Succede ogni volta. Ogni volta, all’idea di tornare ‘lassù’ mi domando se ne valga veramente la pena. Mi racconto di essere fortunato ad avere un lavoro in un posto del genere. Mi racconto che in fondo l’Italia è un postaccio dove puoi avere tutte le lauree di questo mondo, se non sei raccomandato non vai da nessuna parte. Mi racconto che dopotutto quella di Cambridge è la prima università del mondo. Mi racconto che faccio un lavoro importante. Mi racconto un sacco di favole. O meglio, un sacco di leggende, dal momento che non capisco mai dove cominci la fantasia e finisca la verità. E decido di lasciarmi alle spalle tante cose. L’ho deciso quasi sei anni fa e ancora continuo. Piccole cose magari. Il panorama dalla finestra o il traffico di Roma. Il caffè sempre al solito bar di quartiere o il giornale sempre dallo stesso giornalaio. Quella via dove sei nato, quel muretto dove hai stanziato per ore lunghissime da ragazzo o quel centro storico che adesso sembra tanto grande, ma che prima era come una stanza di cui si conoscono tutti i mobili. Piccole cose che mi lascio alle spalle ogni volta, così come anche quelle più grandi. Mi lascio alle spalle la famiglia e gli amici. Quelli di una vita come quelli nuovi. Quelli che conosci da sempre o, peggio ancora, quelli che ancora non puoi o non devi conoscere…
Alla fine credi di esserci abituato. Poi accendi la televisione e trovi un Venditti qualunque che canta ‘Compagno di scuola’, e ti rendi conto che sono passati secoli dall’ultima volta che hai ascoltato quella canzone dal vivo. Gli occhi si fanno lucidi e pensi che non sia giusto dover rinunciare, non importa quanto grande ed importante sia l’università dove lavori. Non è giusto dover rinunciare a Daniela così come a Maurizio, a Sabrina così come a Bruno, a Silvietta così come ad Alessandra. E via dicendo. Non è giusto perché poi, alla fine, quanto hai perso nel tempo pesa molto di più di quanto hai guadagnato, ammesso che tu abbia guadagnato qualcosa ad inseguire un lavoro. Lo step successivo è quello di incazzarsi col tuo paese perché non ti consente di lavorare a casa tua.
Poi passa…
“Certe volte hai bisogno di andare dove tutti sanno il tuo nome” cantava una canzone di qualche anno fa, sigla di una fortunata serie di telefilm americani. Mi ronza sempre in testa quella canzone quando mi imbarco per tornare in Italia, ed è un bel momento. Lo stesso non posso dire quando devo tornare in UK.
Speriamo almeno che passi presto.
Alla fine credi di esserci abituato. Poi accendi la televisione e trovi un Venditti qualunque che canta ‘Compagno di scuola’, e ti rendi conto che sono passati secoli dall’ultima volta che hai ascoltato quella canzone dal vivo. Gli occhi si fanno lucidi e pensi che non sia giusto dover rinunciare, non importa quanto grande ed importante sia l’università dove lavori. Non è giusto dover rinunciare a Daniela così come a Maurizio, a Sabrina così come a Bruno, a Silvietta così come ad Alessandra. E via dicendo. Non è giusto perché poi, alla fine, quanto hai perso nel tempo pesa molto di più di quanto hai guadagnato, ammesso che tu abbia guadagnato qualcosa ad inseguire un lavoro. Lo step successivo è quello di incazzarsi col tuo paese perché non ti consente di lavorare a casa tua.
Poi passa…
“Certe volte hai bisogno di andare dove tutti sanno il tuo nome” cantava una canzone di qualche anno fa, sigla di una fortunata serie di telefilm americani. Mi ronza sempre in testa quella canzone quando mi imbarco per tornare in Italia, ed è un bel momento. Lo stesso non posso dire quando devo tornare in UK.
Speriamo almeno che passi presto.
5 comments:
dove devi andare in UK?
sono tornato in quel di Cambridge Sir.
"Mi racconto che in fondo l’Italia è un postaccio dove puoi avere tutte le lauree di questo mondo, se non sei raccomandato non vai da nessuna parte"
Secondo me non è del tutto vero, almeno non dappertutto. Sicuro vale nel pubblico
Caro Alessandro, coltiva sempre la nostalgia. E' il modo migliore per scampare ai rimorsi. E potremmo parlarne per secoli...
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