Saturday, October 20, 2007

Il Govelno Plodi

Riccardo Levi ed il suo ddl nazi-cinese sulla SCHEDATURA dei blog (a pagamento). Schedatura che comporta non solo oneri burocratici ed economici per l’iscrizione in questo famoso registro, ma anche legali, dal momento che il blogger finirebbe per diventare legalmente responsabile di tutto quanto appare sul suo blog, commenti inclusi. Oggi il ministro Gentiloni, quello che crede che spostare rete 4 sul satellite significhi mandare in orbita Emilio Fede e pertanto legifera in materia insieme alla NASA, afferma che i blog non verranno toccati dal ddl Levi sull’editoria e che il testo di quel ddl verrà emendato in parlamento per restringere gli obblighi di iscrizione al registro, ai soli giornali online (il che significa che probabilmente il blog di Grillo non verrà risparmiato). Prima di leggere queste affermazioni, ero incazzato come un bradipo a cui avessero tagliato l’unico albero nel raggio di 30 km. Mi ripetevo che nemmeno Berlusconi era mai arrivato a tanto e che solo nella peggiore delle dittature si sarebbe potuto pensare di assistere ad una roba del genere. E facevo paralleli mentali tra l’Italia e la Cina, dove l’accesso a determinati siti internet, con il benestare dei principali motori di ricerca internazionali, è ristretto o impedito. Ma proprio pensando a questo esempio mi è saltato agli occhi un paradosso. In Cina i siti vengono oscurati e basta. Qui si chiede una ‘registrazione’. Una registrazione di cosa? Mettiamo che sia possibile considerare un blog come un giornale quotidiano. Per essere iscritto in un registro nazionale, questo giornale deve essere pubblicato in Italia. Non mi risulta che l’Herald Tribune o l’Independent si preoccupino più di tanto del ddl Levi infatti. Questo, teoricamente, danneggerebbe tutti i blogger che scrivono su un dominio .it (vedi il ‘cannocchiale’ ad esempio). E tutti gli altri? Blogspot, splinder, wordpress e via dicendo, non sono domini italiani. Non sono in Italia. A che titolo il Governo italiano chiederebbe una registrazione (a pagamento) per dei giornali che vengono pubblicati da un editore straniero? Forse che è sufficiente che il giornale sia in italiano?

Non sono ancora riuscito a leggere il testo del ddl. E devo dire che le parole di Gentiloni (ma anche di altri) non mi rassicurano per niente. Soprattutto se si considera l’intransigenza e la sicumera di Levi. In più di un’occasione le rassicurazioni di questo governo sono state seguite da sonore bastonate. Senza contare che l’approvazione di un ddl del genere segnerebbe la fine del consenso per questo governo e farebbe la felicità dell’opposizione che potrebbe pertanto decidere di votarlo all’unanimità. Perciò, nel dubbio, io prima aderisco alla campagna lanciata da Gianfalco, poi mi ‘candido’ e dico ai blogger che mi conoscono:

"Hai un blog ma questa massa di cialtroni criminali che TI governano non ti permette di usarlo? Manda a me i tuoi post…LI PUBBLICO IO!!!" Io nemmeno ci abito più in Italia. Sono ufficialmente residente nel Regno Unito dove un ddl del genere non verrebbe presentato nemmeno sotto tortura!!! Come si dice…fatta la legge nazi-cinese, trovato l’inganno.

12 comments:

Anonymous said...

Ci avevo scritto un post. Poi, l'ho cancellato :D
"Il punto fisso intorno al quale ruotano tutti i discorsi sulla regolamentazione di Internet è che la sua essenza transnazionale rende inefficace qualsiasi normativa statale".

La natura tecnologica del sistema (le cui parti e componenti sono di proprietà di pubblici e privati, e attraversano stati e continenti) consente di aggirare più o meno facilmente qualsiasi limitazione che possa essere introdotta da un singolo paese. Le leggi si applicano ai territori, ed internet non lo è. Internet è una struttura logica. Di fatto nessun serio tentativo è stato compiuto fino a oggi in questa direzione, forse nella consapevolezza di una realtà innegabile: se un certo numero di stati non si adegua a regole minime comuni possono sorgere "paradisi telematici" dai quali può essere aggirata qualsiasi normativa nazionale. Accade con i "paradisi fiscali", ma nel caso della Rete il fenomeno può avere conseguenze molto più gravi. Creare un precedente può essere dunque molto, molto pericoloso.

"La caratteristica più importante del sistema di regole che governa Internet è che esso non fa riferimento ad alcun sistema giuridico riconosciuto come tale dalle convenzioni internazionali".

Cioè, non esistono norme che regolino Internet al di sopra delle sue interne. E' vero che in ogni paese in cui operano soggetti collegati alla Rete esistono leggi che i soggetti stessi devono rispettare, ma per la applicabilità di queste alla rete occorrerebbe un accordo transnazionale su quella specifica normativa. In altri paesi, di fronte alla motivazione della possibilità di accusare i bloggers del reato di diffamazione a politici italiani, non si farebbero delle grasse, enormi, risate? Nei paesi in cui ci sono normative statali specifiche (per esempio in Cina), l'uso della rete non è libero, e non a caso sono nazioni il cui ordinamento non può essere definito democratico. Nella misura in cui nel nostro paese questa libertà si voglia ancora auspicabilmente concedere, i margini di ambiguità del disegno di legge non devono essere visti solo come pericolo generico di incorrere in sanzioni. I giornali si registrano in tribunale e certificano luogo e anno di pubblicazione, nome e domicilio dell’ editore. Nel caso di un blog su internet, il luogo non esiste, ed il nome e domicilio, non stabilendo giuridicamente un confine fisico, non sono immediatamente individuabili. A questo punto potrebbero essere i provider, ad incorrere nelle sanzioni in quanto divulgatori di "stampe o stampati pubblicati senza l'osservanza delle prescrizioni di legge". Per aggirare l’ostacolo, basterebbe ricorrere a provider stranieri. Che sarebbero ben lieti di entrare nel mercato di Telecom a rosicchiare un po’ di rendita.

Fonte: InterLex®

Gerypa said...

Di questo passo, più che ospitare post dovrai aggiungere posti letto a casa...

Anonymous said...

Credimi, c'ho la bava alla bocca: sto addirittura rigando i giorni sul calendario fino al fatidico giorno dell'"evasione"...
Ma, con molta probabilità, dopo aver varcato il confine alpino, non credo riuscirò ad aprire un blog per continuare a disquisire delle solite "merdate da repubblica delle banane".
Devo ammettere che te hai un gran coraggio...
;-)

Anonymous said...

Di questo passo, a furia di far polemiche anche sui gesti di protesta, ci terremo per sempre le nostre "merdate da repubblica delle banane" (Cit.)

Beato te, Alessandro.

Lesandro said...

Il fatto è che più vivo all'estero, più m'incazzo per come si vive in Italia, più scrivo sul blog.
Sarà l'invidia che provo ad osservare con quanto orgoglio altre persone parlano dei rispettivi paesi (gli inglesi poi...non farebbero altro), ma non ero così arrabbiato quando ancora vivevo a Roma.

@Gery. sono pronto allo 'sharing' estremo

Anonymous said...

Diciamo che fondamentalmente il problema vero risiede nel fatto che i nostri politici non riescono proprio a capire cosa significhi internet.

Ma volendo una maniera per legiferare si trova, magari legando il vincolo e la registrazione alla residenza del pubblicante.

In quel caso non ci resterebbe che prendere dei server all'estero e scrivere mantenendo un assoluto segreto sulla nostra identità reale.

Che dite fondiamo carboneria.info ?

Anonymous said...

"ma non ero così arrabbiato quando ancora vivevo a Roma"

Vivo a Roma, e mi girano, e pure di parecchio, cioè rischio il decollo...Sul serio!

Anonymous said...

Bene, fondiamola.
Iniziamo dal virtuale
:)

Lesandro said...

Da Wikipedia:
"Il nome "Carboneria" derivava dal fatto che i settari dell'organizzazione avevano tratto il loro simbolismo ed i loro rituali dal mestiere dei carbonai, ovvero coloro che preparavano il carbone e lo vendevano al minuto. Come in ogni società segreta, chi si iscriveva alla Carboneria non ne doveva conoscere tutte le finalità fin dal momento della sua adesione: gli adepti erano infatti inizialmente chiamati "apprendisti" e solo in seguito diventavano "maestri" e dovevano impegnarsi a mantenere il più assoluto riserbo, pena la morte."
...
magari un fan club? o un meetup? sarei molto più tranquillo. Non per niente, è la terminologia che mi preoccupa...

Mazzinandro

Anonymous said...

Stavo per dire ci sto ma non nominatemi Mazzini.....
:D

Anonymous said...

Comunque,Lesandro, t'è andata di lusso.
Visto che sono l'unica a chiederti di pubblicarla, Buckingam Palace non servirà...

Lesandro said...

Ora mi tocca disdire con Elizabeth...speriamo mi restituiscano la caparra.