Credo di poter vantare il primato di essere stato forse tra i primi italiani a vedere il lungometraggio di Al Gore “An Inconvenient Truth”, sui rischi corsi dal nostro pianeta in seguito all’inquinamento atmosferico. Lo ordinai su internet, la versione in inglese, ben prima che “Una Scomoda Verità” venisse messo in vendita in Italia. Questo documentario, agghiacciante per quanto spietato nel presentare una terribile realtà di fatto, è valso all’ex ‘prossimo presidente degli Stati Uniti’, come lo stesso Gore si presenta in apertura del filmato, molti riconoscimenti e premi, tra cui un Oscar per il miglior documentario e, recentemente, un premio Nobel, vinto insieme al Comitato Intergovernativo per i Mutamenti Climatici dell’ONU. Ora il problema è che questo Nobel è un Nobel per la Pace. Chiaramente , il riconoscimento è arrivato in seguito all’intenso lavoro di informazione fatto da Gore, non solo con il suo documentario, ma anche con pubblicazioni e libri precedenti ad esso. Un lavoro eccellente in verità. Ma forse sarebbe stato il caso di premiarlo, perché no, con un Nobel per l’Ambiente (che non esiste in verità, ma non sarebbe male istituirne uno). Già perché con la Pace, il buon Al non ha poi molto a che fare. Come vicepresidente dell’amministrazione Clinton infatti, è stato protagonista di svariate operazioni di guerra in Iraq, Somalia, Sudan ed Afghanistan, quasi tutte scatenate in risposta ad atti di terrorismo. Ad eccezione di quella forse più famosa. Quella in Kossovo, dove i depositi di uranio impoverito vennero tranquillamente svuotati in testa alla popolazione civile e militare, con i risultati che oggi tutti conosciamo (alla faccia dell’ambientalismo). Bombe insomma. Anche Gore ne ha sganciate parecchie. È paradossale che debba oggi ricevere in nome della Pace un premio intitolato a chi scoprì l’esplosivo e ne capì immediatamente sia l’utilità che la pericolosità. Un premio, oltretutto, ampiamente meritato, seppur in un campo decisamente diverso.
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