Il termine ‘funzioni esecutive’ è un termine generico che descrive la nostra capacità di generare comportamenti ed azioni finalizzati al raggiungimento di uno scopo. Hanno sede in circuiti nervosi ben precisi che includono specifiche strutture corticali, come i lobi prefrontali, e sottocorticali, come lo striato. Tra le funzioni esecutive si annovera anche la cosiddetta ‘flessibilità mentale’, ovvero la capacita di cambiare un determinato atteggiamento o comportamento in seguito al cambiamento delle necessità contingenti che lo generano. Ad esempio, immaginate di accorgervi che il secchio della spazzatura di casa vostra è pieno. La vostra esperienza (ovvero le memorie che avete immagazzinato nel cervello nel corso degli anni) vi dice che dovete gettare la spazzatura. I circuiti fronto-striatali si attivano e generano i movimenti e le azioni che vi porteranno al vostro scopo, ovvero il ‘secchione’ della nettezza urbana in strada. Se poi doveste accorgervi che il secchione non c’è (cambiamento del contesto), la flessibilità delle vostre funzioni esecutive vi porterà a sceglierne un altro, magari il più vicino, invece di riportarvi la spazzatura a casa o di lasciarla sul marciapiede. In altre parole, un problema, un circuito nervoso dedicato che si attiva per risolverlo, ed una soluzione.
Ora prendiamo i nostri parlamentari. Nel momento in cui si presenta il problema, invece di una sequenza ordinata di pensiero speculativo ed azione che possa portare alla sua soluzione, si attiva una risposta aberrante che consiste nella generazione di suoni apparentemente coordinati in parole ma a cui non segue nessuna azione concreta di sorta. Inoltre, nei rari casi in cui si genera una sequenza comportamentale degna di questo nome, questa è di natura perseverativa. Variazioni anche grandi nel contesto che genera il problema portano sempre alle stesse risposte, indipendentemente dal contesto stesso. Ad esempio: a Napoli si muore di munnezza e diossina. Esseri umani normali avrebbero già da tempo mandato Bassolino e la Jervolino a spalare merda dalle strade insieme a camorristi vari. Invece il nostro establishment persevera nel mantenerli (e nell’intervistarli) come se loro non fossero la causa, ma la soluzione. È ovvio che c’è qualcosa che non va nei circuiti fronto-striatali dei nostri parlamentari. Quali possono essere le cause? Ci sono diverse condizioni cliniche che possono portare ad un malfunzionamento nei centri nervosi che presiedono alle funzioni esecutive. Vediamoli in dettaglio.
1) Depressione. Agisce sulla corteccia frontale. Nelle persone affette, questa regione del cervello perde la sincronia che normalmente ha con altri distretti cerebrali. Recenti studi hanno dimostrato che la stimolazione profonda del cervello ottenuta attraverso l’impianto di elettrodi, può re-sincronizzare la corteccia frontale ed eliminare i sintomi. Domanda: i nostri parlamentari sono depressi? Risposta: con tutti i soldi (nostri) che spendono in coca, canne, trans e mignotte, decisamente non sono depressi. Quindi andiamo oltre.
2) Autismo. È per antonomasia la condizione in cui i comportamenti vengono appresi in maniera rigida. Una volta che si è imparato ad eseguire una sequenza comportamentale, questa rimarrà inflessibile e può portare anche a risposte aberranti. Domanda: i nostri parlamentari sono autistici? Risposta: a guardare Buttiglione si direbbe di si. Tuttavia, i numerosi esempi di leggi ad personam, come anche la rapidità di esecuzione di leggi come quella sull’indulto, escludono questa possibilità. Quindi procediamo.
3) Morbo di Huntington/Morbo di Parkinson. Sono caratterizzati da un progressivo deterioramento delle funzioni esecutive e molti pazienti affetti da queste malattie, specialmente in stadio avanzato, possono mostrare deficit nel 'problem solving' o deficit di natura perseverativa simili a quelli dei nostri parlamentari. Tuttavia possiamo escludere che queste due malattie affliggano i nostri politici. Infatti, il declino cognitivo in questi casi è sempre accompagnato anche da un declino motorio fatto di tremori (generalizzati o ‘coreici’), diskinesia e perdita di peso corporeo, mentre invece i nostri parlamentari giocano a tennis, a calcio, vanno in barca e ingrassano come porci.
I dati in nostro possesso dimostrano quindi che i deficit esecutivi dei rappresentanti del nostro mondo politico non sono dovuti a nessuna delle patologie conosciute. L’unica conclusione possibile è pertanto che il politico italiano rappresenti una specie diversa da quella dell’Homo Sapiens Sapiens. Che un processo di speciazione abbia portato alla genesi dell’Homo Parlamentaris lo dimostra anche la recentemente osservata esistenza di sottospecie diverse di questo animale: l’Homo Parlametaris Chigis e l’Homo Parlamentaris Madamae. Rimane da chiarire quali siano le modalità di riconoscimento intra-specifico. Cioè, come fanno questi animali a riconoscersi ed a radunarsi nei luoghi che frequentano? Si annusano? Sta di fatto però che questa rimarchevole scoperta, che presto pubblicherò sulla prestigiosa rivista scientifica ‘Quattroruote’, risulta essere estremamente utile per la comunità scientifica. Infatti, l’Homo Parlamentaris condivide con l’Homo Sapiens numerose caratteristiche anatomo-funzionali che lo rendono indispensabile per la ricerca scientifica e preferibile a tutti gli altri primati conosciuti per la ricerca di laboratorio. Molti tra i più ferventi animalisti da tempo suggeriscono l’uso dell’uomo al posto degli animali da laboratorio nella ricerca. Non senza un certo cinismo, molti arrivano a suggerire l’uso di carcerati e criminali negli esperimenti più invasivi. L’appartenenza di questi soggetti alla nostra stessa specie però innalza delle barriere morali ed etiche insormontabili. L’Homo Parlamentaris è la soluzione. Usiamo i politici per i nostri esperimenti!