Nel 1994 abbiamo assistito ad uno degli spettacoli più raccapriccianti e disgustosi che siano mai avvenuti sul nostro pianeta. Sotto lo sguardo impassibile del cosiddetto ‘occidente’, ed anzi con la sua benedizione, il 6 aprile del 1994 i ribelli Hutu cominciavano il massacro dei Tutsi, quei watussi (dallo swahili wa Tutsi che significa appunto ‘i Tutsi’) a noi tanto cari durante i micidiali balli di gruppo anni ’60. La tensione tra i due gruppi ha origini antiche ma in era moderna si era notevolmente affievolita. Venne ridestata dai Belgi, quando il paese era sotto il loro mandato, che richiesero la diversificazione anagrafica, allo scopo di identificare e privilegiare i ricchi Tutsi. Sopravvisse alla dichiarazione di indipendenza del Rwanda (1° luglio del 1962) e sfociò in un colpo di stato che portò a capo del governo il generale Hutu Juvenal Habyarimana, che governò in regime dittatoriale dal 1973 al 1994. Il 6 aprile di quell’anno infatti, l’aereo su cui viaggiava Habyarimana venne centrato da un terra-aria. Chi sia stato il responsabile di questo omicidio, nessuno lo sa per certo. Sta di fatto che gli Hutu non la presero proprio bene e cominciarono a mettere in atto una delle pulizie etniche più rapide ed efficienti mai viste. All’incirca un milione di persone, tra Tutsi e Hutu moderati, vennero macellati tra il 6 aprile e la metà di luglio del 1994. La storia di quei giorni è stata magistralmente raccontata nel bellissimo ‘Hotel Rwanda’ di Terry George. Durante questi 4 mesi l’ONU non fece assolutamente niente. Nemmeno il riconoscimento del genocidio venne approvato, grazie al veto posto dagli USA. Francia e Belgio si limitarono a spedire piccoli contingenti con il compito di ‘selezionare’ i propri concittadini per il rimpatrio, rifiutando di prelevare, insieme ad essi, anche un solo Rwandese. I 3000 uomini del maggiore generale dei caschi blu Romeo Dallaire (canadese, nel film Nick Nolte) vennero abbandonati a se stessi in pieno inferno. Non solo. Ma quando le Nazioni Unite finalmente si decisero a mettere insieme una forza di intervento, sempre gli USA fecero il possibile per ritardarla, adducendo scuse ridicole tipo quella del colore da usare per dipingere i mezzi blindati o della ditta da contattare per comprare la vernice!
Dopo il ritorno delle forze Tutsi, che pose fine al genocidio, gli Hutu fuggirono negli stati confinanti, in particolare in Congo, e continuarono a guerreggiare con i Tutsi al confine. Ciò ha coinvolto anche le milizie congolesi, ma fortunatamente, il nuovo presidente eletto Paul Kagame, è riuscito a riappacificare la situazione col Congo. Si direbbe quindi che le cose in Rwanda vadano abbastanza bene. Ma forse è proprio questo il problema maggiore. La Procura della Repubblica di Parigi in questi giorni ha richiesto l’incriminazione del Presidente Kagame presso il tribunale internazionale per il genocidio rwandese. L’accusa è quella di essere stato, in qualità di capo dei ribelli Tutsi, coinvolto nell’omicidio di Habyarimana. Ovviamente Kagame si è incazzato ed ha espulso l’ambasciatore francese. Trovo insopportabile l’arroganza con cui la Francia, dopo aver lasciato che il genocidio avvenisse, dopo aver addirittura coperto militarmente la ritirata dell’esercito Hutu, adesso pretenda di continuare ad infierire su un popolo che a stento è riuscito, da solo, a ritrovare pace e serenità. Certo, ci si chiederà perché mai la Francia dovrebbe avere interesse a destabilizzare un paese del genere. Forse che i 28.3 miliardi di metri cubi di gas naturale che si trovano sotto il lago Kivu (una delle riserve più grandi del pianeta) possono essere un motivo valido?
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