Thursday, October 30, 2008

Precisazioni


Si accettano solo pedofili DOC!

Sunday, October 26, 2008

La persistenza della memoria inopportuna

Il cervello umano è veramente un organo meraviglioso. La memoria, la capacità di modificare la struttura del cervello in risposta all'esperienza, per codificare in maniera stabile ciò che rappresenta il nostro vivere quotidiano. E la possibilità di usufruire di quel lato 'romantico' del nostro essere, paura, amore o, in altre parole, l'emozione, per promuovere la formazione di quelle memorie relative ad eventi importanti, significativi (per noi) e di trascurare invece quelle relative a fatti insignificanti, permettendo al cervello stesso di ottimizzare la resa 'adattativa', ovvero di non sprecare energie per ricordare eventi futili. Ma c'è un risvolto della medaglia però. Alle volte il cervello preferisce dimenticare. Un meccanismo di autodifesa inconscio, che permette di sotterrare tra le pieghe del nostro essere, memorie troppo dolorose o traumatiche. La rimozione. L'oblio.
Me ne stavo bel bello, stamattina, a leggere il sito del Corriere, quando incappo in questo articolo di Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella. E' bastato il titolo. Quelle parole sono state come una mano violentatrice che si è tuffata tra le circonvoluzioni della mia mente strappando, lacerando e, alla fine, riportando in superficie qualcosa che con tutte le mie forze avevo cercato di rimuovere dalla mia memoria quando sono emigrato quassù. E tutte le considerazioni che facevo cinque anni fà, su quanta fatica mi è costato prendere una laurea (una vera, fatta di corsi, esami, trentesimi e via dicendo), fare due anni di internato come tesista per poter presentare un lavoro sperimentale, altri due di tirocinio gratuito, poi tre di dottorato per avere finalmente il titolo di 'Dr', che tutti mi riconoscono e per il quale, persino nella prima università del mondo, tutti mi rispettano. Tutte queste cose hanno ricominciato ad ardere dolorosamente all'interno di una consapevolezza. Quella dello scempio che è stato fatto, dal '97 ad oggi, della formazione universitaria in Italia. Quella della meschinità di persone inette, ignoranti, idiote (queste sono le vere tre 'i' del neoliberismo italiano!) che da questo stato di cose attingono a piene mani per portarsi a casa in pochi mesi un titolo di 'Dr', identico al mio in termini di legge, ma vuoto di ogni significato per il modo in cui è stato ottenuto. Una ferita dolorosa, che diventa insopportabile al pensiero che di tutto ciò, pagano lo scotto anche quelle persone che ambirebbero ad una formazione vera, che sarebbero disposti ai miei stessi sacrifici pur di raggiungere quel livello di preparazione che, in passato, ci è valso l'ammirazione di tanti popoli diversi. Perchè si trovano ingabbiati in un sistema universitario misero. Perchè si trovano a dover competere, sul piano lavorativo, con persone di nessuna conoscenza ma ai quali il 'pezzo di carta', come lo chiamano Stella e Rizzo, conferisce pari dignità legale, mentre invece il modo in cui l'hanno ottenuto conferisce loro maggior dignità clientelare.
Solo una cosa mi conforta. E cioè che, al di fuori dell'Italia, questo stato di cose comincia ad essere riconosciuto. Università, centri di ricerca, laboratori, cominciano ad avere adeguati anticorpi contro questo esercito di cialtroni che, dopo aver smerdato il proprio paese, pretendono di andare a smerdarne altri. Ne ho visti un paio anche qui. E quando li ho visti, il mio ego complottista si è risvegliato ed ha detto "Cazzo, mi stanno inseguendo!!!". Ma sono durati poco. Un paio di mesi. Poi sono stati messi alla porta.
Il rischio a questo punto è che fuori quella porta attacchino un cartello con su scritto 'vietato l'ingresso agli italiani'. Ma come dargli torto?

Thursday, October 23, 2008

CONTRORDINE COMPAGNI


Così verrebbe da dire, a sentire il Berlusca che prima minaccia manganelli nelle scuole per chi occupa, e poi, come suo solito, ritratta, riscrive, dice che non ha mai detto. Lo scrivevo oggi su un altro blog, e mia intenzione era voler promuovere un paradosso divertente, quello che nasce dall'accostamento tra il Nanosilvio e la parola 'compagni'. Poi ho proseguito nella mia lettura del giornale, da cui avevo appena appreso dell'ennesima smentita, e mi sono reso conto che, dopotutto, quel paradosso tanto paradosso non era. Non almeno se per paradosso intendiamo, in prima approssimazione, un qualcosa che nella realtà non esiste. Già, perchè quel tipo di paradossi sembrano essere diventati la regola nella vita politica italiana. Pensate che oggi il Cardinale Andrea Lanza di Montezemolo ha risposto al ministro israeliano per gli affari sociali Isaac Herzog, che aveva espresso tutto il suo disappunto per la proposta di beatificazione di Pio XII, dicendo "Ci siamo annoiati di certe intromissioni negli affari interni della Chiesa. Giudizi esterni possono disturbare e sembrano voler obbligare il Papa a scelte. Fare o non fare cause di beatificazione sono questioni interne nostre!".
Più paradossale di così...

Tuesday, October 21, 2008

Sunday, October 19, 2008

Der nett papen

Il grande Ratzinger, dal santuario della Madonna di Pompei, si smonta le alabarde spaziali e arringa la folla con la sua omelia ma esclude da essa, volutamente, la parola 'camorra' perchè la sua è una visita spirituale in cui si legge la speranza e per non offendere i tanti campani onesti. Promuove la recitazione del rosario come arma contro il male e contro ogni violenza.
Fatta salva la voglia di bestemmiare il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo che mi prende inspiegabilmente ogni volta che sento notizie come questa al telegiornale, e ferma restando la mia convinzione che il papen non parli volentieri di camorra in pubblico perchè è brutto prendersela con gli amici, mi immagino gli onesti cittadini campani, tornare a casa dopo la visita pastorale, facendo lo slalom tra morti ammazzati, mucchi di spazzatura e spacciatori ad ogni angolo, visibilmente rinfrancati per essersi potuti lasciare alle spalle, per una volta, la 'camorra'. E li vedo sedersi in salotto, su quelle belle poltrone con il poggiatesta bianco all'uncinetto, il tè con gli amaretti sul tavolino, tirare fuori le corone e iniziare a biascicare pater ave gloria in totale comunione col padreterno, per raccomandargli il fair play negli stadi quando gioca il Napoli. Il tutto, mentre qualche tossico gli seppellisce barili di plutonio conditi al cromo esavalente nel giardino di casa.
Santità, ma ti vengono da solo queste minchiate o te le suggerisce qualcuno?

Saturday, October 18, 2008

Giovani saggi e vecchi porci


Una volta mi ricordo che aprivo i giornali, leggevo le notizie e puntualmente mi incazzavo come una serpe. E dopo essermi incazzato venivo sul blog e scrivevo. E mi riusciva anche bene, se posso dirmelo da solo. Ora, per qualche motivo che non riuscivo a focalizzare, non mi riesce più. Leggo i giornali, seguo le notizie, guardo quei pochi programmi di approfondimento che vengono trasmessi su internet e dopo un po’ inizio a sbadigliare. Una volta aspettavo il giovedì sera per vedermi annozero e mentre lo guardavo mi venivano in mente post ed articoli. Oggi, mi sono visto la puntata di giovedì scorso. Crisi finanziaria, tagli a scuola, università e ricerca, licenziamenti. Ex dipendenti che fanno lo spogliarello per protesta e si presentano in trasmissione con cartelli e striscioni. Maggioranza ed opposizione in studio più un giornalista ed un tecnico. Sembrava quasi una formazione tipo. I due politici seguono il copione di quasi tutti i politici che sono passati nello studio di Santoro. Ovvero, come prima cosa, presentano le credenziali e srotolano sul tappeto tutto quello che secondo loro avrebbero fatto di buono negli ultimi novantasette anni che sono stati in parlamento. Anche se non c’entra un cazzo con l’oggetto della trasmissione. Poi iniziano il balletto del ‘perché noi nel settantadue abbiamo fatto questo e quest’altro mentre voi facevate quello e quell’altro’, sacrificano poveri, emarginati, malati, disoccupati e licenziati sull’altare imponente e fangoso della cronica amnesia dello spettatore italico e piano piano si allontanano dal problema di cui invece si dovrebbe discutere, non senza aver prima citato numeri, percentuali, leggi e leggine completamente estranei al vivere ed al sentire quotidiani. Il tecnico puntualmente appare in studio con l’aria di chi pensa di essere la più alta espressione di grazia che Dio sia riuscito a produrre su questa terra e ride, anche quando qualcuno gli dà del coglione. Ride con fare paterno e misericordioso e benedice l’assemblea con dotte citazioni. Il giornalista, che conosce il meccanismo, non apre bocca se non quando interrogato e parla in totale sei-sette secondi.
Ed ero lì, che assistevo sbadigliando a questo spettacolo mortalmente noioso, infiocchettato da un imprenditore padano neuroleso che se la rideva di chi è stato licenziato giustificandosi con frasi sconnesse il cui succo avrebbe dovuto essere ‘m’importa sega dei licenziati, sono io che li licenzio!!!’, quando ad un certo punto si è alzato un ragazzo. Uno studente universitario che si muoveva e parlava come Nucleo e Capsula ma che, nonostante tutto, ha espresso un concetto che mi ha lasciato alquanto a bocca aperta e che riporo testualmente: “la VOSTRA crisi economica NON la pagheremo NOI. Non è pensabile in un paese civile, considerare la conoscenza un costo da tagliare”.
Queste poche parole mi hanno fatto dimenticare tutto il resto, tranne la Granbassi, che me la spupazzerei tutta anche sui chiodi. E questo per me è un problema, perché mi conduce a formulare tre possibili conclusioni, tutte abbastanza preoccupanti in verità. La prima, la peggiore, è che sto diventando uno di quei qualunquisti dediti al ‘è tutto un magna magna’. Ma sinceramente non mi ci vedo poi tanto. La seconda, la più improbabile, è che sto ringiovanendo. Ma, la carica ormonale non basta a supportare questa conclusione. E comunque non noto particolari segni di ricrescita tricologica. Pertanto non mi rimane che la terza, temo. E cioè che sto invecchiando. Se tutto questo circo di chiacchiere, che puntualmente non porta mai a nulla di veramente concreto, fatta eccezione per il rincoglionimento dello spettatore medio, ormai mi annoia a tal punto, e se solo poche parole, dirette, chiare ed inequivocabili riescono a catturare il mio ragionamento ed a rimetterlo in moto, allora significa proprio che sto diventando vecchio.
Un vecchio saggio.
E porco.

Wednesday, October 08, 2008

Yo tuve un hermano

E' tradizione ormai...

Yo tuve un hermano.
No nos vimos nunca
pero no importaba.
Yo tuve un hermano
que iba por los montes
mientras yo dormia.

Lo quise a mi modo,
le tomè su voz
libre como el agua,
caminè de a ratos
cerca de su sombra.

No nos vimos nunca
pero no importaba,
mi hermano despierto
mientras yo dormia.

Mi hermano mostràndome
detràs de la noche
su estrella elegida

Ameritalia

Quanti hanno sentito parlare dei mitici confronti televisivi tra aspiranti alla Casa Bianca durante la campagna elettorale? Probabilmente tutti. Quanti ne hanno mai visto uno 'live'? Non moltissimi forse. Io, per lo meno, non l'avevo mai fatto e mi ero sempre limitato ai resoconti di questo o quel telegiornale. Ieri ho ceduto alla tentazione e sono rimasto alzato praticamente fino alle 5 del mattino per sorbirmi lo scontro Obama-McCain in diretta Bbc.
Uno studio ad arena, coi due contendenti da un lato, ciascuno con la sua sedia e il suo banchetto con carta, penna ed acqua, ed il giornalista, col pubblico alle spalle dall'altro. Come il giornalista apre bocca per introdurre il dibattito, ho realizzato subito 2 cose:
1. Gli americani non parlano inglese. Lo sa Cristo che lingua è quel miscuglio di suoni che è uscito dalla bocca del giornalista. Forse cheyenne. Io l'ho battezzato giònueiniano.
2. Sarà una lunga nottata, spesa nel tentativo di tradurre quello che questi curiosi individui, tutti assolutamente col ciuffo (non esistono calvi in america), si diranno. E ho iniziato a preparare il caffè.
La terza, e più importante, conclusione è arrivata quando ho schiacciato il tastino rosso sul telecomando, ma non ve la anticipo.
Modulo: il giornalista (che si chiama Tom ma si pronuncia 'Ciaam') da la parola ad uno degli spettatori presenti, il quale rivolge una domanda ai candidati. A turno (stabilito rigorosamente da Ciaam) i due si alzano, vanno di fronte all'interlocutore e rispondono. Dopo di chè, Ciaam rincara la domanda con una sua riflessione ed i due candidati sono chiamati a rispondere di nuovo. Gli argomenti trattati, fintanto che m'ha retto la palpebra, sono stati la crisi finanziaria, tasse, energia & ambiente, sanità. Sulla scuola mi sono addormentato (forse svenuto, non so).
Ora, un blogger che si rispetti forse dovrebbe entrare nel dettaglio delle singole discussioni, ma io non lo farò. D'altra parte non sono un blogger rispettabile. Non lo farò perchè, alla fin fine, i due contendenti non hanno fatto altro che ripetere le stesse identiche promesse elettorali che anche da noi si sentono ad ogni tornata elettorale. Uno taglia le tasse di qua, l'altro migliora la sanità di là e via dicendo. Quello che mi ha colpito, è stato proprio il 'modus' con cui il dibattito si è svolto. Obama, compassato, faccia da bravo figliolo senza tatuaggi. McCain, tono da nonno che racconta favole ai nipotini, continuava a chiamare tutti 'my friends' ed a ripetere enfatici 'we can do it, we are the iunaited steits ov ammerica' (liberamente tradotto dal cheyenne). I due si sono rovesciati addosso accuse che spaziavano dal 'lui non ha firmato quella legge' al 'lui è un fannullone che si droga bestemmia e picchia i bambini' senza mai nemmeno guardarsi, come se l'altro fosse semplicemente assente. Parlavano col pubblico. Nessuno dei due ha mai interrotto l'altro. Nessuno ha mai chiesto la parola. Nessuno s'è incazzato. Nessuno ha alzato la voce. L'elogio del fair play, da parte di chi continua, indipendentemente dallo schieramento politico, a far decollare B52 come fossero aerei giocattolo. Impassibili sul loro sgabello mentre la controparte parlava. Ognuno ha fatto l'impossibile per tentare di convincere il pubblico che lui era buono e l'altro era cattivo.
Praticamente una televendita.
E nello studio aleggiava un'atmosfera di serietà assoluta. I dati di audience si sono rivelati essere da Armageddon. Fantastiliardi di spettatori in tutto il cosmo.
Ed a me è venuto immediato il paragone e mi sono chiesto (parlo spesso da solo alle 5 del mattino con otto litri di caffè in corpo): "Ma te la immagini una roba del genere in Italia?". Il guaio è che mi sono anche risposto, e la mia risposta, la fatidica terza conclusione, è stata "No! E per fortuna!!! Se gli americani fossero un pò più italiani, sarebbe meglio per tutti". Non tanto magari, solo un pò.
Leggo oggi che secondo i Sondaggi (che ormai penso siano qualcosa come le Erinni e pertanto meritano la maiuscola) avrebbe vinto Obama.
Che cosa, però, non si sa. Forse un Oscar.

Saturday, October 04, 2008

Domande umane e risposte feline


Supino o di lato? Di sopra o di sotto? A destra o a sinistra? Carne o pesce? Piano o forte? Tutto insieme o un pò per volta? Bianco o nero? Radio o tivvù? Maggioritario o proporzionale? Casa o chiesa? Alto o basso? Lungo o corto? Pinocchio o Lucignolo?

Perchè scegliere quando, più semplicemente, si può avere tutto?

Thursday, October 02, 2008

Effetto domino

"Se un potere dispotico s'insediasse nei paesi democratici, esso avrebbe certamente caratteristiche diverse che nel passato: sarebbe più esteso ma più sopportabile, e degraderebbe gli uomini senza tormentarli. Un sistema che potrebbe sembrare paterno, ma che al contrario cercherebbe di fissare gli uomini alla loro infanzia, preferendo che si divertano piuttosto che pensare... Vedo una folla immensa di uomini tutti simili, che girano senza posa su sé stessi per procurarsi i piaceri minuti e volgari di cui nutrono la propria anima. Ognuno di loro considerato in sé è come estraneo al destino di tutti gli altri... Quanto al resto dei concittadini, non li vede: li tocca, ma non li sente. E se ancora la famiglia ha qualche significato per lui, è la società a non averne più alcuno."
Alexis de Tocqueville, La Democrazia in America, 1840.

Prendo questa citazione dalla prima pagina di Montanelli e il Cavaliere, di Marco Travaglio.
So già quale sarà il libro che leggerò quando poserò quello del giornalista italiano. De Tocqueville, a quanto pare, l'aveva anticipato. Pasolini l'ha sperimentato e raccontato. E noi ce li siamo dimenticati entrambi.