Alla fine il buon Khaled non ce l’ha fatta. Negato il visto d’ingresso in Iran, non ha potuto partecipare alla conferenza organizzata dal governo iraniano sulla Shoah. E così, nella nebbia più fitta, membri del KKK, nostalgici hitleriani (come lo psichiatra tedesco Benedict Frings), fondamentalisti dell’antisemitismo islamico più 5 rabbini ultraortodossi (strano ma vero, 5 ebrei che non riconoscono lo stato di Israele) ed un pirla italiano (Leonardo Clerici, nipote dell’artista futurista Marinetti) hanno potuto portare avanti la loro vergognosa conferenza negazionista, argomentando scivolosamente le proprie assurde convinzioni e tentando di ridipingere la pagina più scura della nostra storia contemporanea con una tinta, se possibile, ancora più nera. Vere perle di follia quelle che si sono ascoltate. Lo psichiatra tedesco, con tanto di cravatta del Reich, elogia la conferenza come “primo passo verso la guarigione dal senso di colpa” ad esempio, mentre il ‘filosofo islamico’ Clerici si ingegna per contestare la storicità della Shoah asserendo che la parola Olocausto significa “sacrificio a Dio”, mentre invece lo sterminio degli ebrei avvenne nell’ambito di “un conflitto civile europeo”. Tutto sommato Pacciani avrebbe fatto più bella figura.
23 sono stati i relatori che hanno rifiutato di partecipare a questo scempio della storia. Per lo più europei. Mi domando se abbiano fatto bene o se la loro presenza non avrebbe potuto essere utile per contrastare questo genere di follia storica. Magari al loro posto avrei provato lo stesso sdegno.
Ma non tutto il male viene per nuocere comunque. Questa vicenda ha suscitato parecchi commenti e mi ha fatto piacere leggere quelli di una donna in particolare. Hanan Ashrawi, parlamentare palestinese e portavoce della Lega Araba condanna senza se e senza ma la conferenza di Teheran, e lo fa con le stesse parole di Mahameed. ”Chi, come noi, è vittima della storia non può pensare di avere effimere rivincite violentando la storia” afferma “Non si ottiene giustizia per sé ferendo la memoria collettiva dell'altro. Altra cosa è la responsabilità delle classi dirigenti israeliane nell'aver inteso riscrivere la storia di questi ultimi 60 anni (dalla nascita dello Stato d'Israele) a proprio uso e consumo. Emblematico in tal senso è l'affermazione di Golda Meir secondo cui la Palestina era "una terra senza popolo per un popolo senza terra". Cancellare dalla storia il popolo palestinese non è certo un servizio reso alla verità né un incentivo al dialogo. Perché un dialogo, per essere davvero produttivo, deve necessariamente partire dal riconoscimento dell'altro da sé”
Grazie comunque Mr Mahameed per aver tentato.
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