora una volta mostra il nostro parlamento come il posto dove la priorità massima non è governare. L’imperativo non è prendersi cura della popolazione italiana. La necessità non è il benessere dei cittadini ed il progresso. Bensì far cadere il governo. Fottere la controparte politica. Apparire meritevoli di voto piuttosto che esserlo. Ed ogni occasione è buona. Anche quelle che dovrebbero rappresentare la soddisfazione di entrambi gli schieramenti. In qualsiasi asilo nido del paese sarebbe possibile trovare più buon senso ed intelligenza di quanta non ce ne sia in quell’aula.
È sotto gli occhi di tutti che se siamo riusciti a liberare il nostro concittadino è solo ed esclusivamente per la reputazione di Emergency. Se i guerriglieri hanno acconsentito ad uno scambio è grazie a quelle persone che hanno deciso di farsi portatori di un messaggio positivo, di assistenza medica indiscriminata, sotto i colori della bandiera arcobaleno. Questo dovrebbe essere materia di discussione parlamentare. Non altro. Laddove hanno fallito i cacciabombardieri, riescono i medici, gli infermieri, gli organizzatori giù giù fino ai volontari che allestiscono i banchetti alle fiere di paese per raccogliere fondi. Se fosse questa la natura del nostro interventismo, talebani o non, quel conflitto finirebbe molto prima.

Tuesday, March 20, 2007

A scoppio ritardato

Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Massimo d’Alema interviene a proposito del rinnovo della missione Unama, e rilancia l’idea di una conferenza internazionale. È da qualche giorno che lo dice. Però, a differenza da quanto era possibile ascoltare nei giorni scorsi, adesso dei talebani come interlocutori a questa conferenza non si sente più parlare. È da poco stato liberato Daniele Mastrogiacomo. Lo stesso d’Alema ne viene informato ieri mentre si trova in volo verso gli Stati Uniti. Va da se che il nostro ministro degli Esteri esordisce durante il suo intervento esprimendo soddisfazione per l’accaduto, riportando la soddisfazione di Condi Rice (che forse secondo lui dovrebbe in qualche maniera onorarci) e soprattutto ringraziando il Presidente Karzai. Un narcotrafficante, una marionetta degli USA…vabbè, però…se ci ha aiutato davvero.
Ma ci ha aiutato davvero? Gino Strada non sembra essere per niente d’accordo. Anzi. E direi che se lo dice lui ci si può credere visto che Emergency (ed anche lui in prima persona) sono stati i principali mediatori del rilascio. Sentite cosa dice dalle colonne di Peacereporter: “Il governo afgano ci ha messo i bastoni fra le ruote fin dall’inizio. Lo sa bene l’ambasciatore Sequi, che ha speso ore e ore al telefono a litigare con ministri e funzionari afgani che si rifiutavano di eseguire gli ordini di Karzai. Il quale per primo si è mostrato assai poco collaborativo, per non dir di peggio.” E ancora, parlando del rilascio dalle carceri afgane di tre dei prigionieri chiesti in riscatto di Mastrogiacomo “…l’ambasciatore Sequi si è subito messo in moto per ottenere la scarcerazione dei tre, scontrandosi nuovamente con le resistenze del governo afgano: in un momento del genere, Karzai è arrivato a dire al suo ministro della Giustizia di muoversi senza avere fretta!”. Poi però, si muove in fretta Karzai, a scoppio ritardato, dopo il rilascio del giornalista e del suo interprete (del quale adesso si è persa ogni traccia), per fare arrestare il manager di Emergency, che ha agito materialmente come mediatore, in nome di non meglio specificate misure di sicurezza. Grottesco! Per usare le stesse parole che ha usato Gino Strada per commentare il tutto.
Nel frattempo non solo si incazzano, e giustamente secondo me, i parenti dell’interprete nuovamente scomparso, per chiedere l’intervento di Karzai anche a favore del proprio congiunto e non solo quando spariscono giornalisti stranieri (ma è di nuovo Emergency che si sta muovendo in questo senso, non il governo afgano) ma anche Prodi ribadisce dal tiggì uno di aver telefonato, PER RINGRAZIARLO, al presidente afgano. Ma ringraziarlo de che?
Forse dovrei fidarmi un po’ di più del mio istinto. Narcotrafficante, marionetta degli USA e pure stronzo!

Monday, March 19, 2007

Serietà e collaborazione

Eccolo finalmente. Dopo 15 giorni di prigionia, Daniele Mastrogiacomo abbraccia un Gino Strada felicissimo per il buon esito della vicenda, in questa bella foto presa dal sito di Peacereporter. Anche il giornalista, ovviamente è felice. E, devo dire, lo sono anche io. Ma lascio a margine le emozioni in questo momento. Le lascio a chi se le merita per essersi impegnato a che Mastrogiacomo venisse liberato. Ed anche per avere uno sguardo un pò più obiettivo su quelle che sono le reazioni del mondo politico a questo avvenimento.
A palazzo Chigi, così come al Quirinale, è tutto uno stappar bottiglie. Si elogia l'operato del governo, si ringraziano tutti, maggioranza ed opposizione, per lo "sforzo serio e collaborativo di tutte le forze politiche" (Prodi) e del Sismi, della sua organizzazione "raffinata ed efficiente" (sempre Prodi). Il percorso, a dire il vero, a me sembra molto chiaro adesso. Prima il voto al rifinanziamento della missione, poi l'invocazione di un tavolo di trattative a cui siedessero anche i Talebani (proposto da Fassino nei giorni scorsi ed appoggiato da tutta la sinistra). Infine la liberazione di alcuni prigionieri (i nostri sono prigionieri...) e quindi la liberazione dell'ostaggio (i loro sono ostaggi...). Tutto è bene quel che finisce bene, verrebbe da dire, però due considerazioncine mi viene da farle lo stesso. La prima la rubo direttamente dai commenti su questa vicenda che ho letto qualche giorno fa su l'Unità. Se le nostre forze politiche, come hanno fatto in questa occasione, lavorassero in maniera altrettanto 'seria e collaborativa' sempre, probabilmente oltre a Mastrogiacomo avrebbero salvato anche molte delle 200 e più persone che sono morte per incidenti sul lavoro dall'inizio dell'anno. Se riuscisse a venir meno quello spirito aberrante per cui fare politica significa far cadere il governo in carica, o fottere l'avversario politico comunque e dovunque, forse ci sarebbero molte più occasioni di stappar bottiglie per tutti. La seconda: abbiamo trattato coi talebani. Li abbiamo invitati ad un tavolo di trattative. Abbiamo prodotto un risultato, una volta tanto, positivo in un contesto di guerra. Come conciliamo tutto ciò con la presenza dei nostri militari laggiù? Io sono convinto che, seppur travisata da un contesto di guerra che catalizza l'attenzione di tutti e distoglie da problematiche più 'nostrane' ma egualmente tragiche (come appunto quelle della sicurezza sul lavoro), sono convinto che la soddisfazione e la felicità degli italiani e dei loro governanti per la liberazione di Mastrogiacomo, siano sincere. Perchè non perseguire la stessa soddisfazione e la stessa felicità e farsi promotori di iniziative che portino il nostro Paese avanti agli altri nella reale ricerca della pace, come più volte suggerito dallo stesso Gino Strada, invece di accodarsi sempre a chi manda avanti i cacciabombardieri anche alle riunioni condominiali? Se davvero siamo capaci di tanta 'serietà e collaborazione' varrebbe la pena provarci.


Fortunatamente stavolta non c'erano americani dal grilletto facile sul percorso che ha portato Daniele Mastrogiacomo fino all'ospedale di Emergency di Lashkargah...

Sunday, March 18, 2007

la missione di pace a mano armata

Lo dicevamo in un post precedente. La presenza militare italiana in Afghanistan non è improntata al semplice ‘peacekeeping’, ma per i nostri militari è previsto anche l’intervento in azioni di guerra, in violazione della Costituzione. I nostri politici si sbracciano a più non posso per cercare di negare questo dato di fatto ed hanno votato il rifinanziamento della missione sventolando bandiere arcobaleno a tutto spiano, battendosi al tempo stesso contro ‘orrori’ come il ddl sui DICO, vero pericolo per l’umanità. Dicevamo in un post precedente come la dislocazione territoriale del nostro contingente sia tale da mettere i nostri militari nella posizione di ‘cacciatori’ che attendono al varco ovest delle montagne afgane i talebani ‘stanati’ a sud dai bombardieri americani per finirli. Ed è esattamente quello che stanno già facendo, dal 14 marzo scorso, i militari del 66º Reggimento fanteria aeromobile “Trieste” di Forlì (comandata dal capitano Matteo Luciani), gli incursori di Marina del “Comsubin” e i parà del “Col Moschin”, insieme con i militari spagnoli della 1^ Brigata Cacciatori di Montagna “Aragòn”.
La notizia è stata divulgata dal portavoce militare spagnolo il quale ha anche precisato che questa operazione durerà fino ad Aprile inoltrato. Il nostro governo ha sempre smentito l’esistenza di attività di guerra di questo tipo, poi, dopo la diffusione della notizia dalla Spagna, sono arrivate le prime conferme “a mezza bocca” da parte del sottosegretario alla Difesa Lorenzo Forcieri che ha candidamente ammesso come l’Italia sia coinvolta in “un'operazione normale, condotta secondo le regole che sono state stabilite”. Stabilite da chi? Non certo dalla nostra Costituzione, anzi. E come mai le smentite iniziali? Perché ci è stato dato di sapere cosa stanno facendo i nostri militari solo dopo che si sono sbottonati gli spagnoli?
È un atteggiamento ipocrita. E soprattutto già visto in precedenza, quando il governo d’Alema tentava di giustificare le incursioni aeree italiane in Kosovo come operazioni di ‘difesa’ dalle postazioni missilistiche serbe presenti sulla costa adriatica. E come al solito a noi non è dato sapere. Come al solito si passa il tutto sotto silenzio. Viene da chiedersi se non sia il residuo di un ultimo senso di vergogna che li costringe a tacere su queste decisioni o se sia il disprezzo nei confronti di una cittadinanza che evidentemente non può e non deve avere voce in capitolo. Forse entrambi. Siamo diventati pericolosi per i nostri governanti e lo siamo ancora di più fintanto che continueranno a giungerci notizie come quelle sul tenente colonnello Juergen Rose, che fa parte dello Stato maggiore della quarta divisione della Bundeswehr e che ha fatto ‘obiezione di coscienza’ di fronte alla decisione del governo tedesco di inviare nuove truppe in Afghanistan (5 Tornado e 500 uomini), motivando la sua scelta con la chiara incostituzionalità della decisione presa. E lo ha fatto pubblicamente, dalla televisione pubblica.
Lui è stato immediatamente ‘tacciato’ di essere un disertore. Che sarebbe successo in Italia?
Peacereporter e l’Unità sono le fonti.

Wednesday, March 14, 2007

Fulmyne - Poveri noi

Notizia fresca fresca di oggi è che il governo ha deciso di spalancare le frontiere agli immigrati; in particolare a quelli laureati! Ma ce n’è davvero bisogno; di cervelli e manodopera che arrivi da fuori? Non sarà che magari le industrie, attraverso le solite pressioni politiche che sono ben in grado di gestire, sentono il bisogno di un altro po’di manovalanza a basso costo? Di quella non ce n’è mai abbastanza a quanto pare, mentre i nostri giovani laureati sono costretti ad emigrare, per non starsene a spasso.
Non sarà per caso che il governo ha bisogno di qualche voto (previsto dal disegno di legge) in più. Prima di continuare voglio sottolineare che io sono Fulmyne (non il mio amico Lesandro), e che lui non è responsabile di ciò che dico io; se non nella lieve misura dovuta alla possibilità che mi ha dato, di comparire saltuariamente sulla sua bella vetrina virtuale. Evidentemente il caro Lesandro ama il confronto, anche e soprattutto con uno come me, che ha una visione delle cose a dir poco intollerante. Qui volevo arrivare! Io sono intollerante, razzista, e un po’ razzomane. Nell’ordine vuol dire che ho poca pazienza con chiunque, che credo che le razze tra gli uomini esistano e abbiano peculiarità differenti, e infine ma non meno importante: che ognuno può fare ciò che crede opportuno a condizione che non pretenda di farlo “in casa mia”. Mi sono francamente rotto le palle di questo perbenismo mascherato da compassione che ignora i suoi figli (appunto) a favore del primo disperato (o peggio disonesto) che si infila in Italia fregandosene delle acque territoriali…
Non dico che non li rispetto questi disperati, ma semplicemente mi disturba fortemente la loro vicinanza; e gli effetti che la loro comunità in crescita esponenziale ha sulla società e sull’economia.
Dove vedo la soluzione del problema? Semplice; aiutiamoli ad aiutarsi nel loro paese.
Non mi sembra così assurdo! Dopotutto una volta un uomo disse: “Se dai un pesce ad un uomo mangerà una volta, ma se gli insegni a pescare…”

Tuesday, March 13, 2007

Eravamo tutti fratelli

Tante cose si possono dire di questo governo e del suo operato fino ad adesso, e quasi tutte, purtroppo negative. Ma anche nonostante questo è possibile trarre delle conclusioni positive da questo quasi-primo anno di governo Prodi. Una in particolare. Questo governo sta lentamente, ma in maniera sempre più palese, portando allo scoperto la vera anima delle parti politiche che lo compongono, e non solo. L’ala sinistra del parlamento, da Rifondazione Comunista a Mussi, ci sta provando. Rispetto del programma politico presentato in campagna elettorale senza se e senza ma, anche a costo di votare provvedimenti ‘a naso chiuso’, come quello sul rifinanziamento della missione italiana in Afghanistan. Alcuni non ci sono riusciti, come i senatori Turigliatto e Rossi. Troppo pesante è stato per loro il compromesso. Troppo stridente il contrasto tra quel voto e le proprie convinzioni personali. Hanno la mia comprensione, ma avrebbero dovuto pensarci prima. Era tutto già scritto nel programma che anche loro hanno accettato. Procedendo verso destra, le cose cominciano a farsi confuse. Ci si imbatte in un’area DS in cui non si capisce più bene quali siano le reali priorità da perseguire. L’amministrazione della cosa pubblica o questo fantomatico Partito Democratico? Alcuni dei Ministri che operano da questo distretto politico, uno su tutti, con mia profonda sorpresa, il Ministro degli Esteri d’Alema, stanno facendo bene. Ma è la politica Estera. Le sue linee sono state già tracciate in precedenza e fanno eccezione solamente quei casi straordinari, come il rapimento del giornalista Mastrogiacomo, che sono capitati lungo il percorso. Ma, a parte questi rari casi, sembra più che gli esponenti della coalizione che siedono in questa parte dell’emiciclo, da Fassino in giù, ma vale anche per il Presidente Prodi, siano troppo indaffarati a far nascere questo non meglio identificato PD, che nessuno sa ancora bene cos’è, ma che sembra tanto importante per loro. Un obiettivo da perseguire anche a suon di inciucioni se necessario, come suggerisce l’assordante silenzio del Governo su temi come il conflitto d’interessi o l’emittenza radiotelevisiva. Andiamo oltre. Dell’Italia dei Valori non abbiamo quasi più notizie. Il ministro delle Infrastrutture Antonio di Pietro è assente dalle principali testate giornalistiche da secoli ormai. Speriamo che sia perché è troppo impegnato a lavorare e perché il suo lavoro procede liscio, ma anche questo è un silenzio preoccupante. Ma è oltrepassato questo arco del Parlamento che ci si trova esposti alle rivelazioni più eclatanti. Dalla Margherita-Opus Dei di Rutelli-Binetti all’Udeur di Madre Mastella da Ceppaloni è tutto un rifiorir di buoni valori cattolici. Per l’ex-radicale Rutelli i Dico non sono una priorità. Ancora una volta folgorato sulla via di Damasco (ma forse è la Binetti che gli ha regalato un cilicio elettrico difettoso, di quelli ‘per un maggiore piacere del partner’), Rutelli, che parla in inglese sul web come Nando Meniconi, fa il possibile per ritardare la discussione sui Dico, smarcandosi con abilità da centravanti di fronte alle recenti manifestazioni di piazza. ‘Prima l’economia’, ‘prima il lavoro’…si vabbè…cioè? Ci manca solo che dica ‘prima la salute!!!’. E poi arriva lui, Mastella. Questo essere chimerico, mezzo Ruini e mezzo stronzo. È arrabbiato. Ma non per i Dico. È arrabbiato con Casini perché ‘cazzo avresti pure potuto dirmelo prima delle elezioni che volevi rifare la diccì…guarda in che casino mi trovo adesso!!!’. E ci prova a fare questo salto di qualità, ma si sforza di farlo come quello a cui non viene lasciata altra alternativa. La vittima. Dimentico del fatto che quel programma politico presentato in campagna elettorale l’ha sottoscritto pure lui. E la cosa triste è che sia i giornali che le televisioni lo aiutano non poco in questo. Oltre ovviamente al Vaticano, che proprio in questi giorni lo ha innalzato, attraverso l’Osservatore Romano, agli Altari della quasi-beatitudine, investendolo della nomina di ‘Difensore Ecclesistico dei Buchi di Culo Altrui’ (DEBCA). E forte è la milizia propagandistica che il clero ha messo a disposizione del Ministro. Offese, insulti, disprezzo a vagonate dalle colonne del giornale per quelle persone che domenica scorsa sono sfilate per le vie di Roma. La condanna della presenza di bambini alla manifestazione, quasi fossero stati usati come scudo da mostri omosessuali dediti ad ogni sorta di perversione. Curioso che la Chiesa si ricordi dei bambini solo in circostanze come questa e non quando i cattolicissimi elicotteri americani sganciano fosforo bianco su altri bambini, meno bianchi e più mussulmani. Poi oggi, la ciliegina sulla torta ce l’ha messa il Grande Ratzinger in persona, con magli perforanti, raggi protonici e via dicendo, che non solo ha DIRETTAMENTE richiamato alle loro responsabilità di cattolici i politici italiani (‘vai Clemente…sei tutti noi!!!’), ma ha anche concluso la propria esortazione apostolica sull’Eucarestia, suggerendo di reintrodurre il latino nelle celebrazioni religiose. Non si sa mai…i fedeli potrebbero capire che anche secondo Gesù Cristo siamo tutti fratelli…

Friday, March 09, 2007

Madre Mastella da Ceppaloni...

Davvero non vedevo l’ora ieri sera di sedermi davanti al mio laptop e seguire la diretta streaming di Annozero. Non sapevo nemmeno quale fosse l’argomento. Non sapevo si sarebbe parlato dei Dico. Pensavo invece che si sarebbe parlato di Afghanistan e già mi pregustavo le interviste della Jebreal (che invece non c’era ieri…zigh…). Invece si parla di omosessualità e diritti e l’ospite di turno e nientedimeno che il Ministro di Grazie e Giustizia Clemente Mastella…il nostro beneamato Ceppalonico. Quello che è accaduto ormai lo sanno tutti. Messo alle strette dalle domande sia di Santoro che di un ragazzo gay presente in studio, Mastella ha prima iniziato a trincerarsi dietro la più spaventosa delle sequenze di frasi fatte (salvo tacciare il ragazzo di ‘saccenza’ per essersi permesso di ricordargli la disparità di diritti attualmente presente tra eterosessuali ed omosessuali, o ricordare a Santoro che ‘non può metterlo in imbarazzo in quel modo davanti a tutti’…roba da matti), poi, prendendo spunto da una innocua quando divertente battuta di Vauro, ha alzato i tacchi e se n’è andato.
Non voglio entrare nel merito di che razza di animale sia il Ceppalonico. Lo conosciamo già tutti senza bisogno di soffermarsi ulteriormente sulla sua mediocrità. Sono i commenti di oggi che mi lasciano a bocca aperta. Le accuse piovono da tutte le parti. La trasmissione si trova sotto un fuoco incrociato che arriva da entrambe le sponde politiche ed anche dalla terza sponda, quella giornalistica. Santoro ha semplicemente messo il Dipendente Ministro di Grazia e Giustizia di fronte alle domande dei suoi elettori ed a quelle di chi è fatto oggetto di disputa parlamentare, nello specifico i gay e le lesbiche italiani. Questo, apparentemente, in Italia non è possibile. Persino dalle colonne del Corriere della Sera si leggono critiche a tutto spiano. Landolfi (e vabbè…), Cicchitto (e vabbè…), Casini, ma anche Carra (Margherita) e Monaco (Ulivo) sparano a zero sul conduttore.
Un giornalista che chiede spiegazioni ad un politico invece di limitarsi ad ascoltare la sua opinione, è un giornalista ‘arrogante’. Chiedere spiegazioni ad un politico equivale a metterlo ‘sotto processo’. Il servizio pubblico, secondo questi signori, dovrebbe limitarsi ai ‘panini’ telegiornalistici che hanno imbottito per anni i telegiornali di Mimun, riducendo l’informazione politica allo zero assoluto. Disgustoso, non riesco a commentarlo in altro modo. Starnazzano tutti come oche e nessuno che si soffermi un attimo a riflettere sul fatto che, alla fine dei conti, Santoro ha fatto semplicemente quello per cui era pagato. Informazione, approfondimento e, soprattutto, confronto con la gente.
Mastella, dal canto suo, si limita ad osservare che un dipendente pubblico che guadagna un milione di euro l’anno non dovrebbe criticare il governo che lo paga…la stessa identica accusa (peraltro falsa a detta di Santoro) mossa a suo tempo al giornalista da Don Totò ‘o Puparo’ Cuffaro…curioso no?

Fari nell Nebbia/4

Discarica di Korogocho, fuori Nairobi. L'ultimo stadio dell'essere umano. Si muore di tutto a Korogocho. Fame, violenza, AIDS. Soprattutto AIDS. A Korogocho vengono confinati tutti quelli che per via dell'AIDS non trovano posto o vengono cacciati dalle altre bidonville di Nairobi. A Korogocho vivono gli ultimi del pianeta. E' qui che per quasi 10 anni ha vissuto Padre Alex Zanotelli. Leggendo il libro 'Quello che non si doveva dire' di Enzo Biagi, mi sono imbattuto in un'intervista rilasciata dal missionario Comboniano al giornalista. Sentite che dice:
"[I paesi ricchi] Non stanno facendo nulla. Si è parlato di remissione dei debiti e non è ancora stato fatto nulla. Si è parlato di aiuti che non sono mai arrivati. Quando noi occidentali parliamo di solidarietà è meglio che ci tappiamo la bocca. Ho visto le ultime statistiche della Banca Mondiale: dal 1995 al 2000, i poveri di questo mondo hanno dato ai ricchi cinquanta bilioni di dollari di interessi annuali. Sono i poveri che finanziano i ricchi. Smettiamo di parlare. Sarebbe importante capire che il sistema economico deve essere radicalmente messo in discussione perchè, altrimenti, non farà che creare sempre più povertà e rendere i pochi ricchi sempre più ricchi e i tanti poveri sempre più poveri". E poi, rispondendo ad una domanda sull'uso del preservativo per rallentare l'epidemia ed alla posizione della Chiesa in merito, risponde "Io non contesto il magistero ecclesiale, sono un prete cattolico. Quello che chiedo alla Chiesa è il coraggio. Mi domando: 'perchè la Chiesa è così dura sul sesto comandamento, non commettere atti impuri, e non lo è sugli altri?'. Mi va bene che la Chiesa dica ad una donna che prende la pillola che non può fare la Comunione, ma perchè non dice a un ricco che ha i miliardi in banca e non fa nulla per i poveri, che non può accostarsi al sacramento? Questa è una violazione altrettanto grave, come la pillola. E' questa inconsistenza della Chiesa che mi fa male. Io chiedo raicalità: non solo sul sesso, ma sull'economia, sulla riconciliazione, sulla pace."

A casa mia, questa si chiama coerenza cattolica, e non genera mostri, non è l'oppio dei popoli, non è mai 'contro' qualcuno. E' 'per' qualcuno, ed illumina la via.

Consiglio a tutti il libro di Biagi.

Thursday, March 08, 2007

Superman è morto, Capitan America è morto...e anch'io non mi sento tanto bene...

Triste notizia per gli appassionati di fumetti, specialmente per quelli americani. La Marvel Entertainment, madre di decine e decine di supereroi che hanno ipnotizzato i lettori di tutto il mondo dal dopoguerra ad oggi, ha deciso di porre termine all’avventura di uno dei suoi figli più amati che negli ultimi sessantasei anni ha guidato innumerevoli battaglie e salvato svariate volte l’universo.
Capitan America muore.
Non sembrerebbe una notizia tanto sconvolgente a dire la verità. Ma diventa interessante se si considerano le modalità ed i tempi con cui questo personaggio, da sempre incarnazione di un concetto di libertà e patriottismo a stelle e strisce, viene accompagnato a miglior vita.
È stato arrestato. È sotto processo per aver osteggiato una legge del suo paese che vuole la ‘schedatura’ di tutti i supereroi. Il Nostro si ribella contro questa forma di discriminazione, si pone in contrasto col proprio Paese, e finisce in manette davanti ad un giudice, con tanto di maschera e scudo ‘stars&stripes’. All’uscita del tribunale, un cecchino al soldo del nemico di sempre, il Teschio Rosso (emanazione diretta del Terzo Reich), gli spara al torace ed allo stomaco, e addio Capitano.
Joe Simon, uno dei padri del personaggio, ideato nel 1941 insieme a Jack Kirby, ammette che ‘E' un pessimo momento per farlo morire. Proprio nel momento in cui ne abbiamo più bisogno’, riferendosi alle difficoltà in cui si trovano gli Stati Uniti sugli svariati fronti di guerra che li vedono impegnati.
Perché dunque una decisione del genere? Non sembrerebbe proprio che si tratti di un semplice (ma efficace) rilancio editoriale, come fu nel 1993 quando la DC Comics mandò al creatore Superman (salvo poi farlo resuscitare…cosa che si pensa accadrà anche per il nuovo deceduto). Per gli statunitensi infatti Capitan America e la bandiera del paese potrebbero benissimo essere scambiati. Sono simboli ugualmente importanti, fatti i dovuti paragoni. Tutti sanno quanto ci tengano gli americani a questo genere di cose.
Il contesto, a dire il vero, è quello del ‘ribelle’ che viene umiliato e schiacciato dallo stesso establishment che prima difendeva. Forse che gli autori hanno voluto esprimere il proprio rifiuto nei confronti di una amministrazione che non esita ad infangare con le proprie iniziative militari quegli ideali di libertà e patriottismo che invece dovrebbe difendere? Potrebbe essere una spiegazione, ma altre, a noi maligni, ne vengono in mente. Ed allora pensiamo ad un ultimo tentativo che serva sia a distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica dalle decisioni che vengono prese in questi giorni riguardo all’escalation militare americana sul teatro afgano, sia a rinvigorire l’enfasi per quei simboli a stelle e strisce sotto cui non solo il personaggio dei fumetti operava, ma anche i militari reali che agiscono in medio oriente. Veicolando l’opinione pubblica verso una accettazione acritica delle iniziative militari già prese o da prendere nel prossimo futuro. Non sarebbe la prima volta che succedono cose del genere. Già Reagan intuì l’importanza di questo tipo di messaggi.
Come che sia…non mi toccate l’Uomo Ragno!!!

Wednesday, March 07, 2007

L'oppio del popolo

Durante il mio girovagare in rete mi sono nuovamente imbattuto in una di quelle notizie che uno si aspetterebbe di ascoltare o leggere a ripetizione nei telegiornali e nei giornali nazionali, ma che invece vengono sempre taciute. Ho cominciato leggendo come alcuni parlamentari italiani abbiano proposto l’acquisto dell’oppio afgano per rifornire le case farmaceutiche che producono sostanze antidolorifiche e lasciare a bocca asciutta il narcotraffico. Leggendo qua e là, vengo a sapere che una idea del genere era stata già ‘bollata’ dall’ufficio delle Nazioni Unite in carica di questi problemi, in quanto non solo il narcotraffico paga meglio di quanto farebbero le case farmaceutiche, ma anche perché la produzione di morfina ad uso terapeutico potrebbe coprire solo meno di un terzo della produzione afgana. Per decenni i talebani hanno sovvenzionato le proprie attività militari grazie ai proventi dell’oppio. Ed allora mi sono chiesto: noi stiamo per rivotare il prolungamento della nostra missione in Afghanistan, gli USA scatenano escalation militari portentose nella loro caccia al talebano, rovesciando milioni di cluster bomblets in testa ai civili, tutti spendiamo miliardi in armamenti. Ma qualcuno che prova a tagliare le gambe ai talebani distruggendo le coltivazioni di oppio ci sarà no? Qualcuno che abbia focalizzato questo punto come un punto chiave per la risoluzione di questo conflitto…che ne so, d’Alema (scherzo èh?...), o la Rice, o magari Hamid Karzai, il presidente afgano tanto amico dell’occidente, sempre in tivvù col colbacco ed il cappotto con le maniche legate dietro la schiena. Invece di spendere miliardi di miliardi in armamenti, si innaffiano di diserbante tutti i 164mila ettari coltivati a papavero del paese e con i soldi ci si pagano i contadini, o li si aiuta in qualche altra maniera. E il talebano, così come il narcotrafficante, è bello che fottuto…no? Dunque? Il Presidente Karzai tempo fa iniziò una campagna di ‘bonifica’ spedendo una manciata di soldati e poliziotti a distruggere le coltivazioni con…bastoni e trattori!!! 164mila ettari di campi con bastoni e trattori…e contadini incazzati come bisce che ne hanno spediti al creatore già diversi. Morale, la produzione di oppio del 2006 è cresciuta del 59%, e per il 2007 si prevede un ulteriore incremento. Non mi tornano i conti. Può un uomo essere così idiota da pensare di tagliare una per una le piante di oppio di 164mila ettari di coltivazioni? Oltretutto sapendo, come sanno tutti da quelle parti, che se si taglia solo la pianta ma non si distrugge la radice, poi il papavero ri-germoglia immediatamente? Dov’è la risposta? La risposta è nei memory stick (le pennine USB che si usano come drive esterni) trafugati circa un anno fa dalla base militare USA di Bagram. Gli afgani, vuoi le donne delle pulizie o comunque personale afgano ammesso all’interno della base, si sono fregati questi drive, piccoli e facilmente nascondibili, e se li sono rivenduti nei bazaar locali, dove alcuni giornalisti del Los Angeles Times sono riusciti a ricomprarli per una ventina di dollari l’uno. Tra i tanti dati contenuti in questi drive, alcuni dei quali classificati come ‘top secret’ (ad esempio quelli relativi alla volontà statunitense di emarginare o ‘zittire’ alcuni politici dell’amico Pakistan!!!), anche molte informazioni riguardo ai trafficanti di alto bordo della zona. Governatori, il capo della sezione narcotici della polizia afgana, il capo di stato maggiore della difesa…fino al boss dei boss, Walid Kazrai, fratello del Presidente in carica. Stando a quanto si dice (perchè ovviamente in Afghanistan non avevano bisogno dei drive USB americani per sapere tutto questo), quest’individuo, ben conoscendo le rotte che, attraverso il deserto portano la droga in Turchia e Pakistan e piazzando (o facendo piazzare) posti di blocco nei posti giusti, riuscirebbe ad impossessarsi dei carichi ed a rivenderseli in tutta tranquillità, senza neanche prendersi il disturbo di pagare il raccolto a un contadino.
Ancora una volta da Peacereporter, il reportage completo, datato aprile 2006, che descrive la narcomafia afgana. Leggetevelo

Monday, March 05, 2007

Opus Diabuli

Doveva essere una semplice lettura informativa la mia. Per cercare di capire cosa fosse esattamente questa Opus Dei, divenuta tanto famosa dopo l’uscita, nel 2003, del famoso ‘Codice da Vinci’ di Dan Brown. Ed invece, ‘Opus Dei segreta’ (Biblioteca Universale Rizzoli), di Ferruccio Pinotti (giornalista ex-CNN, ex-International Herald Tribune, attualmente scrive su ‘L’Arena’), si è rivelato essere un horror in piena regola. È un libro di interviste. Interviste fatte ad ex-numerarie ed ex-numerari dell’Opera, ovvero ex-membri ‘laici’ (il virgolettato è d’obbligo…) dell’Opus che hanno vissuto in essa all’insegna del triplice voto di castità, povertà ed obbedienza, prima di riuscire ad allontanarsene, generalmente in condizioni psicologice, fisiche ed economiche pietose.
Un horror che parla di ‘brainwashing’, lavaggio del cervello, annientamento della personalità, schiavitù psicologica e materiale, ladrocinio, truffa, adescamento di minori, cilicio e frusta, breakdown psicologico e purtroppo anche suicidio. Il peggio spetta alle donne, specialmente alle ausiliarie, schiavizzate a vita nel ruolo di domestiche per le case dell’Opera. Si descrivono nel libro, sempre per bocca di ex-membri, le procedure di reclutamento di nuovi adepti, sempre giovanissimi (14-15 anni…in barba alle leggi della Chiesa). L’uso di una finta amicizia, tanto agognata a quell’età, al solo scopo di raggiungere la quota di reclutati. L’obbligo dei numerari di intestare TUTTO quello che possiedono all’Opera, stipendio incluso. La ricerca di un progressivo allontanamento dei numerari e delle numerarie dalle proprie famiglie. La selezione dei ‘pitabili’ (ovvero le persone adatte ad entrare nell’Opera) in base alla ricchezza ed al titolo di studio. Le enormi quantità di denaro fatte pervenire all’Opera dalle migliaia di Fondazioni ad essa collegate (oltre che dai beni personali degli iscritti). I bilanci dei centri truccati o falsificati. La presenza di numerari nei posti chiave della politica e dell’informazione (il portavoce di Giovanni Paolo II Joaquin Navarro Valls, o la neoeletta deputata della Margherita PAOLA BINETTI, tanto per citarne alcuni…ma anche moltissimi altri politici in sudamerica e negli USA). Il disprezzo per i sacerdoti ed i parroci ‘normali’ (l’Opus Dei, in quanto Prelatura personale ha i propri sacerdoti…). L’obbligo alla castità imposto ad adolescenti, così come quello alla frusta (la ‘disciplina’; una volta alla settimana) ed al cilicio (due ore al giorno).
Tecniche di adescamento, di persuasione e di indottrinamento dei membri degne del miglior Stalin che vivono ed operano ai nostri giorni, nelle nostre città, in maniera del tutto anonima e di fronte ad una Chiesa che non riesce, o non vuole, porvi rimedio. Una setta vera e propria. Una chiesa nella Chiesa.
Un libro che dovrebbero leggere tutti, specialmente tutti i padri di famiglia, per proteggersi e per proteggere i propri figli da questo abominio religioso moderno, purtroppo già dotato di una capillarità territoriale sul pianeta che non sospettavo. Da visitare anche il sito dell’ODAN, il network di denuncia ed informazione gestito da ex-membri dell’Opera, da dove, tra le altre cose, è possibile scaricare la lista dei libri recensiti dall’Opera stessa, marcati con un voto da 0 a 6 per descrivere libri a cui i membri possono avere libero accesso (lo 0) e libri invece assolutamente proibiti (il 6). Bertrand Russel, Emile Zola, Cesare Pavese…persino Andrea Camilleri vengono considerati alla stregua di demoni (tutti 6). Giulio Andreotti invece lo considerano una specie di angioletto (tutti 1)…chissà come mai!
Da non perdere, anche perché rappresenta la prima testimonianza scritta di ex-membri italiani.

Thursday, March 01, 2007

La globalizzazione del martirio



A più riprese, il simpatico presidente americano Gorge W. Bush, ha sottolineato come l’invasione dell’Iraq da parte della NATO abbia portato ad una significativa riduzione del terrorismo. Questo punto di vista è stato spesso ripreso anche in altri paesi da svariate testate giornalistiche, a giustificare la nostra presenza militare in quel paese. Partendo da un articolo su Peacereporter, mi sono imbattuto nel lavoro di due ricercatori americani, Peter Bergen e Paul Cruickshank del Center on Law and Security della New York University School of Law. Si intitola ‘The Iraq effect’ ed è una analisi sociologica e statistica delle variazioni subite da diversi parametri legati alla jihad (numero di attentati, vittime, supporto agli USA ecc.) tra il 12 settembre 2001, ovvero il giorno dopo l’attacco alle torri gemelle, ed il 20 marzo 2003 (giorno dell’invasione NATO) e tra il 21 marzo 2003 ed i giorni nostri, al fine di isolare e quantificare l’effetto della guerra in Iraq sull’attività terroristica jihadiana. I risultati sono un tantino in antitesi con le affermazioni di Bush…
Dal lavoro di questi due ricercatori risulta che l’attività terroristica della jihad islamica ha segnato, dopo l’invasione dell’Iraq, un aumento del 607% in termini di media per anno di attacchi ed un aumento del 237% in termini di morti provocate, se si includono nel conteggio anche lo stesso Iraq e l’Afghanistan. Escludendo questi due paesi, tutt’ora sotto occupazione militare e quindi più suscettibili di attentati, si assiste comunque ad un incremento del 35% nel primo parametro (media annua di attentati) e del 12% nel numero di morti causate. Sottolineo come questi conteggi, basati sui dati ottenuti dal più grande database mondiale sul terrorismo (http://www.terrorismknowledgebase.org/), non includano l’attività di gruppi terroristici legati o riportabili all’Islam in generale, quali potrebbero essere gruppi ceceni o palestinesi nell’ambito del conflitto con Israele, ma sono relativi all’attività di gruppi jihadisti che rivendicano i propri attentati nel nome della guerra santa contro i ‘crociati’ occidentali.
In pratica si sono riscontrati aumenti dell’attività terroristica principalmente in Europa e nel mondo arabo. Leggeri aumenti anche in Pakistan, India e Russia, mentre l’Asia è l’unico posto in cui si è registrata una diminuzione degli attacchi. Fenomeno questo che, a detta dei due ricercatori, non è avvenuto a causa della guerra in Iraq, ma ‘nonostante’ la guerra in Iraq e sembra in parte essere dovuto sia agli aiuti umanitari che gli USA hanno mobilitato a seguito dello tsunami che colpì il sud-est asiatico, sia al fatto che precedenti attentati, specialmente in Indonesia, avevano causato numerose vittime tra i mussulmani stessi, generando un moto di antipatia verso il fondamentalismo originato dentro la stessa comunità islamica. Le variazioni nei livelli di attività terroristica nei diversi paesi sembrano essere legate a fattori come la presenza in Iraq di truppe del paese bersaglio, la vicinanza geografica all’Iraq ed ideologica ai gruppi jihadisti ed il tasso di interscambio culturale tra questi ed i mussulmani del paese bersaglio. Per queste ragioni il problema sembra essere particolarmente serio in Arabia Saudita, grande alleato degli Stati Uniti che però generà una percentuale altissima di terroristi che agiscono oltreconfine, nello stesso Iraq. Questo è, a detta dei due ricercatori, un secondo momento di evoluzione del terrorismo jihadista. Ovvero la capacità di reclutare attivisti in paesi anche distanti. La guerra in Iraq ha portato ad una forte galvanizzazione della jihad in tutto il mondo (tranne che in Asia a quanto pare) e, come conseguenza, da tutto il mondo arrivano nei campi di addestramento del medio oriente persone desiderose di unirsi alla jihad, essere addestrate e poi rimandate indietro nei paesi di partenza per farsi saltare in aria. ‘The globalization of martyrdom’, la globalizzazione del martirio, significativo contrappasso a quella del mercato che ha causato tutto questo stato di cose.
Il trattato si trova online sul sito Mother Jones, e merita di essere letto, seppur in inglese, per avere un idea di questi fenomeni e delle gran balle che l’amministrazione americana ci propina quotidianamente. Almeno al 99%. Si perché un fondo di verità in quello che dice Bush c’è. C’è stata davvero una diminuzione degli atti di terrorismo dopo l’invasione dell’Iraq, ma non in tutto l’occidente…solo negli Stati Uniti, o solo per gli statunitensi, dal momento che dall’inizio di quella guerra solo 18 ne sono morti per mano dei terroristi. La ‘preemptive war’ ha funzionato, non c’è che dire!