Wednesday, December 13, 2006

Il danno della malattia e la beffa dell'ipocrisia








Oggi il Parlamento ha accolto e votato l’introduzione del reato di tortura nel codice penale italiano. La legge prevede pene da 3 a 12 anni per chi mette in atto pratiche di tortura, pena raddoppiabile se queste pratiche portano alla morte della persona torturata. Accogliendo un emendamento dell’opposizione, questa legge è stata completata abolendo l’immunità diplomatica per quei cittadini stranieri che si siano macchiati di questo crimine e siano sotto processo in altri paesi.
Che dire? Era ora! Colmare questa lacuna ci riporta un passo avanti in fatto di diritti umani e ci consente di guardare dall’alto in basso quei paesi che, più o meno dichiaratamente, ancora consentono l’uso di pratiche inumane durante la detenzione o l’interrogazione di detenuti. Sembrerebbe quindi un passo avanti notevole per il nostro Paese, anche alla luce della natura pressoché plebiscitaria con cui questa legge è stata votata in parlamento. L’articolo 613-bis è stato votato da 466 si ed 1 no (che andrebbe pubblicizzato un po’ di più a mio avviso. Chi è questo signore che ha votato contro? E perché?).
Eppure, leggendo le varie caratteristiche di questa legge, leggendo come essa punisca chi “con violenza o minacce gravi, infligge ad una persona forti sofferenze fisiche o mentali” non riesco a non pensare a Piergiorgio Welby. Non sarebbe configurabile nel suo caso il reato di tortura? Non è egli costretto alla sofferenza fisica e mentale da persone che pretendono così di imporre il proprio punto di vista egoistico ed ortodosso? Insomma, quest’uomo è costretto a soffrire in nome di dogmi religiosi e pseudo-ideologie che supportano l’ala clerico-conservatrice della politica italiana. Privato dei propri diritti di uomo e sopraffatto dalla malattia, non ha difese contro chi pretende di avere voce in capitolo sulla sua stessa esistenza, ed è costretto ad aspettare passivamente, soffocando ogni giorno di più, i tempi imposti da un tribunale che, vigliaccamente, prende tempo, aspettando una fine tanto imminente quanto dolorosa, vittima anch'esso di un imbarazzo estremo.
Trovatemi una differenza, anche una sola tra Welby ed i vari corvacci che dissertano su di lui ed uno qualsiasi dei prigionieri di Guantanamo bay o Abu Ghraib. In entrambi i casi ci sono uomini soli che, impotenti, devono assistere al proprio massacro ad opera di terzi ed in entrambi i casi questo avviene principalmente per motivi che nulla hanno a che vedere con la sicurezza della comunità. In entrambi i casi è il dogma che schiaccia, sia esso quello politico dei neocon americani o quello pseudo-religioso del vaticano. Forse cambiano gli strumenti, ma la sostanza rimane la stessa. Anzi, per lo meno i militari che hanno torturato i prigionieri nelle carceri NATO non si sono poi mascherati da benefattori del genere umano ed anzi spesso sono stati chiamati a pagare per i loro reati. Welby invece viene a trovarsi nella situazione paradossale di dover assistere, oltre al proprio doloroso declino, anche alla santificazione dei propri aguzzini. Oltre il danno la beffa.

No comments: