“Danceur, viveur, play boy, pilota a tempo perso”. Così lo descriveva Enzo Ferrari. Clay Regazzoni è morto ieri in un incidente d’auto sull’autostrada A1. Nonostante la macchina su cui viaggiava sia distrutta, sembra che le lesioni riportate dal pilota non siano compatibili con il decesso, per cui i medici sospettano che possa avere avuto un malore alla guida. Non era un campione irresistibile Regazzoni. Non era uno Schumaker o un Senna. Cinque in tutto i GP vinti dal pilota. Però cinque GP unici, come quello di Monza nel 1974. Erano altre le cose che lo rendevano unico. La voglia di vivere, il coraggio e la passione per i motori che lo lasciarono inchiodato al volante delle macchine da corsa anche dopo il terribile incidente di Long Beach del 1980, in cui il pilota riportò lesioni al midollo spinale che lo costrinsero sulla sedia a rotelle. Il carattere da ‘svizzero-napoletano’, come dice Montezemolo, che ne faceva il beniamino dei box sia durante le gare che fuori dall’autodromo. L’onestà e la sincerità di chi le cose le dice in faccia, come invece ricorda Niki Lauda sul Corriere, che proprio per questo spesso si scontrava con l’amico quando correvano insieme per il team di Maranello, sempre negli anni ’70.
Automobilismo di altri tempi che scompare. Quello delle F1 con la leva del cambio ed i pedali, con le anteriori più piccole ed i ‘baffi’ enormi. Quello dei sorpassi. Quello del ‘Drake’ ai box a discutere coi piloti. Di questo Clay Regazzoni è stato simbolo, oltre che della Ferrari di quei tempi, fino allo schianto di ieri. Per noi da oggi la F1 è un po’ più fredda. Un po’ più ‘elettronica’ ed impersonale. Per lui…bèh…semaforo verde…
No comments:
Post a Comment