Non avevo nessuna simpatia per Gianroberto Casaleggio. Per
lo meno per come veniva presentato dai media. Mi ha sempre dato l’idea di un
bambino represso che, acquisita una certa dose di potere, volesse distruggere
il mondo per vendicarsi del bulletto che lo prendeva in giro, o della ragazzina
che lo derideva per via degli occhiali. Tanto infantile quanto la sua fede in
astruse teorie asimoviane su guerre galattiche, imperi in disfacimento e
rinascita. Sospetto che il giorno del battesimo del figlio, sia stato tentato
di proporre il nome di Hari Seldon. L’ho sempre cordialmente disprezzato, sia
personalmente che politicamente. Però che cazzo, morire così, ancora
relativamente giovane ed in forze...mi è dispiaciuto ecco.
Diciamo che la sua morte ha risvegliato in me quell’empatia
tutta umana in virtù della quale anche l’antipatia personale viene messa da
parte, di fronte al vuoto che lascia sempre dietro di sé la morte, con la sua
natura estrema, definitiva. Insomma anche io, come credo tanti altri tipici
Lesandri medi come me, mi sono ritrovato a pensare “si però…poraccio, in fondo
era tanto bravo”. Persino Grillo, che normalmente appiccicherei al muro a
badilate, col suo sincero dolore era riuscito a strapparmi una scintilla di
solidarietà.
Poi però sono saltati fuori gli adepti, e sono riusciti a
rendere il tutto infinitamente fastidioso. Come al solito loro. Hanno cominciato
aggredendo Vauro per la sua vignetta sull’accaduto. Hanno caricato a testa
bassa, come romanissima falange, tentando di calpestare quella che invece è un
capolavoro di satira politica e di umanità che, secondo me, racchiude anche
quel senso di empatia, di vicinanza che ho descritto prima. Un
cieco-muto-e-sordo lo avrebbe capito. Lo avrebbe capito persino Scilipoti. Loro
no. Vivono in un mondo a parte. Forse su Terminus, chi lo sa? Non sono in grado
di rispondere. Non hanno l’uso della parola. Hanno l’uso dell’urlo. Viaggiano
su una costante onda emotiva. Ogni volta, si ha l’impressione che siano stati
tenuti sotto ghiaccio dal 2 di Giugno del ’46 e che, risvegliandosi oggi,
rimangano sbalorditi di fronte alla corruzione, al malaffare, alle banche, ai
politici. Di fronte a tutto, compreso Vauro.
Poi arrivano al funerale. Avanzano sottobraccio l’uno all’altro,
evidentemente commossi. Si stringono tra di loro per farsi coraggio e…urlano
ancora. Che sarebbe pure normale dopotutto. Ai funerali di personaggi famosi,
influenti, che hanno guidato, che hanno ispirato, la folla spesso acclama,
disperandosi. Nella mia memoria di ultraquarantenne vive il ricordo dei funerali
di Enrico Berlinguer. Ricordo la gente in strada, le bandiere rosse, le canzoni
e gli slogan urlati da persone sinceramente addolorate. “Bandiera Rossa”, “L’Internazionale”.
E loro che urlano? “Onestà!”. Perché? Che significa? Me lo
sono chiesto e, molto marzullianamente, me lo sono anche risposto. Non sapevano
che altro urlare. Casaleggio magari l’avrebbe saputo. Forse anche Grillo, se
solo non fosse stato impegnato ad essere evidentemente troppo addolorato per la
scomparsa dell’amico. Ma loro no. Qualcosa dovevano urlare, ma non sapevano
cosa. Ho provato lo stesso disagio che provai quando seppi che Civati aveva
chiamato il proprio movimento “Possibile”. Allora pensai che, già che c’era,
poteva chiamarlo “Non proprio improbabile”. Oggi penso che, stante l’incapacità
di formulazione, un sano “Renzi merda!” al funerale di Casaleggio sarebbe stato
molto meno patetico. Ma vaglielo a spiegare però.